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Tutti i bei progetti senza numeri rischiano di rimanere belle parole. Il progetto di riaprire i Navigli è una bella idea che ai più sembra solo un sogno romantico e irrealizzabile. «Bello, ma come fai con la metropolitana?» dicono i diffidenti. E poi il traffico, i topi, le zanzare e tutto un rosario di obiezioni dettate dal senso comune più che da una effettiva, concreta riflessione. Da adesso però le chiacchiere stanno a zero. Oltre ai progetti affascinanti ora ci sono i numeri.
Su commissione del Comune il Politecnico di Milano e altre università milanesi hanno realizzato un corposo (900 pagine) progetto di fattibilità per la riapertura dei Navigli. Si tratta di uno studio articolato che prevede la riattivazione di 8,8 chilometri di canale dalla Cassina de’ Pomm, ovvero dove oggi la Martesana all’altezza di via Melchiorre Gioia viene interrata, e arriva alla Darsena passando per San Marco e la cechi dei Navigli. «Un percorso che se riaperto rappresenterebbe una gesto di modernità speculare alla chiusura degli Anni Trenta. Anche allora si pensava di andare verso la modernità, ma oggi il vero progresso è pensare a un cambiamento radicale». Così Roberto Biscardini, fondatore dell’associazione Riapire i Navigli, nel presentare il piano di fattibilità in una riunione pubblica che si è tenuta al Pirellone.
TANTO O POCO?
Un progetto che ha un costo ben preciso: 406 milioni di euro tra apertura dei canali e opere accessorie, come ponti pedonali, cambiamenti viari e nuove opere idrauliche (otto conche) per superare i meno di dieci metri di dislivello. È tanto? È caro? Dove si trova tutto quel denaro, e soprattutto, ne vale la pena? Non sono pochi soldi, certo. Però è l’equivalente di molto meno di 5 chilometri di nuova metropolitana. Oppure di 12 chilometri di autostrada (la Brebemi è costata 35 milioni al chilometro). Tutto sta nel valutarne il concreto beneficio per la città. Che di certo non si conta in milioni di euro, ma in vivibilità, bellezza percepita e appeal turistico. Non in altro.
Perché se qualcuno sostiene che riaprire i navigli servirebbe anche ad alleggerire il traffico che si potrebbe spostare sull’acqua, ecco quel qualcuno dice così tanto per dire. Perché dalla Cassina de’ Pomm a Viarenna, in Darsena ci vogliono 2 ore e venti minuti (quaranta in più in salita) e le imbarazione che verrebbero usate potrebbe contenere una dozzina di passeggeri. Per cui l’idea del naviglio come mezzo di trasporto utile non ha né capo né coda.
UN'OTTICA REGIONALE
Ha molto capo invece l’idea di uno sfruttamento turistico dei Navigli in un ottica più ampia, di scala regionale. Il progetto l’apertura del tratto milanese sarebbe fondamentale per mettere in connessione tutto il sistema dei navigli della Lombardia. Collegando la Martesana al Naviglio grande e al Naviglio Pavese con un percorso non solo “fluviale” ma anche ciclabile, si creerebbe una grande infrastruttura leggera capace di mettere in comunicazione il lago di Como e il lago Maggiore con il Po e l’Adriatico. E vantaggi anche economici ce ne sarebbero di sicuro. Come sarebbe comunque economicamente vantaggioso la sostanziale risistemazione delle acque che scorrono sotto Milano, primo tra tutti il torrente Seveso. Tempi? Per oro non ci sono date e nessuno ne fa. Certo è che avere un piano di fattibilità permette di valutare al meglio i costi e le ricadute economiche al momento in cui l’amministrazione cittadina decidesse davvero di mandare avanti le lancette della storia e scoperchiare i navigli.
Info: www.riaprireinavigli.it.
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