La tragedia della Costa Concordia sta ancora consumandosi. Una certezza, però, c’è. Il naufragio sarebbe stato causato da una manovra pericolosa, in omaggio a un’ipotetica consuetudine marinaresca. All’incompetente passeggero di aerei, tanto per non dire “l’uomo della strada”, sorge immediatamente una serie di domande.
Già, perché a tutti è nota la severa griglia di controlli psicofisici cui le norme internazionali sottopongono i piloti degli aerei. Ma che genere di test è previsto per chi ha la responsabilità di governare navi da crociera che in realtà sono città galleggianti da quattro-cinquemila passeggeri?
Altrettanto: all’interno delle compagnie di navigazione o a livello internazionale, se è vero che queste “bravate” non sarebbero una novità tra i comandanti delle navi da crociera, non esiste un’autorità ispettiva incaricata di analizzare le rotte (anche a posteriori) in base ai tracciati gps, verificando l’eventuale presenza di comportamenti a rischio?
Se è cronaca che già lo scorso 17 dicembre il comandante della Costa Concordia avesse preso il mare a Marsiglia con una manovra azzardata e ad alto rischio, come mai né gli ufficiali a lui sottoposti hanno segnalato questo comportamento né sono intervenute la direzione operazioni della compagnia Costa e l’autorità portuale?
È ad oggi accettabile che navi di tali dimensioni e con apparati di sicurezza ad alta tecnologia possano essere condotte totalmente “in manuale”, a capriccio di un comandante, senza che questo genere di operatività sia segnalata in automatico a una centrale di controllo che provveda a monitorarne i rischi e lo svolgimento?
E qual è il ruolo delle Capitanerie? Se simili “giochi pericolosi”, al Giglio come in altri angoli d’Italia (e lo dimostra l’accavallarsi di segnalazioni e filmati in rete) non sono una novità, come è possibile che nessuna delle autorità competenti abbia mai battuto ciglio?
Inoltre, è credibile che compagnie di assicurazione che “hanno a mare” beni del valore di 600 milioni di euro, assicurati per tre miliardi (queste sarebbero le cifre di cui si parla per la Costa Concordia), non siano al corrente di tali comportamenti a rischio o non si tutelino per evitarli?
Da ultimo, per chi è abituato alle puntuali norme di sicurezza dei voli aerei e al severo training del personale, un dubbio: come è possibile che il comandante di una nave dichiarata “in avaria” abbia potuto ritardarne di oltre un’ora l’abbandono senza che nessuna autorità di controllo intervenisse prima, chiedendogli spiegazioni di ciò che stava accadendo. Al punto da provocare l’ammutinamento dei suoi sottoposti?