
Sì, ma come? Se le regole che dovremo seguire sono quelle del distanziamento e se la maggior parte degli alberghi potranno accogliere non più della metà della loro normale capienza; se non abbiamo una seconda casa e se non potremo muoverci disinvoltamente sui mezzi pubblici. Una risposta si chiama “Albergo diffuso”, qualcosa che molti hanno sentito nominare, ma che ancora non si riesce a mettere a fuoco.

Un albergo diffuso è un albergo che non si costruisce, ma che nasce mettendo in rete case che già c’erano. Spesso gli alberghi diffusi nascono in piccoli o minuscoli borghi storici, qualcuno quasi inabitato. Quella che anche un giornalone come il Times ha definito come “trovata semplice e al tempo stesso geniale” è nata in Italia, e dopo un evento terribile come un terremoto. Analogie con l’oggi... pensiamoci.
Il sisma è quello che nel 1976 ha segnato il Friuli, e negli anni '80 arriva l’idea di riconvertire all’ospitalità case e borghi disabitati della Carnia. Nel 1982 nasce il progetto pilota Comeglians, portato avanti da un gruppo di lavoro che si avvaleva della consulenza di Giancarlo Dall’Ara, di fatto l’ideatore di questo modello di ospitalità. Ma solo negli anni '90 si è arrivati a capire bone di cosa parliamo ancora oggi. Così, in coda al progetto del piano di Sviluppo Turistico di Marghine Planargia, in Sardegna, sono nati a Bosa e a Santulussurgiu i primi veri “Alberghi diffusi”, con edifici vicini tra loro, e la possibilità per gli ospiti di avere garantiti tutti i servizi alberghieri, compresi gli spazi comuni.


Crisi, distanziamento sociale, divieto di assembramento, limiti di spostamento. Sono concetti che intimoriscono chi vuole solo pensare a una vacanza. L’albergo diffuso può essere una soluzione?
Il mio ragionamento guarda a questo particolare momento in cui le economie individuali e delle famiglie sono in sofferenza. Ma può valere sempre. In un piccolo borgo si spende di meno, si riceve una accoglienza più accurata, si mangia meglio e a chilometro zero e si può godere di un rapporto autentico con la natura. Un primo aspetto interessante riguarda la possibilità di decongestionare i flussi turistici. In un borgo si può andare tutto l’anno, anche per periodi brevi o molto brevi, che sia in primavera o durante la vendemmia, per uno stage di yoga o per un corso di cucina, sta a chi investe in queste realtà esaltare le specificità. Inoltre un soggiorno in un albergo diffuso può coniugarsi con il controllo sanitario. Di solito si abitano appartamenti e quindi sono occupazioni individuali di una realtà abitativa che ogni nucleo familiare gestisce in modo indipendente. Infine il distanziamento sociale è più praticabile in contesti minori, poco affollati e spesso attorniati da grandi spazi dove poter praticare sport, o semplicemente fare un’uscita in bicicletta, o una passeggiata.

Può darsi. Di sicuro siamo in tempi prematuri per poterlo valutare. Ora vedo come indispensabile che gli albergatori, e in genere chi si occupa di ricettività, facciano rete e siano supportati a dovere dalle istituzioni. Si parla moltissimo di cultura e meno di turismo. Serve un tavolo condiviso tra albergatori e istituzioni per programmare un rilancio.
Possiamo copiare in casa d’altri?
Dovremmo, lo scorso anno ho visitato il borgo di Yakage, in Giappone e sono rimasta sorpresa. È vero che il Giappone ha importato da noi il modello di albergo diffuso, ma l’ha implementato sostenendolo con investimenti e servizi pubblici, e soprattutto con una legislazione coerente, cosa che in Italia mi auguro avvenga al più presto, soprattutto considerando la sfida che abbiamo davanti. In Italia abbiamo un patrimonio di borghi storici che stanno soffrendo di depauperamento e abbandono, non dimentichiamolo. Come non dimentichiamo di citare realtà di eccellenti italiane, gestite da giovani intraprendenti, come l'Albergo diffuso di Scicli o il Sottolestelle a Frosinone.
Uno dei progetti fiore all'occhiello del Touring è proprio legato ai piccoli borghi eccellenti dell'entroterra italiano: Bandiere arancioni ne ha certificati a oggi 247. Che ruolo potrebbe avere l'associazione in questa rinascita?

- Scopri di più sull'iniziativa Bandiere arancioni e sui 247 borghi certificati sul sito di Bandiere arancioni.