In quest'opera riconosciamo una delle figure ricorrenti nell'arte di Chagall: l'ebreo errante, rappresentato con il bastone e il sacco in cui ha raccolto ciò che possiede. L'uomo sta fuggendo da Vitebsk, paese natale dell'artista. Come in gran parte della produzione artistica di Chagall, l'uso di un linguaggio onirico e fiabesco racconta un dramma reale: quello della persecuzione degli ebrei nella Russia dello zar, circostanza che ha condizionato la giovinezza dell’artista bielorusso.
È una delle opere più note di Chagall e racconta una storia, un'istantanea di vita quotidiana resa immortale dal talento dell'artista. Il racconto è di Bella Rosenfeld, amore infinito e moglie di Chagall, che ne scrive in un suo diario. É il giorno del compleanno di Marc, fuori la città e deserta e silenziosa e un cielo grigio freddo ricopre i tetti di Vitebsk. Lei sta sistemando i fiori nella stanza per festeggiare quel giorno speciale. Marc la vede, le si avvicina e in quell'attimo di tenerezza le sussurra, indicandole la finestra: “Fuori il cielo ci chiama”. Poi la bacia. A parte la romantica storia legata alla genesi del dipinto, sono tre i particolari dell'opera che colpiscono. Uno: l'uso sapiente dei colori. Il rosso del pavimento, il nero del vestito di Belle e il verde della giacca di Marc conferiscono all'opera un equilibrio potente e dinamico di immediato impatto visivo. Due: la cura dei particolari, evidente nell'intricata trama dei ricami alle spalle del letto e nel dettaglio dei fiori che Bella stringe tra le mani. Tre: la finestra. È un tema ricorrente nelle opere del primo Chagall. Finestre aperte che allargano lo spazio segnando un confine tra la dolce intimità domestica e il mistero del mondo esterno.
Altra opera celeberrima di Chagall che è possibile ammirare nella mostra di Palazzo Reale a Milano. È uno dei dipinti più romantici del Novecento, capace di dare corpo e forma all'amore, sentimento difficile da descrivere senza ricorrere in stereotipati cliché. Chagall lo racconta con una sconvolgente semplicità. La coppia è rappresentata al termine di un picnic. A terra una tovaglia e una bottiglia di vino mezza vuota (o mezza piena) e al centro della scena c'è l'artista, ben piantato a terra che tiene per mano Bella mentre volteggia felice nell'aria, eterea e leggera. È un periodo felice nella vita di Chagall, si ritrae infatti con un largo sorriso sul volto e un docile uccellino in mano, segno dell'armonia che lega lui e la sua amata alla natura e al mondo che li circonda.
È un quadro che racconta molto della vita di Marc Chagall, fu infatti realizzato in tre periodi diversi e, immaginiamo, con stati d’animo mutati. La prima fase è del 1923, periodo in cui Marc Chagall lascia la patria e gli incarichi istituzionali, deluso dalla piega che ha preso al rivoluzione russa, e si trasferisce a Parigi con Bella. Riprende il dipinto nel 1933, fase che coincide con l’ascesa del nazismo e le minacce sempre più concrete alla popolazione ebraica. Termina l’opera nel 1947 quando Bella è ormai deceduta da tre anni a causa di un infezione virale, lasciando nell’artista un vuoto incolmabile. L’opera è di una potenza straziante ed è uno degli esempi di quell’arte fatta di simboli e allegorie, che contraddistingue la maturità artistica di Chagall. Tutte le figure nell’opera assumono un significato preciso: dall’ebreo che fugge per proteggere la Torah, all’asino che urla impotente, fino al pendolo che precipita come sono precipitati gli eventi e il tempo nella sua esistenza e in quella dell’umanità intera.
Chagall non riesce a dimenticare l’amata Bella, scomparsa nel 1944, così è lei stessa a tornare per consolarlo. Nell’opera l’artista è ritratto con il volto affranto di un colore funereo (come spesso accade, Chagall comunica gli stati d’animo attraverso i colori dei volti). Di fianco Bella, ormai eterea e angelica nel suo abito bianco prova a consolarlo. Nell’opera ci sono altre figure alle quali l’artista è molto legato: l’ebreo errante, il bue e la città di Vitebsk. È un’opera che parla di un passato che non c’è più e che nel ricordo dell’artista assume ormai una parvenza onirica, irreale.
Coppia sopra Saint Paul, 1968
Dopo le tinte cupe delle ultime opere, Chagall sembra tornare ad una serenità meno energica ma più consapevole. Segnali evidenti di una pace ritrovata sono i fiori sulla sinistra luminosi e forti, la figura dell’artista abbracciato dalla sua nuova moglie, Valentina Brodsky (che lui chiamava “Vava”), con l’amato bovino che sembra vegliare bonario su questo nuovo amore. Un particolare interessante: i piedi di Valentina sono ben piantati a terra, come se la donna fosse diventata un punto di riferimento solido e stabile per l’artista, riuscendo a donargli quella sicurezza e serenità che sembrava perduta per sempre.