Il primo episodio della web series InViaggioConMe, realizzata da Mark Perna in collaborazione con il Touring Club Italiano, porta nel Northern Territory australiano. Una destinazione lontana e misteriosa che ha come catalizzatore il monolite di Uluru (Ayers Rock), simbolo dell’outback. Il viaggio di Mark permette di scoprire Field of Light, la straordinaria opera luminosa di Bruce Munro, composta da 50 mila led, per poi avventurarsi nel Kings Canyon e volare in mongolfiera tra canguri, rocce, bush e un orizzonte senza fine. La serie InViaggioConMe, composta da 10 puntate, porta lo spettatore a scoprire destinazioni lontane e vicine con l’obiettivo di cogliere aspetti poco conosciuti o insoliti. Le immagini, alcune delle quali girate con droni e action cam, puntano a far vivere le emozioni del viaggio in modo diretto, come se fossimo tutti compagni di viaggio di Mark. Buona visione!
Bisogna mettere in conto un lungo viaggio per giungere a destinazione: nella migliore delle ipotesi non meno di 30 ore di aereo e due scali, partendo dall'Italia. Ma visitare il Red Centre compensa ampiamente qualsiasi fatica: rispetto ad altre mete più "facili" come Sydney o Melbourne, spingersi in mezzo all'Australia permette di entrare a contatto con il Paese più vero, quella della terra rossa e dei grandi spazi che si perdono all'orizzonte. E soprattutto quello di Uluru (in inglese Ayers Rock), uno dei simboli più affascinanti dello Stato-continente.
Meta ogni anno di migliaia di turisti e luogo di devozione per gli aborigeni che l’hanno assunto ad altare sacro, il massicio di Uluru ha il potere di emanare un’energia ipnotica. Bisogna averlo davanti per capire, o meglio, per percepire le vibrazioni che il monolite è in grado di trasmettere. Il suo fascino è dovuto a molti fattori. Il primo è legato ai colori che cambiano continuamente a seconda della posizione del sole e delle stagioni. La forte componente ferrosa della roccia, insieme ad altri minerali come i feldspati, riflette la luce come un caleidoscopio, cambiando tonalità durante il giorno passando dal rosso infuocato, al viola, al bronzo, all’ocra. Una scenografia naturale sempre diversa capace di generare in chi la osserva quasi uno stato di trance: difficile staccare gli occhi da quella che sembra una visione.
Uluru, in realtà, seduce il turista mostrandosi solo in parte. Quella che si può osservare all'esterno, infatti, è una porzione minima della roccia, corrispondente a un ventesimo della massa totale: si calcola che il massiccio scenda ben sette chilometri sotto la superficie terrestre. Insieme ad altri due rilievi vicini, quello di Kata Tjuta e il Monte Conner, Uluru fa parte di un unico gigantesco blocco che sembra essere ciò che resta di una luna terrestre. Secondo alcune teorie scientifiche, il monolite sarebbe infatti una porzione di un meteorite caduto in mezzo al continente australiano 3,5 miliardi di anni fa.
L’elenco dei misteri non si ferma qui. Ad aggiungere un’aura di misticismo ci hanno pensato gli aborigeni, i custodi storici di questo luogo. Molte leggende, alcune delle quali conosciute solo dalla popolazione locale e tramandate oralmente nei secoli, propongono una suggestiva spiegazione dei vari insoliti aspetti di queste rocce, tra cui gli strani fenomeni erosivi. Tutte fanno riferimento al dreamtime, il Tempo del Sogno, per gli aborigeni l'epoca antecedente alla creazione (o alla formazione) del mondo. Molti disegni rupestri trovati a Uluru testimoniano questo flusso di racconti che risalgono a migliaia di anni fa.
Ci sono poi altri buoni motivi per arrivare fino ad Ayers Rock: uno di questi è l’installazione di Bruce Munro, chiamata Field of Light. L’artista inglese ha trasformato la visione del monolite in un’esperienza ancora più carica di magia grazie a un complesso sistema luminoso, composto da 50 mila led, che si colorano in modo dinamico al calar del sole. Il successo che ha avuto l’opera di Munro ha convinto gli organizzatori a estendere le visite fino a marzo 2018. L’accoppiata Field of Light/Uluru è come vedere danzare insieme Ginger Rogers e Fred Astaire: impossibile staccare gli occhi da questo spettacolo.
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