Com’è la tua Sydney? Perché ognuno ha la sua Sydney, dall’altra parte del mondo. Perché quando sogni un altrove, i pensieri si diradano e si accende l’immaginazione. Almeno finora.
La paura, le restrizioni e i confini invalicabili si sono diradati. L’Australia si può raggiungere nuovamente e Sydney è lì, a braccia aperte, perché una volta atterrati la sensazione è che non vedevano l’ora di accoglierti, per rinnovare legami antichi o allacciarne di nuovi, accorciando una distanza che da tempo era più solo geografica. Sydney è splendida. Scontato dirlo? Forse. Ma è così. È di una bellezza folgorante. La sua baia è una pennellata tutta curve e sfumature di blu, sfondo ideale per definire uno skyline celeberrimo.
Il rischio è abbandonarsi al primo slancio appassionato e avere occhi solo per l’Opera House, l’Harbour Bridge o Bondi Beach. Il trucco è non limitarsi a una sola inquadratura, ma cambiare angoli, modificare le prospettive. Sydney ospita più di cinque milioni di persone, ma non è affollata ed è un piacere attraversarla camminando, pedalando, ma anche nuotando e persino volando… e una volta seduti accomodati… perché i sapori intrecciano tradizioni e culture lontane. Dieci consigli sono solo un inizio, a ognuno la sua Sydney.
1. THE BURRAWA CLIMB, LA SCALATA AL SYDNEY HARBOUR BRIDGE
“Avete conquistato questo ponte, ce l’avete fatta!”: Shona si definisce una “Climb Leader”, ha origini indigene e il suo racconto sta scandendo la nostra piccola grande avventura sulla arcata più ampia e più alta del Sydney Harbour Bridge, che è molto più di un ponte, forse anche più di una icona nazionale conosciuta nel mondo. Lassù, sferzati dal vento, assicurati con moschettoni e caschetto, connessi via radio con i compagni di “cordata”, il sentire confonde l’eccitazione con lo straniamento. È difficile raccogliere da 134 metri d’altezza un panorama che spazia da Watsons’Bay a Woolwich. E anche il corpo sembra non capire.
Mentre le mani odorano di ferro e le orecchie rimbombano, nelle gambe si avvertono distinte le vibrazioni provocate delle auto, dai camion e dai convogli della metropolitana che attraversano in quel momento la possente struttura di ferro: 1.149 metri di lunghezza per 49 metri di larghezza, una bellezza possente che dal 1932 collega est e ovest della metropoli.
Le parole di Shona non descrivono solo un panorama e una architettura. Il suo è il racconto di un tentativo di “riconciliazione” tra gli “altri” australiani e le popolazioni aborigene “assimilate, derubate e confinate per secoli”, a cui ora si riconosce un debito da saldare. Una riconciliazione che il ponte simboleggia plasticamente e che Shona incarna descrivendo il paesaggio con termini aborigeni, finendo l’avventura narrando vicende di Bennelong, il primo indigeno “eora” che ha imparato l’inglese, il primo che ha difeso le ragioni degli aborigeni, nel 1792, il primo che ha iniziato a costruire un ponte da attraversare.
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2. AMMIRARE LA CITTÀ DALLE ACQUE DEL SYDNEY HARBOUR
Duecentoquaranta chilometri di coste, spiagge, bush, aree verdi, approdi. L’Harbour di Sydney è una meravigliosa rada riparata dalle bizze dell’Oceano. Un porto naturale strategico che ha segnato la fondazione e lo sviluppo della metropoli per come la conosciamo oggi. L’Harbour è la vera arteria di Sydney e non ci si stanca mai di ammirarla, almeno da turisti.
Tante sono le possibilità per scoprirlo. Il modo più semplice e a prezzi ovviamente popolari è prendere uno dei ferryboat in partenza a tutte le ore dal Circular Quay e dirigersi verso uno dei sobborghi della città, c’è l’imbarazzo della scelta visto che i moli a cui attraccano sono 38! Una seconda opportunità è di certo più costosa, ma decisamente irrinunciabile se si è europei e si vuole approfittare al massimo del soggiorno in città. Ovvero trascorrere tre ore su uno scafo equipaggiato con tutti i comfort e andare alla scoperta delle spiagge amate dai locali e spesso raggiungibili sono se si ha l’immensa fortuna di avere una barca a disposizione.
Il consiglio è affidarsi a compagnie serie come è My Sydney Boat, che ha una piccola flotta di scafi adatti a ospitare anche dieci persone (perfetto se si riesce a dividere il prezzo della gita) e ideali per approdare a veri secret place. Tantissime le spiagge che si contano tra spruzzi d’acqua e foto a gogo, da Milk Beach a Hermit Bay, Shark Beach e Vaucluse Bay, Parsley Bay, Camp Cove and Lady Jane Beach. A “distrarre” sono gli onnipresenti Opera House e Harbour Bridge, mentre a bordo i capitani sono anche amabili ciceroni… ma per non perdere i particolari del racconto fateli parlare lentamente, sono Aussie duri e puri!
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3. SYDNEY SE PIOVE (...SÌ, SUCCEDE)
Come e forse più di altre grandi metropoli nel mondo, Sydney evoca un immaginario preciso, inscalfibile, che inizia con le canoniche immagini del primo capodanno del mondo e continua con i canguri, i koala, le tavole da surf, il barbecue e… il sole, che dovrebbe essere onnipresente. Niente di più sbagliato. La costa est dell’Australia è infatti esposta alla “Nina”, un fenomeno climatico che a queste latitudini si traduce nel raffreddamento anomalo dell’Oceano Pacifico, da cui si alzano per settimane nuvole gonfie di acqua.
Ma a differenza di altre destinazioni, la metropoli ha dalla sua musei pubblici e privati ed eventi culturali che soddisfano le aspettative di un pubblico trasversale e offrono riparo dagli scrosci e dal vento: dal Rocks Discovery Museum, al Sydney Observatory, fino al Museum of Contemporary Art e al Susannah Place Museum, un concentrato di eredità coloniali del quartiere di The Rocks.
Se non si hanno troppi giorni di vacanza in città, non perdete la NSW Art Gallery, non solo un museo, ma una vera istituzione della città e dello stato del NSW. Varcato l’ingresso in stile neoclassico si ha l’opportunità di seguire percorsi artistici temporanei che spaziano tra le declinazioni dell’arte contemporanea australiana e internazionale. Da non perdere (fino al 28 agosto 2022) le opere dei vincitori dei prestigiosi “Archibald Prize” (dedicato ai ritratti), Wynne Prize (incentrato sul paesaggio australiano e sulla scultura) e il Sulman Prize (dedicato ai progetti pittorici). Mentre la collezione permanente (ospitata nel Grand Court) è una via privilegiata per avvicinare le forme espressive delle popolazioni australiane e in particolare aborigene.
A rendere la visita ancora più interessante è la sezione dedicata all’espansione del museo. Si tratta dei nuovi spazi in fase di costruzione che andranno a costituire dal prossimo 3 dicembre una trasformazione dell’Art Gallery. Il progetto, di enorme impatto, è firmato dallo studio giapponese, vincitore del Pritzker Prize, SANAA, si chiama Sydney Modern Project ed è annunciato come la più grande opera dai tempi della realizzazione della Sydney Opera House. I costi dell’opera? 344 milioni di dollari australiani, di cui 100 provenienti da donazioni private. Il futuro, come si dice, è gia qui, e per rendersene conto c’è un plastico e delle videointerviste della coppia (di fatto) di architetti.
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4. LA VITA SEGRETA DELLE OSTRICHE SYDNEY ROCK
Se assaporare un’ostrica senza un po’ di reticenza non è per molti, allevare questi molluschi è davvero per pochi intenditori. Il New South Wales e la baia di Sydney sono un paradiso per le ostriche. In Australia tra le più apprezzate sono di sicuro le Sydney Rock e le più rare Angasi. Che poi piacciano o meno, l’occasione di avvicinarsi e capire di più sull’allevamento di ostriche è da non perdere. Farlo nella baia di Sydney è un privilegio che forse si dovrebbe concedersi una volta arrivati dall’altra parte del mondo.
A Money Money, lungo l’Hawkesbury River, la famiglia Baumont alleva ostriche eccellenti da tre generazioni. Ma è stata Sheridan, la più giovane e intraprendente a cogliere il potenziale turistico di un lavoro complicatissimo e assai duro. Sheridan ha costruito un pacchetto di offerte che intrecciano la degustazione alla divulgazione. “Sono passati quindici anni da quando ho iniziato questo lavoro e ne sono sempre più affascinata -. Sheridan sembra ancora più alta ed atletica in piedi su un barchino di tre metri per quattro, intenta a mostrarci una vera e propria nidiata di ostriche, che lei tocca con delicatezza, perché sono “i suoi piccolini” e ne avrà cura per almeno tre anni. Il sole a picco, l’acqua piatta e le simmetrie dei pali creano un’atmosfera sospesa, quasi onirica. “Il mio lavoro non concede pause, le ostriche vanno seguite passo passo, da quando sono minuscole larve al trasporto, dopo 18 mesi, nei parchi d’allevamento, fino alla loro definitiva crescita in acque insieme dolci e salmastre, come accade qui da noi”.
Le possibilità offerte da Sydney Oyster tours sono tre. La più economica consente una visita in barca agli allevamenti, le due più esclusive affiancano all’illustrazione del ciclo vitale di un’ostrica l’esperienza della degustazione (e ci sono in dote anche gli eccezionali gamberi della costa sud dell’Australia): su una tavola imbandita a pelo d’acqua, o addirittura su un banchetto in una spiaggia isolata e irraggiungibile, a meno che non si sia guidati da Sheridan.
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5. CITY WALK TRA POTTS POINT, KINGS CROSS AND ELIZABETH BAY
In tutto si percorrono tre chilometri e mezzo. Ci si impiega poco più di tre ore e se piove non è affatto un problema: bar, caffè, supermercati, tettoie, scorciatoie improvvise in strade strettissime costellano questa camminata in un fazzoletto di città in evoluzione. C’è un valore aggiunto, un ragazzone di quasi due metri che alla bisogna arriva con una manciata di ombrelli. Si chiama Benjamin e se si vuole essere presi per mano in una divagazione urbana, è l’uomo giusto.
Benjamin è un architetto, lui preferisce essere definito “un urbanista”, ma soprattutto è una delle guide che di un tour operator locale specializzato in veri e propri trekking metropolitani, compresi di soste caffè, degustazioni, aneddotica. Può piacere o meno la proposta, ma se si ha un discreto inglese in dote il consiglio è di provare. Benji ad esempio racconta le origini del “più lungo molo interamente di legno al mondo”, il Woolloomooloo Wharf, storico deposito di merci scampato alla distruzione negli anni 80 “per merito di uno sciopero di più di due anni degli addetti alla demolizione sostenuti da buona parte dell’opinione pubblica”: ora è interamente ristrutturato e restituito alla città.
Da Finger Wharf si entra ad ampie falcate a Kings Kross, prima noto per essere il quartiere “a luci rosse” della città, oggi per contenere una umanità varia e le sue espressioni più autentiche. Si passa dal vecchio strip club alle guest house, dai parrucchieri hipster ai fioristi più ricercati, ostelli per backpacker e locali dove si incontrano artisti e trendsetter. Si sale e si scende e i muri scalcinati sono spesso una parete d’artista… In questa parte di città dove molti locali sono stati chiusi per ragioni di sicurezza e dove la gentrificazione cerca di spegnere una alternative culture cresciuta dagli anni 60 agli anni 90, c’è una sosta in stile neoclassico, quasi una pausa estetica prima di ridiscendere la collina verso l’harbour, è la residenza del segretario coloniale Alexander Macleay. completata nel 1839, regala un panorama da cartolina sulla città.
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6. SUL SYDNEY HARBOUR IN IDROVOLANTE
L’ultima virata è quella più decisa, quella che ti fa sobbalzare, gridare in stile montagne russe e rilasciare i nervi una volta che l’apparecchio si è rimesso in assetto turistico. Ci si diverte e molto in questa che è una delle esperienze decisamente meno popolari in un viaggio a Sydney…
Si chiama Sydney Seaplanes, ed è un volo di mezz’ora sul magnifico porto naturale di Sydney, che si estende dall’Oceano verso l’entroterra per circa venti chilometri. Insenature, spiagge, viste suggestive e le icone metropolitane si riescono ad ammirare da poche centinaia di metri di quota: si distinguono netti i profili inconfondibili della Opera House e dell’Harbour Bridge, si ammira il bushland di Hawkesbury e profilo verdissimo di Pittwater, tra le Northern Beaches e il Ku-ring-gai Chase National Park, si rimane incantati dalla tavolozza dominata dai toni del blu delle baie e punteggiata da una distesa di scafi bianchi che rimbalzano da lato a lato dell’harbour.
E mentre tutto questo scorre veloce dai finestrini, in cabina si sta svolgendo tutto un altro film, un film d’azione… nemmeno a dirlo. Si torna bambini mentre si accelera sull’acqua, scrutando cloche, levette, misuratori, aggrappandosi ad ogni cambio di direzione fino all’ammaraggio e allo sbarco sui pontili di Watsons Bay, un tempo villaggio di pescatori e oggi quartiere residenziale per pochi fortunati residenti, ma soprattutto meta di una gita “fuori porta” per la modern working class di Sydney.
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7. UNA NOTTE AL TAROONGA ZOO
Il profilo di una giraffa namibiana si staglia su tramonto da favola. Ma l’animale non sembra prestare più molta attenzione a uno spettacolo che vede ogni giorno, quando il sole colora di amaranto e ocra il cielo di Sydney, che dalla collina di Mosman si mostra in un frame grandangolare con i grattacieli di Wynyard, la schiena ricurva dell’Harbour Bridge, le vele biancastre della Sydney Opera House, la macchia verde del Royal Botanic Garden fino all’Helizabeth bay e McKell Park.
Il Taronga Zoo è davvero una istituzione di Sydney. Nato nel 1916, il parco per il ricovero la cura e la conservazione degli animali non si può ridurre all’idea comune di Zoo novecentesco, almeno, non più. Certo, il cuore dell’esperienza è rendere visibili animali australiani che riempiono l’immaginario dei turisti di tutto il mondo, come canguri koala e ornitorinchi, echidne, wallaby e il diavoletto della Tasmania (vengono ospitate anche famiglie di giraffe e leoni, uccelli rari e moltissimi rettili). Ma non è solo questo: “Abbiamo sviluppato programmi di sostenibilità ed educazione gestiti dal Taronga Institute of Science and Learning, un laboratorio permanente per la conservazione e la ricerca scientifica che coinvolge migliaia di studenti ed educatori -spiega Paul, guida naturalistica del Taronga –. Non solo, qui si trova il Wildlife Hospital, struttura dove ogni anno veterinari e nutrizionisti prendono in cura, grazie a fondi pubblici e donazioni, circa 1400 animali australiani ed esotici. In questo momento ci preoccupa in particolare la malattia ancora sconosciuta che sta colpendo le tartarughe marine nell’Australia meridionale”. Paul è molto professionale, ma la sua attività al Taronga è volontaria. Come lui moltissimi che dedicano tempo libero all’accoglienza del pubblico e alla cura degli animali. Paul ha appena finito la sua sessione divulgativa nella piccola arena del Sanctuary Tour, una delle nuove offerte del Taronga Zoo. Dal 2021 infatti tra koala e canguri si può dormire.
Il Wildlife Retreat at Taronga è una nuovissima struttura che si estende per 10mila metri quadrati, immersa totalmente nello zoo. Inaugurata nel 2019 è ora totalmente accessibile. Si può alloggiare in una delle 62 suite che aprono le loro vetrate direttamente sul bush, dove vivono canguri e koala. Agli ospiti sono riservate visite notturne e all’alba dello zoo, avvicinamenti agli animali, una cena al ristorante Me-Gal (con prodott da filiera certificata dal Marine Stewardship Council) e l’accesso alla N'Gurra Lounge, terrazza panoramica con una delle viste più belle dello Skyline della città.
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8. SYDNEY NASCOSTA TRA PYRMONT E ULTIMO
Un’altra fuga metropolitana è quella che si lascia alle spalle le attrattive per turisti del Darling Harbour, che da costola del porto, a fine anni 80 è stato interamente ripensato in chiave turistica e commerciale, senza andare troppo per il sottile, considerando le volumetrie generose. Ma dietro i cocktail e il business qualcosa resiste, forse nascosto dai curvoni dei cavalcavia che sfiorano le case e coprono la vista a moltissimi residenti che non ripiegano, ma rilanciano con tanta vita comunitaria.
Accade nei quartieri di Pyrmont e Ultimo. Anche in questo detour il consiglio è di scegliere un cicerone locale. Il mio è Justin, giovane guida di Brisbane, borsa a tracolla, faccia da Happy days e un sorriso spontaneo che si accorda al passeggio tra le vie poco trafficate dei sobborghi. Pyrmont è uno dei quartieri più antichi e più interessanti della città, abitato oggi da moltissimi stranieri che possono permettersi affitti stellari che garantiscono una quotidianità rilassata a due passi dal centro. Negli anni 70 e 80 il quartiere che ospitava una massa operaia è collassato insieme al distretto industriale (magazzini navali, lanifici) e solo negli anni 80 e 90 massicci investimenti del governo hanno rimesso in piedi l’area, ripopolandola.
Si cammina in Union Square, per poi accedere a Ultimo, possedimento agricolo ottocentresco, segnato da una possente conversione industriale ancora visibile. Si fanno notare infatti gli edifici dalle grandi vetrate, che ospitavano fabbriche, raffinerie, lanifici, come l’enorme stabilimento Farmers & Graziers. Il fascino del quartiere è questo, una alternanza di enormi blocchi industriali riqualificati e villette terrazzate in stile colonico. Alla fine del percorso si può sostare in una oasi di umanità che ogni giorno si raccoglie intorno a George, un simpatico cacatua. Non è un caso che il pub del cuore di Justin si chiami “Friend in hand”!
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9. UN TUFFO NELL’OCEANO DALLA COASTAL WALK
Un peccato non averla seguita tutta, palmo a palmo, avanti e indietro, all’alba e al tramonto. Un vero peccato che sia dall’altra parte del mondo. Una fortuna calcarla, una volta, una volta almeno e un sogno tuffarsi tra le onde dell’oceanomare, dove la salsedine è forte e dolciastra e il rimbombo delle onde ti spazza i pensieri e vale tutto il viaggio.
La Coastal Walk oceanica che congiunge Bondi Beach, Tamarama Beach e North Bondi è una sequenza spettacolare di spiagge iconiche, scogliere e spot da urlo. Non solo, tutt’intorno l’area verde è attrezzata con panchine, aree fitness, playground, skatepark e pure barbecue pubblici pronti all’uso.
Tamarama è la spiaggia più raccolta, Bronte è quella più famigliare, entrambe sono circondate da scogliere in arenaria. Ma l’icona è Bondi Beach, una delle più belle spiagge del mondo. Bella per la distesa di sabbia che sfuma nelle onde tagliate dai surfisti, bella per la comunità che la anima a tutte le ore del giorno, una foto d’insieme della beach culture.
10. BARANGAROO PROJECT, SIMBOLO DELLA “RICONCILIAZIONE”
In Australia sono molte le occasioni in cui viene evocata la cultura aborigena. Il rapporto tra la comunità australiana di origini anglosassoni e le popolazioni indigene è fitto di contrasti ed evoluzioni. In particolare, nella capitale del New South Wales le spinte a una autentica “riconciliazione” con i popoli originari sono evidenti. L’Opera House e l’Harbour Bridge, l’Art Gallery e il Taronga Zoo… anche qui, nei luoghi più rappresentativi e più visitati della città, l’esperienza di visita è accompagnata dalla narrazione di ciò che esisteva e delle lingue che si parlavano prima del 1770, quando la nave britannica Endeavour (a bordo c’erano esploratori, scienziati, astronomi) guidata da James Cook scoprì e attraccò a Botany Bay (gli aborigeni la chiamavano Kurnell).
Il tentativo di riappacificazione con una cultura negata per più di due secoli a Sydney si sta traducendo in un’enorme opera di riqualificazione di un’area centralissima, in parte occupata da vecchi moli commerciali. Si chiama Barangaroo Project, è stato finanziato dallo stato con 6 miliardi di dollari australiani e si sviluppa su 50 ettari. I lavori sono iniziati nel 2012 e finiranno, forse, nel 2024.
In questa gigantesca ridefinizione del profilo della città sono evidenti gli aspetti evocativi. Barangaroo è infatti il nome della donna aborigena, moglie dell'aborigeno Bennelong, il primo nativo che dopo un periodo di prigionia, imparò la lingua degli invasori britannici e la usò per intrecciare un dialogo pacificatore. Inoltre l’area del Darling Harbour era una porzione del territorio degli aborigeni Cadigal.
Una parte fondamentale del progetto è già stata completata nel 2015. È la Barangaroo reserve, un parco di sei ettari disteso in un’area da cui si gode una vista memorabile della città. Nel parco stanno crescendo 75 mila piante autoctone. Ci si può muovere a piedi o in bicicletta (ci sono ascensori ad agevolare gli spostamenti su più livelli). Moltissimi sono gli eventi culturali programmati durante tutto l’anno e molti di questi rimandano alla cultura aborigena. La passeggiata che bordeggia l’area è davvero strepitosa.
- Scopri di più su www.barangaroo.com
INFORMAZIONI
- Per tutte le norme sull'ingresso in Australia, il sito di riferimento è Viaggiare Sicuri.
- Il volo dall’Italia dura in media 22 ore, esclusi stopover. Su Sydney volano garantendo un solo scalo Qantas (con il nuovo volo diretto Roma-Perth), Singapore Airlines, Emirates, Qatar, Etihad.- I siti web di riferimento sono www.sydney.com e www.visitnsw.com, oltre che il sito (in italiano) di Visit Australia: www.australia.com.
DOVE DORMIRE
Ovolo Woolloomooloo - Se non fosse un albergo, sarebbe un consiglio per una visita cittadina. Occupa parte del Woolloomooloo Wharf ed è quindi l’occasione per vivere un’esperienza che va oltre l’ospitalità. L’atmosfera è decisamente rilassata, chic e informale. Tutto è in stile pop anni 80, un mondo che ricorre nello stile delle camere (o dei loft), nella hall, nel ristorante Alibi (tutto veg e bio) e nella musica che risuona qua e la in vari momenti della giornata. C’è una minipiscina dedicata a chi ha delle residenze nel wharf, ma è open per gli ospiti Ovolo. La Laundry e le E-bike fanno il resto. Il personale è giovanissimo, cordiale, competente. Perfetto per un debutto a Sydney.
DOVE MANGIARE
Alibi - Ovolo Woolloomooloo - Senza faticare si può approfittare dell’offerta del ristorante dell’Ovolo Woolloomooloo. Il plus è la cucina di Matthew Kenney, chef, autore, imprenditore, che porta nel mondo la bandiera del veg a tavola senza rinunciare ai sapori.
The Boathouse Rose - Una strepitosa colazione o un brunch con vista sull’incanto di Rose Bay. Da non perdere gli Scones o un banana bread. Caffe selezionati e relax assicurato.
MuMu - Immerso tra i grattacieli di George Street, ristorante supercool. Cocktail bar dai sapori scoppiettanti. Materie prime d’eccellenza, ma ricette che fanno il giro del sudest asiatico: Malaysia, Singapore, Hong Kong, Taiwan & Vietnam. Un dj fa il resto. Decisamente poco intimo, anzi sfacciato. Ed è il suo bello.
Ploos Restaurant - L’Harbour bridge è lì sopra, alle spalle Campbell’s Cove, bellissima location per un viaggio culinario sul mar Egeo. A tutta Grecia.
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