LA PROVOCAZIONE DEGLI ANARCHICI
Un boom che nessuno avrebbe immaginato né nel 1965, quando gli anarchici del gruppo Provo distribuirono da Amsterdam le loro biciclette verniciate di bianco, a disposizione di tutti i cittadini, né nel 1974 quando a La Rochelle in Francia ci riprovarono con 350 Vélo Jaune (bici gialle) di libero uso. Ma, come accadde a Milano un bel po’ di anni più tardi, le due ruote sparirono a poco a poco nel cantine dell’uno, la casa di campagna dell’altro o sul furgone di un terzo. Oppure furono vandalizzate e usate per trarne pezzi di ricambio.
I PIONIERI
Pionieri del settore, le società di pubblicità stradale ClearChannel e JCDecaux intuirono, dopo gli ottimi risultati dell’iniziativa Bycyclen a Copenaghen (1000 bici e 120 stazioni self service), come le affissioni urbane associate alle stazioni di bike sharing potessero essere il motore economico per offrire un servizio a tutti i cittadini con costi irrisori. Complice l’evoluzione tecnologica, fu sviluppato il progetto delle barre di aggancio-sgancio che, tramite un badge magnetico, sono state la chiave del bike sharing e del suo successo.
Indiscusso invece il primato europeo per le dimensioni del parco biciclette: vince Barcellona con seimila bici. Nel mondo a farla però da padroni sono i cinesi con la città di Hangzou, dove le due ruote a disposizione sono addirittura 60mila. E gli operatori Mobike e Ofo offrono 100mila bici a testa ripartite tra Shanghai, Pechino, Canton e Shenzen.
MILANO, CAPITALE ITALIANA DEL BIKE SHARING
In Italia il primato assoluto è quello del milanese Bikemi con 4.600 bici (anche elettriche e per bambini) distribuite in 280 stazioni. Attivo dal 2008, nel novembre 2016 il servizio ha toccato quota 15milioni di prelievi e nell’intero anno si stima che le bici del bike sharing abbiano percorso nel capoluogo lombardo poco meno di sette milioni di chilometri.