Ponza, nel cuore del Tirreno, è un’isola da vivere tutto l’anno e che, fuori stagione, permette meglio di godersi panorami spettacolari e percorsi di trekking tra fari, macchia mediterranea e vigneti e soprattutto le sue splendide spiagge, da quella del Frontone a Cala Feola, da conquistare in barca oppure con buone gambe, alla bella delle belle, Chiaia di Luna, raggiungibile via terra con antico tunnel romano scavato nel tufo, oggi chiusa per il pericolo di crolli della vertiginosa falesia che la sovrasta. Oltre all’abitato disposto ad anfiteatro intorno al porto del XVIII secolo che dà nome all’isola, chiuso dalla neoclassica chiesa della SS. Trinità e dominato dalla torre borbonica, pochi centri solitari, un ramage di strade, stradine, alberghi e casette dai colori pastello, i profili e le cornici di un bianco accecante, con terrazze e altane che reclamano il Tirreno. Resti di grandi ville imperiali romane con ninfei e pescherie, come le cosiddette grotte di Pilato, forti borbonici, monasteri benedettini, case-grotte strappate al tufo, come a Le Forna, ai Guarini e a Giancos, e poi marinai e pescatori, contadini e vignaioli. Su tutti domina il monte La Guardia, la sentinella dell’arcipelago ponziano – Gavi, Zannone, Palmarola, Santo Stefano, Ventotene – con i suoi 283 metri di altezza a incombere grifagno sul faro che consola l’omonima punta.
Furono i primi coloni dell’isola, insediati dai Borbone nel XVIII sec., a rivoluzionare l’aspetto di questa montagna, un tempo coperta di boschi. I terrazzamenti nati per disciplinare pareti ribelli che precipitano nel mare, costruiti per dare respiro all’agricoltura, richiedevano molto legno, e La Guardia perse i suoi capelli. Ma l’isola trovò un piccolo tesoro. Biancolella e Forastera, i vitigni campani impiantati da quei pionieri, diedero vita al Fieno, il vino locale anticamente lavorato in vasche scavate nella roccia e conservato in cantine ricavate nel tufo. Una vera e propria viticultura eroica per le difficoltà logistiche di accesso e lavorazione dei vigneti, con altissimi costi di produzione e scarsa resa, che costringono a cimentarsi con sentieri impervi e la mancanza di approdi.
Per gli amanti del trekking che non ne hanno ancora abbastanza l’isola di Zannone, la più settentrionale dell’arcipelago, accessibile dietro autorizzazione (parcocirceo.it), con il suo anello costiero di cinque chilometri, offre la possibilità di una bella sgambata fra una fitta vegetazione di lecci, eriche, fichi d’India e ginestre alla scoperta della villa in abbandono dei Casati Stampa e dei suggestivi resti del convento di S. Spirito, lasciato alla fine del XIII secolo dai religiosi a causa delle frequenti incursioni dei pirati saraceni. Disabitata dal 1979, l’isola, che culmina nel monte Pellegrino, appartiene al Parco nazionale del Circeo, e meriterebbe forse un’attenzione maggiore da parte delle autorità preposte alla sua tutela per la sua rilevanza naturalistica, che vanta la presenza di specie migratorie come il falco di palude e il falco pellegrino, ma anche mufloni portati qui negli anni Venti. Dopo tanto camminare ci si merita una bella cena. Anche in questo campo Ponza riserva grandi sorprese e una gastronomia che sa conciliare le due anime dell’isola, il mare e la terra, e punta su prodotti e materie prime di grande qualità.