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Per una volta l’Italia ha fatto tredici. Con l’iscrizione del Delta del Po, dell’Appennino tosco-emiliano e delle Alpi di Ledro e Judiciaria nella lunga lista delle Riserve della Biosfera Unesco avvenuta a Parigi nei giorni scorsi, salgono infatti a 13 li siti naturalistici certificati. Per la prima volta l’Italia riesce a iscriverne tre in un colpo solo. «Un attestato che evidenzia la straordinaria ricchezza di biodiversità e di paesaggi del nostro Paese» ha commentato il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti. «Riconosce così la capacità delle comunità locali di saper trovare il giusto equilibrio fra uomo e natura, valorizzando l’insieme delle risorse umane, naturali, culturali, paesaggistiche e produttive presenti sul territorio» spiega Galletti.
Il Programma Mab (Man and the Biosphere) è stato avviato dall’Unesco negli anni Settanta allo scopo di migliorare il rapporto tra uomo e ambiente e ridurre la perdita di biodiversità attraverso programmi di ricerca. Il programma ha portato al riconoscimento delle riserve della Biosfera: aree marine o terrestri che gli Stati membri s’impegnano a gestire nell’ottica della conservazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali. Scopo della proclamazione delle Riserve è promuovere una relazione equilibrata fra la comunità umana e gli ecosistemi, creare siti privilegiati per la ricerca, la formazione e l'educazione ambientale, oltre che poli di sperimentazione di politiche mirate di sviluppo e pianificazione territoriale.
Fino a ora le Riserve della biosfera Unesco erano 631 in 119 paesi, di cui solo 10 in Italia. Le prime a essere scelta furono le zone del Circeo, nel Lazio, e di Collemeluccio-Montedimezzo in Molise, nel1977. Poi è stata la volta della Valle del Ticino (Lombardia/Piemonte) 2002, Monviso (Piemonte) 2013; Miramare (Friuli Venezia Giulia) 1979; Selva Pisana (Toscana) 2004; Arcipelago Toscano (Toscana) 2003; Cilento e Vallo di Diano (Campania) 1997; Somma-Vesuvio e Miglio d'Oro (Campania) 1997; Parco Nazionale della Sila (Calabria) 2014. «I tre ecosistemi scelti - ha spiegato Pier Luigi Petrillo, curatore del dossier di candidatura - sono paesaggi rurali d’eccellenza, ognuno con la sua specificità. Il fatto che l’Unesco li abbia scelti ha evidenziato come sia possibile assicurare lo sviluppo economico di un territorio nel rispetto dell’ambiente e del suo ecosistema, puntando su pratiche agricole tradizionali e su produzione tipiche come il Parmigiano Reggiano nell’Appennino tosco-emiliano».
Delle tre nuove riserve, il Delta del Po si trova a cavallo tra Veneto ed Emilia-Romagna. Con una superficie di 140 mila ettari e 120 mila abitanti, comprende un doppio parco Regionale. È stato premiato dal Consiglio dell’Unesco come «identità unica e patrimonio estremamente significativo di biodiversità». Mentre l’Appennino Tosco-Emiliano si estende per più di 223mila ettari e ha una popolazione di soli 1300 abitanti. L’Unesco ha voluto sottolineare l’importanza che ha avuto qui lo sviluppo di un turismo enogastronomico, basato su prodotti locali tradizionali, nel contesto della tutela di aree protette di importanza nazionale le Alpi di Ledro e Judiciaria sono invece un’area che si snoda tra Dolomiti, lago di Ledro, lago di Carera e lago di Garda. Una superficie di 47.500 ettari con una popolazione di 15.800 abitanti per un territorio ricco di habitat, dove vengono portate avanti le colture tradizionali e dove l’agricoltura è ancora l’attività principale.
Grande soddisfazione per gli operatori del territorio che quotidianamente si battono per la salvaguardia del paesaggio. «Per il Parco Nazionale e per tutto il territorio dell'Appennino Tosco Emiliano l'appartenenza alla rete Man rappresenta un punto d'arrivo e un successo; si accresce così il valore del lavoro e dell'intelligenza di generazioni, dei nostri genitori, dei nostri nonni e delle persone che investono il proprio impegno sull'Appennino» ha dichiarato Fausto Giovanelli, presidente del Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano.
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