James Ensor, chi era costui? Ammettiamolo: a parte gli appassionati e i critici d'arte, pochi in Italia conoscono l'artista fiammingo. Qualcuno ha in mente le caricaturali raffigurazioni che egli fece della borghesia belga, quella serie di maschere grottesche che però non tutti saprebbero a quale artista attribuire. Altri possono ricordare che nel 1986 il Getty Museum di Los Angeles acquistò per ben nove milioni di dollari la satirica parata carnevalesca del monumentale Entrata di Cristo a Bruxelles (1889). Fine del catalogo.
Due città per raccontare l'artista
Eppure Ensor (1860-1949), figlio di un decaduto barone inglese e di una modesta bottegaia di Ostenda, in patria è ritenuto il principale pittore belga del XX secolo, un "maestro moderno" anche più importante di René Magritte, il cui nome ci è senz'altro più familiare. Un'occasione per scoprire Ensor, o per meglio conoscerlo, è la serie di mostre ed eventi che due città fiamminghe, Ostenda e Anversa, gli hanno dedicato nei 75 anni dalla morte.
Ostenda, di fronte all'Atlantico, in quanto città dove Ensor nacque, visse e morì, "la più generosa di tutte le madri", dove ancora si visita la casa nella cui soffitta - secondo una diffusa ma esagerata leggenda - passò gran parte della sua vita come un eremita (non è vero, anche se viaggiò davvero poco). Anversa, la grande città portuale sulle rive della Schelda, perché il principale museo cittadino, il Museo Reale di Belle Arti (KMSKA), possiede sin dagli anni Venti la più estesa collezione di opere ensoriane al mondo (39 dipinti, 650 disegni) e ospita pure il centro studi dell'Ensor Research Project, che ha avviato un notevole lavoro di analisi delle opere di Ensor e dei suoi processi creativi, attraverso luce radente, raggi UV, riflettografia UV, raggi X, infrarossi, Macro XRF (è così che si è scoperto che Ensor spesso ridipingeva sopra le proprie tele).
La grande mostra ad Anversa
Anversa, la maggiore città del Belgio, è dunque il punto di partenza obbligato per immergersi nell'universo fantastico e spesso inquietante di Ensor, autore che ebbe sempre l'obiettivo, ambizioso mica poco, di essere il miglior pittore del mondo. Un artista introverso, misantropo, anarchico e dissacrante, che si può amare o detestare, ma da cui comunque non si può prescindere. A voi il giudizio, non prima però di avere visitato la collezione permanente del KMSKA o, meglio ancora, la mostra conclusiva e più importante dell'Ensor Year 2024, "In Your Wildest Dreams" (I sogni più sfrenati di Ensor), sottotitolo "Ensor oltre l'impressionismo". Aggiungendo magari un passaggio nell'affascinante museo Plantin-Moretus (l'antica stamperia del '500 che è anche l'unico museo al mondo iscritto nel Patrimonio Unesco) dove alcune stanze ospitano fino al 19.01.25 "Stati dell'immaginazione", mostra dedicata a Ensor incisore e alla maestria grafica con cui egli realizzava stampe per poi colorarle a mano.
La grande mostra al KMSKA (aperta il 28.09.24, chiuderà anch'essa il 19.01.25) esibisce numerose opere giunte in prestito da musei di tutto il mondo (Chicago, New York, Texas), consentendo di andare oltre il luogo comune che riduce Ensor al "pittore delle maschere". Emerge per esempio che l'enfant terrible Ensor, per quanto precursore dei Fauves e dell'espressionismo, ebbe una sua prima, notevole fase impressionista (peraltro poi seccamente rinnegata), in cui egli stesso iniziò a passare i colori direttamente dal tubetto alla tela.
Ensor, animo ribelle e precursore di avanguardie
Fu in quel periodo giovanile che maturò fra l'altro la passione per le nature morte che lo avrebbe poi accompagnato per sei decenni. Giusto dunque che in mostra, in un gioco di rispecchiamenti, ai quadri di Ensor siano accostate opere di Manet, Monet, Renoir, e poi anche di Munch e Nolde, grandi artisti che l'ambizioso fiammingo ritenne suoi rivali ancor più che suoi ispiratori (tale fu piuttosto Courbet, che Ensor poneva sul piedistallo dell'arte tardo ottocentesca). Nomi, soprattutto quello di Manet, che furono spesi per l'ambizioso La mangiatrice di ostriche, dipinto da Ensor a soli 22 anni, esposto poi nel 1886 al Salone del gruppo d'avanguardia "Les XX", e ritenuto il primo dipinto impressionista belga. Fu però piuttosto il simbolismo inquietante di Odilon Redon, unito alla reminiscenza di Bosch e di Goya, a instradarlo verso un linguaggio artistico più fantastico e provocatore.
Fu così che Ensor, dando prova di una strabiliante abilità tecnica, soprattutto nella gestione del colore e della luce, iniziò a mixare cultura elitaria e cultura popolare, attingendo motivi dall'arte cinese e giapponese, dal teatro delle marionette, dai carnevali fiamminghi. Dipingendo sgargianti maschere (e poi scheletri e teschi) intendeva "smascherare" la vera natura dell'uomo, o quanto meno l'identità di individui e tipi contemporanei che a lui, evidentemente, risultavano ridicoli e insopportabili. Scriveva: "Lavoro a delle seducenti scene infernali. Passo momenti felici costruendo orribili mostri che vanno in giro pacificamente in una strana città per il grande terrore dei borghesi dottrinari".
La sua battaglia contro la rispettabilità e il realismo ne fece il primo di tanti artisti ribelli che sarebbero venuti dopo di lui. Portato a ridere di chiunque, incluso se stesso (molti gli autoritratti da lui realizzati all'inizio e alla fine del suo percorso), emulava persino i vignettisti satirici quando, per esempio, raffigurava il suo prediletto Wagner mentre si tura le orecchie per non sentire orchestra e coro del Conservatorio di Bruxelles che eseguono La Valchiria. L'iconoclasta Ensor prese di mira anche l'universo simbolico e agiografico della religione cristiana, ribaltandone l'iconografia tradizionale in molteplici opere dedicate a Cristo, la Madonna, i santi, a storie bibliche e leggende medievali.
Ed è interessante quanto Ensor, ateo professo, ne fosse affascinato. Alla vita di Gesù dedicò una serie di luministici disegni in bianco e nero che egli stesso definiva "visioni". Anzi, titolandoli per esteso, Visioni: le aureole di Cristo o le sensibilità della luce (1885-86). In mostra ad Anversa manca l'Entrata di Cristo a Bruxelles, ma si possono vedere opere chiave come La caduta degli angeli ribelli, come il grottesco collage, surrealista ante litteram, de Le tentazioni di sant'Antonio, assemblaggio di 51 pagine di schizzi (Ensor era ossessionato dal santo eremita), e come Adamo ed Eva espulsi dal Paradiso, opera in cui non esitò a introdurre citazioni da Michelangelo, Rubens e Rembrandt.
La grande mostra di Anversa, in definitiva, spoglia l'immagine di Ensor da tanti luoghi comuni, accreditandolo come precursore delle avanguardie novecentesche e tenace, appassionato innovatore delle tecniche artistiche. Maestro del colore e del chiaroscuro, fu un artista trasversale, capace di passare senza problemi dall'accademico al popolare, dall'alto al basso, dal comico al macabro, che iniziò rompendo le regole altrui per poi passare a scriverne di proprie, attraversando stili, soggetti, generi, formati, tecniche e maniere.
KMSKA, un museo fuori dagli schemi
Ensor a parte, sarebbe però un delitto trascurare la ricchissima collezione del KMSKA, che merita di essere scoperta andando oltre lo straniante criterio espositivo adottato alla riapertura del 2022, avvenuta dopo 11 anni di lavori (a questo link il nostro articolo, scritto in occasione dell'inaugurazione): la scelta di allestire sale a tema, con parole chiave in base alle quale si mescolano opere di epoche e stili lontanissimi. Il visitatore, obbligato a una sorta di "caccia al tesoro", non sa dunque in quale sala si troverà davanti alle tante opere del figlio più illustre di Anversa, Rubens, o alla Torre di Babele di Brueghel I, al Ritratto di Bernardo Bembo di Memling, al Davide e Golia di Artemisia Gentileschi, alla Santa Barbara di van Dyck, alla Crocifissione di Antonello da Messina, al trittico dei Sette Sacramenti di van der Weyden.
Più facile trovare l'icona assoluta del museo, la quattrocentesca Madonna del latte di Jean Fouquet, che sta al KMSKA come la Gioconda sta al Louvre: tanto moderna e intrigante che il lussuoso ristorante gourmet del museo è stato chiamato Madonna e ha nel menù un dessert ricoperto da una coppa di cioccolato che riproduce il seno della Maria di Fouquet.
Le meraviglie di Anversa
Ma Anversa è una delle città più attraenti del Belgio anche per altre ragioni. In estrema sintesi, chi la visita non dovrebbe assolutamente mancare almeno queste sette meraviglie:
- la spettacolare piazza del Grote Markt, con le sue facciate cinquecentesche e la famosa fontana del legionario romano Silvius Brabo;
- la cattedrale gotica di Nostra Signora, con il suo campanile-capolavoro alto 123 metri e gli strepitosi Rubens all'interno (ma ad Anversa ci sono anche altre chiese notevoli, come quella di San Paolo, luminosissima e piena di opere di Rubens e van Dyck, e quella di San Carlo Borromeo);
- la casa di Rubens, che però è in restauro fino al 2030: per adesso si può solo passeggiare nel suo bel giardino;
- l'anzidetto museo Plantin-Moretus, probabilmente il più importante del mondo per la storia del libro e dell'arte tipografica;
- le costruzioni moderne e più avveniristiche, come il Palazzo di Giustizia firmato da Richard Rogers e la scintillante Port House pensata da Zaha Hadid.
- la Stazione Centrale, del 1905, una "cattedrale ferroviaria" che con i suoi tre piani di binari è considerata tra le stazioni più belle del mondo;
- last but not least, il Diamond Square Mile, il quartiere che è il più importante centro di lavorazione dei diamanti al mondo.
Informazioni
Siti web utili per programmare la visita:
- Ensor 2024: www.ensor2024.be
- Visit Anversa, con pagine dedicate a Ensor: visit.antwerpen.be/en/ensor-in-antwerp
- Museo KMSKA: www.kmska.be
- Museo Plantin Moretus: museumplantinmoretus.be
- Ente turismo Fiandre (in italiano): www.visitflanders.com/it
(nella foto in apertura: James Ensor, L'intrigo, Collection KMSKA - Flemish Community)