"I giardini sono paesaggi terrestri, ma se si aggiunge la presenza dell’acqua si trasformano in un ambiente fertile e gioioso che ci fa sentire misteriosamente felici. L’acqua ci rilassa e allo stesso tempo ci riempie di vita e di giubilo; vicino a questo elemento ci sentiamo al sicuro". 

È un itinerario tra lo storico e il sentimentale, quello intrapreso dall'autrice spagnola María Belmonte nel suo ultimo libro Al tempo dei giardini - Sogni, simboli e miti d'acqua, pubblicato da Touring Club Italiano nella collana Andante.

Raccogliamo la suggestione per curiosare tra getti e cascate dei giardini e dei parchi d’Italia. Perché all’estate manca poco e perché proprio nel Bel Paese - Giardino d’Europa, lo appellavano due “foresti” come Goethe e Stendhal – dal Rinascimento in poi, i giardini diventano luoghi in cui il potere si esprime in forme simboliche e spettacolari, e in cui fontane a forma di mostri, animali e creature fantastiche creano spettacolari giochi d’acqua. Un tempo la bellezza e l’acqua dei giardini era privatissima, esclusiva della nobiltà, ma oggi possiamo goderne un po’ tutti, e per fortuna.

Tivoli, Villa d'Este / foto Shutterstock

CASTEL TRAUTTMANSDORFF, MERANO

In questo meraviglioso orto botanico corrono oltre sei chilometri di sentieri, disegnati e intervallati da scalinate, padiglioni, anfratti e ponti sospesi. Le specie rappresentate sono migliaia. In mezzo al parco troneggia Castel Trauttmansdorff, amato soggiorno dell'imperatrice Sissi, Elisabetta d'Austria, che vi si trattenne fin dal 1870 per curare la salute della figlia Marie Valerie. 

Tra i percorsi disegnati nel verde sono le Terre del sole, con gli olivi e i limoni, le viti, i fichi, i lecci, la lavanda e le piante grasse dei deserti; poi i Paesaggi del Tirolo; i Boschi del mondo, con piante di ogni parte del pianeta  e soprattutto i giardini acquatici e terrazzati, con gradinate e rivoli d’acqua, piante potate e aiuole geometriche che citano i giardini esotici.

specchio d'acqua nei giardini di Castel Trauttmansdorff
I giardini di Castel Trauttmansdorff / foto Shutterstock

VILLA PISANI, STRA

In poco più di veni minuti di strada, seguendo la Padana superiore, eccoci a Stra. Spicca sull’ansa del Naviglio la sontuosa Villa Pisani, ora chiamata Nazionale. È la più grande della Riviera e venne conclusa tra il 1736 e il 1756, in occasione della nomina a Doge di Alvise Pisani. La villa si può considerare l’ultimo fuoco d’artificio prima della fine dell’epoca della costruzione delle ville nobiliari in questo territorio. Gli interni sono decorati dai migliori artisti del Settecento veneziano. Su tutti il Tiepolo e il suo grandioso affresco celebrativo della famiglia Pisani.

Lasciatevi tempo ed energie per vedere il suo parco, maestoso, dove passeggiare tra corsi d’acqua, statue e sedili. Ci si può perdere tra le siepi di un labirinto (citato anche da D’Annunzio ne “Il Fuoco”) prima di accedere alle scuderie e terminare la visita dal belvedere oltre il bosco.

Vista della facciata di Villa Pisani
Villa Pisani, a Stra/ foto Shutterstock

VILLA LITTA, LAINATE

"Leinate, un giardino pieno di elementi architettonici, di proprietà del Duca Litta, mi è piaciuto … Conviene guardarsi bene dal passeggiare soli a Leinate; il giardino è pieno di getti d'acqua fatti apposta per inzuppare gli spettatori. Posando il piede sul primo gradino di una certa scala, sei getti d'acqua mi sono schizzati tra le gambe" (Stendhal, Rome, Naples et Florence, 1817).

La Villa Visconti Borromeo Arese Litta, conosciuta semplicemente come Villa Litta di Lainate e risalente al XVI secolo, è nota in particolar modo per il suo ninfeo e per il suo parco, che si estende per tre ettari ed era probabilmente sin dalle origini del complesso suddiviso per ricavarne orti, giardini ed agrumeti. Se la inventò Pirro I Visconti Borromeo, a cui viene attribuito anche un "teatro di verzura", un teatro naturale realizzato con tassi a piramide tronca e destinato a rappresentazioni musicali e teatrali.

Una scultura in pietra sbuffa da una conchiglia un getto d'acqua
Villa Litta, Lainate / foto Shutterstock

CASTELLO DUCALE, AGLIÈ

È forse la migliore sintesi fra architettura e natura nell’ambito delle residenze sabaude piemontesi. Realizzato già alla metà del XVII secolo per i marchesi di San Martino, con l’aiuto dell’architetto ducale Amedeo di Castellamonte, viene completato solo dopo il 1765, quando i Savoia se ne impossessano per trasformalo in una residenza di campagna del figlio di Carlo Emanuele III, Benedetto Maurizio Duca del Chiablese.

Il risultato del lavoro di una vera équipe di architetti paesaggisti, macchinisti, è la composizione di un giardino assai complesso dove l’acqua è soprattutto protagonista negli spazi intorno alla Fontana dei Fiumi, un capolavoro tardobarocco composto da un bacino e dalla composizione allegorica raffigurante i corsi d’acqua della zona in forma di Tritoni, ammirata ancora in costruzione dal Vanvitelli nel 1769. Curiosità non da poco, il castello e i giardini di Agliè sono stati eccezionale scena per la fortunata serie televisiva di molte stagioni fa “Elisa di Rivombrosa”.

Il Castello ducale di Agliè si riflette in uno specchio d'acqua
Il Castello ducale di Agliè / foto Shutterstock

VILLA CAPRILE, PESARO

Splendido esempio di villa con giardino all’italiana, Caprile venne costruita a partire dal 1640 dal marchese bergamasco Giovanni Mosca, che ne fece la sua residenza estiva in cui trascorrere villeggiature e tenere ricevimenti. Il giardino è disposto nei tre terrazzamenti sottostanti il piano della villa. Scendendo uno scalone scenografico si prende la scena l’acqua, che riempie l’ottagono di una fontana centrale e che sgorga e zampilla tra fontane e giochi tra le grotte. La grotta centrale è dedicata a Nettuno e ha all’interno una scena ruotante ispirata al dio del mare.

Nella grotta di destra c’è invece un Lucifero che, mosso dalla pressione idraulica, si affaccia da una finestrella proiettando zampilli d’acqua. Questo livello del giardino conserva anche altri giochi d’acqua, sequenze di zampilli nascoste a terra lungo i percorsi fra le aiuole. Più sotto ecco Atlante che regge un globo zampillante, dalla cui sommità un tempo si teneva in equilibrio un uovo, un gioco molto diffuso tra le fontane d’epoca. “Machine, sibili, suoni, gradini e piogge al passeggero non fa invidiare molto a Tivoli o a Frascati alcuno dei loro artifici”, scrive in diario di viaggio, monsignor Lancisi, mandato da papa Clemente XI Albani nel ducato di Urbino. E proprio verso quei giochi d’acqua ci si dirige per l’ultima, rinfrescante, tappa.

vista panoramica di Villa Caprile, a Pesaro
Villa Caprile, a Pesaro / foto Shutterstock

LA MUSICA DELL’ACQUA, DA TIVOLI A FRASCATI

Tra il 1570 e il 1620 si afferma nel Lazio la moda della musica idraulica, a partire dalla Villa d’Este a Tivoli con le sue fontane dell’organo, della civetta o dei draghi, che riproducevano il suono degli strumenti musicali, dei canti degli uccelli (che facevano persino accorrere gli uccelli veri) e degli scoppi di artiglieria attraverso artifici idraulici descritti in antico da Erone Alessandrino e da Vitruvio (e in parte ripristinati nel 1999-2001).

La fontana dell’organo (1566-71). Disegnata da Pirro Lagorio con la consulenza di idraulici francesi, era anche denominata “del Diluvio” per il prorompente spettacolo dell’acqua che subentrava alla musica idraulica. L’organo agiva attraverso il coordinamento delle forze dell’acqua e dell’aria che facevano girare un cilindro dentato (come un carillon), mettendo in azione le 22 canne e suonando una canzone in cinque parti.

Una fontana neoclassica nei giardini di Villa d'Este
Villa d'Este, a Tivoli / foto Shutterstock

Il Teatro delle acque di Villa Aldobrandini a Frascati, realizzato da Carlo Maderno e Giovanni Fontana (1604-22) costituisce una spettacolare “via d’acqua”, compresa fra le colonne d’Ercole in alto e in basso, la fontana di Encelado, il gigante sepolto sotto l’Etna che emetteva un altissimo getto d’acqua ricadente con suoni di grandine, pioggia e tuoni (conseguenti ai fulmini di Giove). Nelle grotte del teatro, in origine, il Centauro emetteva dal corno metallico un suono fortissimo e intermittente, mentre il Ciclope Polifemo suonava una siringa a dodici canne col registro organistico di flauto. Ma soprattutto la Stanza del Parnaso, nell’ala destra del teatro, era un vero e proprio concerto automatico con un organo a 45 canne, la cetra di Apollo e gli strumenti a fiato delle Muse; si udivano anche un usignolo e un cucù e nel 1579 fu aggiunto anche il nitrito di Pegaso.

Il Teatro delle Acque di Villa Aldobrandini
Il Teatro delle Acque di Villa Aldobrandini / foto Shutterstock