La Camera ha approvato ieri in prima lettura il nuovo Codice della Strada, una riforma che ha preso forma nel disegno di legge fortemente voluto dalla maggioranza di governo. Presentata in estrema sintesi, la riforma si compone di una parte dedicata alle modifiche al Codice in vigore dal 1992, e di una legge con cui il Parlamento delega al Governo di decretare sulla circolazione e la motorizzazione delle nostre strade. Ora tocca al Senato e la strada per la definitiva approvazione, rimanendo in metafora, sarà alquanto accidentata.
Le critiche sono molte e riguardano la sicurezza sulle strade e le regole di convivenza tra chi le strade le utilizza, che si tratti di pedoni, automobilisti, ciclisti e utilizzatori della nuova mobilità elettrica. Nel testo approvato a Montecitorio si legge di pene rafforzate per la guida in stato di ebbrezza e per l’utilizzo dei cellulari alla guida, ma non c’è nessuna revisione dei limiti di velocità nei centri urbani ed extraurbani. Si annuncia la targa per biciclette, ma si cancellano il diritto di precedenza ai ciclisti rispetto alle autovetture e si eliminano le “case avanzate”, ovvero spazi di arresto ai semafori che avvantaggiano di qualche metro la ripartenza delle due ruote sulle auto quando la luce dice “verde”.
Sono solo piccoli stralci, esempi, tasselli di una visione anacronistica della nostra convivenza negli spazi pubblici e del nostro modo di muoverci e viaggiare. Non è un pensiero senza fondamento, è piuttosto una tesi suffragata da numeri e tendenze che ricorrono in ricerche, pubblicazioni e dibattiti dedicati alla mobilità.
L’ultimo a cui ci si può riferire si è animato a Milano, venerdì 22 marzo, in occasione della quarta edizione degli Emoving Days, evento dedicato alla mobilità elettrica, alla responsabilità ambientale e all’innovazione tecnologica. Al centro della discussione del panel “La bici elettrica (e non solo) dentro e fuori le città” sono emerse riflessioni e dati rilevanti sul mondo delle due ruote, e sull’impatto della mobilità leggera e pulita nel presente e nel futuro prossimo della mobilità urbana e del turismo.
Il primo rapporto si intitola “Ecosistema della Bicicletta – 2023”, indagine in cui il Centro Studi di BancaIfis si concentra sull’impatto delle due ruote su turismo, economia e qualità di vita. In particolare vi emerge la necessità di una politica di sviluppo della mobilità sostenibile, che il Parlamento Europeo ha impostato con la Cycling Strategy, risoluzione approvata a febbraio, in cui la Ue invita gli Stati membri ad aumentare significativamente gli investimenti nella costruzione di infrastrutture ciclabili e a sostenere politiche industriali per l’intero comparto, con l’obiettivo primario di raddoppiare i km percorsi in bicicletta nell’Unione Europea entro il 2030 (rispetto al 2019/20).
La risoluzione votata dal Parlamento UE definisce un piano d’azione in 17 punti (più uno, ossia l'invito alla collaborazione) che potrebbe dare un impulso decisivo alla diffusione della ciclabilità in Europa e al riconoscimento della bicicletta come mezzo di trasporto a pieno titolo, sostenibile e produttivo. La strategia europea non è mossa solamente da motivazioni ambientali ed ecologiche ma guarda anche l’aspetto economico: aumentare la produzione europea di biciclette, componenti e batterie e creare un "ecosistema ciclistico" che comprenda produzione, turismo, vendita al dettaglio, salute e sport, significa portare da uno ad almeno due milioni il numero di persone che lavorano nel comparto.
“Per chi, come noi in Italia non ha ancora una sufficiente cultura ciclistica – ha commentato Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo di Confindustria Ancma - iniziare a pedalare in sicurezza e in maniera condivisa, soprattutto per quegli spostamenti che sono al di sotto dei 5 km, il 50% in Europa, significherebbe cambiare completamente il volto delle nostre città”. Nigrelli ha poi allargato la riflessione alle potenzialità del cicloturismo in Italia. “Con oltre 6 milioni di "turisti in bicicletta", ovvero cicloturisti o turisti attivi - crediamo che il completamento dei 20 mila km di ciclabili sia soltanto l’inizio per offrire ai cicloturisti di tutto il mondo un sogno a pedali: l’Italia! L’unico paese al mondo in cui il territorio, il panorama, l’arte, l’enogastronomia, la cultura in generale cambiano significativamente ogni 70/80 km, ovvero la distanza perfetta per una giornata in bicicletta, magari aiutati da una bicicletta a pedalata assistita che il piano considera espressamente al punto 12 sottolineando il suo potenziale altissimo”.
A dare concretezza alle parole di Nigrelli sono i dati dello stesso Rapporto Ifis. Nel 2022, 6,3 milioni di turisti hanno usato la bicicletta durante la vacanza in Italia. Più stranieri che italiani. Di questi sono 1,9 milioni i turisti che considerano la bicicletta parte integrante della vacanza, per svolgere attività di visita ed esplorazione dei luoghi. Mentre sono 4,4 milioni i turisti che, durante la loro vacanza, hanno utilizzato la bici per i propri spostamenti, ma che considerano la bicicletta un mezzo per svolgere singole attività come escursioni o giri nei centri urbani. Se consideriamo l’impatto economico, solo nel 2022 si attesta sui 7,4 miliardi di euro la spesa prodotta dall’uso della bicicletta in vacanza, cifra che si ottiene sommando gli esborsi per ricettività (1,4 mld€ di spesa), abbigliamento (500 milioni di euro) fino alle attività di leisure (300 milioni di euro).
All’Ecosistema descritto da BancaIfis si aggiungono i dati forniti dal settore e-Bike di Bosch, che nel 2023 ha pubblicato l’interessante documento “Trasformare la mobilità urbana: l’opportunità per eBike e eCargobike”. “La maggior parte di noi si sposta per distanze brevi – si legge nella ricerca -, che potrebbero essere coperte in gran parte a piedi, in bici o usando la bicicletta o la eBike. Ma a piedi ci spostiamo poco, e in bicicletta o eBike quasi per niente. Oltre tre spostamenti su quattro sono inferiori ai 10 km, e in realtà la gran parte di questi avviene per distanze anche più brevi”.
Ma questa non è una caratteristica specifica dell’Italia: “In gran parte d’Europa gli spostamenti sono brevi - si legge nello studio -, sia per la mobilità cosiddetta ‘sistematica’ (casa-lavoro o casa-scuola) sia per quella ‘occasionale’ o ‘ricreativa’ (fare la spesa, accompagnare i bambini, andare al cinema etc.). Questo trend si va consolidando, e in futuro sempre più persone abiteranno nelle aree urbane. Ciononostante, l’uso della bicicletta nel nostro paese si attesta a livelli fra i più bassi in Europa. Anche per gli spostamenti brevi tendiamo a usare molto l’automobile privata. Che conseguenze ha questo sulle nostre città, sull’ambiente in cui viviamo, sulla qualità della nostra vita?
La domanda sarebbe da porre al legislatore e con ancora più insistenza al governo, sostenendo che indirizzare le norme della mobilità in Italia a favore delle automobili sia più di un passo indietro, ma una forma di resistenza al futuro, in termini economici e benessere diffuso.