In direzione opposta e contraria a quelli che i fine settimana di luglio non riescono a concepirli se non appollaiati su una stuoia a un centimetro dal vicino su una qualunque spiaggia del litorale, ecco che per trovare qualcosa di diverso e poco affollato tocca far rotta verso il Vulture. Un vulcano in mezzo a un mare di vigneti e campi di grano che movimentano il paesaggio della Basilicata nella parte a nord, quella che dalle pianure del Tavoliere al confine con la Puglia inizia a risalire passando per Venosa, Melfi e Rionero, sempre accompagnati dal profilo elegante della montagna.
A Venosa, cittadina cresciuta troppo e troppo disordinatamente intorno a un centro storico che invece è piuttosto ricco di cose da vedere (su tutti l'imponente castello quattrocentesco - nella foto - che ospita anche il museo archeologico) conviene arrivare al mattino, solo così si riesce ad entrare nel parco archeologico che ospita i resti romani della città di Orazio Flacco e fare un giro tra le mura aperte al cielo dell'Incompiuta, una cattedrale medievale per la cui costruzione è stato saccheggiato il vicino anfiteatro romano, ma che non è mai stata conclusa. Altrimenti, se si arriva dopo pranzo, bisogna accontentarsi di fare un giro tra i campi e guardare il tutto da dietro le inferriate. Altra cosa bella da fare a Venosa è sedersi su una panchina sul corso principale nel tardo pomeriggio e stare a guardare i giovani che fanno lo struscio, gli anziani che col cappello in testa chiacchierano di politica e vita seduti all'ombra e la vita che scorre.
Lo stesso si può fare sul far della sera nella vicina Melfi, ben più nobile e bella nelle sue architetture ottocentesche che rimandano a un passato di ricchezza che sembra oramai andato. Qui il posto migliore per godere del fresco che cala sono i bastioni del castello federiciano, che domina il profilo compatto del centro storico, prima di scendere verso la parte moderna attraversando vie costellate di palazzi signorili fino ad arrivare a piazza Umberto, centro nevralgico di una vita di paese fatta di chiacchiere e infinite partite di briscola nella sede del circolo popolare. E vale la pena una visita alla cattedrale (di età normanna, ma rifatta nel Settecento) e al palazzo vescovile.
Oltre Melfi si punta diritto verso il Vulture vero e proprio, tra vigneti e colline. Concedendosi una sosta a Barile, il comune dove per secoli hanno vissuto gli Arbeshe , la comunità cristiana albanese fuggita dalle invasioni ottomane del proprio Paese nel Quattrocento. Qui si possono visitare le grotte dello Scescio, per decenni baricentro della vita dei migranti albanesi e oggi utilizzate come cantine per il vino. Perché arrivati a Barile si entra nella zona dell'eccellenza per la produzione dell'Aglianico, il corposo vitigno autoctono di queste zone da secoli delizia degli intenditori. Qui si può iniziare facendo una sosta alle cantine Basilisco (via delle cantine 22, tel. 0972.771033; web) oppure salire verso Rionero, l'altro centro dell'Aglianico. Qui meritano assolutamente una sosta Le cantine del Notaio (via Roma 159, tel. 0972.723689; web), in centro, che permettono di scendere nelle antiche grotte scavate nel tufo, oggi maestose e fresche dimore per le botti di affinamento. Da qui si risale verso il cono del Vulture e si arriva ai laghi di Monticchio, che sono quanto di più estivo ci sia da questi parti. Due laghi createsi dopo il collasso del cratere che in estate sono meta di gitanti in cerca di fresco che ne fanno un incrocio surreale tra un luogo dove riposarsi e meditare (basta salire all'abbazia di S. Michele) e un luna park di provincia con i pony a tirare i carretti per i bambini e i pedalò a incrociare sullo specchio d'acqua. Insomma, se volete qualcosa di davvero diverso dal solito fine settimana al mare fate rotta verso il Vulture.