L’idea - sperimentata a San Felice Circeo, in provincia di Latina, e a Cerveteri, nella provincia romana presso il monumento naturale della Palude di Torre Flavia - è confortante, soprattutto dopo essere inorriditi all’idea di accedere a spiagge invase da plexiglass e marchingegni per distanziarci e permettere accessi regolati al mare. Il progetto ha la paternità di Enea, l’ente pubblico di ricerca che si dedica a energia, ambiente e nuove tecnologie per conto del Ministero dello sviluppo economico: «l’idea è di utilizzare la Posidonia oceanica per realizzare barriere di sicurezza ecologiche» spiegano. Come?
“Vogliamo realizzare pannelli divisori imbottiti con Posidonia, raccolta ed essiccata, per separare gli ombrelloni e creare dei percorsi di accesso all’acqua, in linea con l’attuale normativa sanitaria», spiegano all’Enea. I “separé” ecologici sono alti circa 120 cm e larghi 200 cm, dotati di telai in acciaio e fodera in plastica riciclata o in materiali naturali. E a fine stagione l’imbottitura può essere semplicemente svuotata sulla spiaggia dove torneranno a svolgere l’originaria funzione di protezione dall’azione erosiva provocata dalle onde.
I ricercatori dell’Enea spiegano come la Posidonia oceanica sia un importante indicatore dello stato di salute del mare in grado anche di ridurre i fenomeni di erosione costiera, produrre ossigeno, contribuire alla conservazione degli ecosistemi e della biodiversità. La loro rimozione, oltre a sottrarre quantità elevate di sabbia alle spiagge, privandole della naturale protezione dalle mareggiate, sottrae biomassa e nutrienti importanti per gli ecosistemi costieri, con conseguente impoverimento della biodiversità.
Un recente studio ha calcolato che la rimozione meccanica di Posidonia spiaggiata, la cosiddetta “banquette”, in 19 spiagge ha fatto perdere in 9 anni (2010-2018) un volume di sabbia di oltre 39.000 mc, equivalenti a circa 30.000 tonnellate di sabbia.