Quando sei là in alto continui a guardarlo. Non puoi farne a meno. Ti giri, fai due chiacchiere con chi hai attorno, bevi un sorso d'acqua dalla borraccia, poi lo sguardo inevitabilmente torna a lui. Come se fosse un magnete, come se ti avesse ipnotizzato. L'hai già visto, scrutato, fotografato per ore, è il quarto punto panoramico da cui lo ammiri. Ma non basta mai.
Lui è un ghiacciaio, ma non un ghiacciaio qualunque. È il più grande, ampio, lungo, profondo ghiacciaio delle Alpi. Si chiama Aletsch, e ancora non capisci come sia possibile che ci sia gente che ignora dove si trovi, e quanto sia bello. Una meraviglia di questo genere dovrebbe essere famosa quanto la cupola del Brunelleschi a Firenze. Forse è per questo che ti attrae tanto: è la forza dei luoghi speciali, di quelli che non puoi dire “somiglia a” o “è come quell'altro che ho visto l'estate fa”. Sono unici, non temono paragoni. E tu non ci puoi credere che quella lingua di ghiaccio lì davanti sia lunga 22 chilometri, che abbia plasmato la montagna con la sua potenza, che si porti con sé delle morene tanto regolari – quei cumuli di sassi scostati ai lati dall'avanzare del ghiaccio - che dall'alto sembrano le carreggiate di un'autostrada. Che quei puntini laggiù in fondo, che si muovono tra i crepacci, siano davvero uomini e non formiche. Un grifone plana sopra di te e sembra sussurrarti “Te lo dico io, che posso volare e ho visto tutto da vicino. È tutto vero”.
Il ghiacciaio dell'Aletsch visto dall'Eggishorn - foto Stefano Brambilla
IN SVIZZERA, A POCA DISTANZA DA MILANO
Siamo nel cuore del Vallese svizzero. Abbiamo preso un treno da Milano, superato il passo del Sempione, cambiato treno a Briga. Poi una serie di impianti ci ha portato fino al primo punto di vista sul ghiacciaio. Il tutto in poche ore. Comodissimo, ecologicissimo: l'auto non l'abbiamo neanche sfiorata. Che poi, gli svizzeri quando fanno le cose le fanno bene. I treni locali hanno finestre talmente ampie che sembra di viaggiare su una decappottabile, tanto sei immerso nel panorama. Le funivie e le cabinovie sono super moderne e veloci – in un attimo, passi da 1000 metri a 2870 metri, mica noccioline. Le stazioni di partenza e di arrivo, soprattutto quella di Fiesch, appena rimessa a nuovo, brillano per intermodalità e comodità. Tutto è pensato per il turista: in primo luogo lo sciatore invernale, ma anche il camminatore estivo, o semplicemente il contemplatore estivo, visto che si può anche non muovere un muscolo o quasi. Fin troppo, forse: quando sali, non c'è angolo della montagna dove non si veda qualche pilone. Poi, però, quando ti affacci ai belvedere è tutta area protetta dall'Unesco: e niente disturba la grandezza del ghiacciaio.
Il favoloso panorama sulla panoramica passeggiata da Bettmerhorn a Hohfluh - foto Stefano Brambilla
Sua maestà l'Aletsch. Una superficie di 81,7 chilometri quadrati, una lunghezza di 22,6 chilometri, uno spessore di 900 metri nel suo punto più profondo. Una massa totale pesante 26 miliardi di tonnellate.Numeri da record. Dalla stazione di Eggishorn, quella più alta tra i tanti punti panoramici, capisci bene com'è fatto: si tratta in realtà di tre grandi ghiacciai che confluiscono in un punto riunendo le loro masse, e poi continuano a scendere paralleli uniti in una enorme lingua (ecco il perché delle strisce grigie in mezzo al ghiaccio: ciascuno dei tre ghiacciai si porta dietro i suoi sassi, ai nostri occhi sembra una striscia unica ma in realtà sono tre strisce che si trovano attaccate l'una all'altra). Tornando al punto di confluenza, è chiamato Konkordiaplatz: fu un inglese, J.F. Hardy, a paragonare la zona centrale alla place de la Concorde di Parigi. In effetti il confronto è suggestivo: in Francia la magniloquenza dell'uomo, qui quella della natura: l'area occupata dalla "piazza" è pari a 840 campi da calcio. Dietro, a far da corona, i quattromila o quasi dello Jungfrau, del Monch, dell'Eiger, come a benedire tanta potenza.
I PUNTI DI VISTA SULL'ALETSCH
Dicevamo dei punti di vista. Sono tutti collocati su un alto crinale che – Madre Natura sembra averlo fatto apposta - scorre parallelo al ghiacciaio. E sono tutti meravigliosi. Dall'Eggishorn si vede bene tutta la curva (e vari pannelli esplicativi aiutano a conoscere meglio le peculiarità dell'Aletsch), ma anche dal Bettmerhorn la vista è stupenda. Da qui, poi, si può intraprendere un sentiero che porta fino al Moosfluh e all'Hohfluh, i due punti panoramici più a ovest. Una passeggiata adatta anche alle famiglie, in leggera discesa, tra pini mughi e laghetti alpini, ideale per le calde giornate d'estate, quando in pianura si abbocca. Sempre con il ghiacciaio che ti fa voltare a ogni angolo del sentiero. E che sembra rammentarti quanto sia fragile: in pochi decenni, la lingua è arretrata di qualche decina di metri. Il ritmo di decrescita, qui come in tutte le località alpine, è impressionante, soprattutto quando si mettono a confronto fotografie anche recenti. Tra meno di ottant'anni, se il riscaldamento climatico procederà con la stessa velocità odierna, anche l'Aletsch sarà ridotto a un moncherino. Sembra impossibile, a vederlo oggi, ma non ci sono grandi speranze, sempre che l'uomo non sia capace di invertire la rotta. In ogni caso, un motivo di più per non rimandare troppo a lungo la visita in Svizzera.
La passeggiata in cresta da Bettmerhorn a Hohfluh - foto Stefano Brambilla
Poi è arrivato il momento di vederlo da vicino, quel ghiacciaio tanto contemplato. Studiate il calendario delle escursioni sul sito dell'Aletsch Arena e prenotate una gita con una guida alpina: nonostante i prezzi, ne vale la pena. Perché poter mettere piede sull'Aletsch è un'altra di quelle esperienze che non si dimentica. Niente di particolarmente periglioso: certo, bisogna indossare scarpe da trekking e stare attenti a dove si mettono i piedi, ma si è legati l'uno all'altro e il ghiaccio è molto meno scivoloso di quanto ci si potrebbe aspettare (niente di simile al ghiaccio vivo; piuttosto, la sensazione è quella di camminare su neve vecchia, di quelle un po' granulose). Da vicino, la massa di ghiaccio non solo è enorme, ma anche variegata: a volta sembra un mare in tempesta cristallizzato in un fermo immagine, con onde giganti e altrettanto profonde valli; altre, una pianura infinita, senza punti di riferimento, costellata da pozze d'acqua cristallina dove vivono minuscole creature (le pulci d'acqua, diventate anche la mascotte della zona). La guida fa notare le linee lasciate sulle rocce della valle dai ghiacciai del Seicento, quando l'Aletsch era ancora più grande, ancora più massiccio, e la gente faceva voti perché si fermasse. Sono molto più in alto di noi. E su quelle rocce, sotto quella linea, l'erba non è ancora riuscita a crescere.
Il ghiacciaio dell'Aletsch presso il Marjelensee, punto di accesso per le escursioni sul ghiaccio - foto Stefano Brambilla
In cordata sul ghiacciaio dell'Aletsch - foto Stefano Brambilla
BORGHI SENZ'AUTO E RELAX ASSOLUTO
Ci siamo concentrati sul ghiacciaio, perché è lui il protagonista. Ma l'Aletsch Arena offre molti altri validi motivi per un soggiorno. Innanzitutto, quando si prendono i vari impianti dal fondovalle la prima tappa (ancor prima del crinale) è un altopiano, una sorta di terrazza sul versante della montagna. Qui sorgono tre villaggi che hanno optato da tempo per la mobilità elettrica: per muoversi niente auto, dunque, ma soltanto bus elettrici e macchinette da golf. Logico che Bettermalp, Riederalp e Fiescheralp siano paradisi del silenzio e del relax: tutti situati intorno ai duemila metri di quota, garantiscono fresco e tranquillità, oltre che ogni servizio che potete immaginare (dalla piscina al campo da golf, da hotel di qualsiasi categoria a raffinati ristoranti). Tra Riederalp e Bettermalp ci si può muovere senza problemi in bus e in bicicletta; Fiescheralp, più discosto, è raggiungibile da Bettermalp solo a piedi, lungo il bellissimo sentiero Herrenweg. In ogni caso, il panorama sulla catena alpina è ancora una volta stupefacente: si vede pure l'inconfondibile piramide di roccia del Cervino.
Riederalp - foto Stefano Brambilla
Riederalp - foto Stefano Brambilla
Già soltanto muoversi in un contesto simile, in una bella giornata d'estate, fa bene all'anima e al cuore. Ognuno poi trova pane per i suoi denti: noi abbiamo noleggiato biciclette a pedalata assistita, e senza fare troppa fatica ci siamo inerpicati tra prati fioriti di arniche e alpeggi popolati da vacche scampananti. Arrivando al Bettmersee, delizioso laghetto, abbiamo osservato quanto i bambini trovassero irresisibili le sue acque (e i pedalò a noleggio). E poi, sul far della sera, abbiamo provato a far meditazione yoga con Karin, che gestisce un albergo a Bettmeralp e offre corsi ai suoi ospiti. Karin si è anche inventata un festival dedicato allo yoga, che quest'anno andrà in scena dall'1 al 4 settembre. Ci dice anche che è diventata una maestra dello sup-yoga, ovvero lo yoga su tavola in mezzo all'acqua (quella del Bettmersee). Anche noi che non abbiamo mai fatto una lezione di yoga in vita nostra non abbiamo potuto fare a meno di constatare quanto ci si sentisse rilassati, a meditare e a stendersi in un contesto simile.
In bicicletta nei pressi di Riederalp - foto Stefano Brambilla
LE STORIE DI VILLA CASSEL
C'è poi un'altra storia che merita di essere raccontata. Quando sarete a Riederalp, vedrete poco più in alto una grande costruzione isolata su un poggio, stranissima perché totalmente decontestualizzata. La magione che si troverebbe più a suo agio in una cittadina teutonica si chiama Villa Cassel e fu costruita da un personaggio dalla storia originale e complessa, quelle storie che meriterebbero un articolo solo per loro. Lui si chiamava Ernest Cassel ed era un banchiere tedesco naturalizzato britannico, uno degli uomini più ricchi del suo tempo. Giunse qui nel 1895, spinto dal suo medico di fiducia che gli aveva intimato di passare del tempo in alta quota; e visto che ai tempi non c'era alcun alloggio che gli aggradasse, tra il 1900 e il 1902 decise di costruirsi la sua casa. Una signora casa, ovviamente, che non doveva certo essere inferiore ai locali frequentati a Londra... Un'impresa rimasta negli annali: tutto era trasportato a dorso di mulo e di contadino, ai tempi; e per trasportare il pianoforte ci vollero 16 uomini e 4 giorni di marcia.
Villa Cassel - foo Stefano Brambilla
Cassel si fece ben volere dalla comunità locale, diventò anzi uno dei suoi benefattori; e a Villa Cassel arrivarono banchieri, diplomatici, la crème della società inglese del tempo, compreso un giovane Winston Churchill che, si narra, fece mettere del fieno nelle campane delle vacche perché disturbavano la sua opera di scrittura. Vi lasciamo scoprire tutto il resto all'interno della casa, ora restaurata e diventata un centro di Pro Natura, la più grande ong svizzera che si occupa della gestione di riserve naturali. Compresa l'altrettanto straordinaria storia della nipote di Cassel, Edwina, che sposò Lord Mountbatten e divenne la viceregina delle Indie...
Pro Natura ha comprato Villa Cassel nel 1976; in questi ultimi anni ha creato anche un piccolo e interessante museo nel seminterrato, che spiega la storia del ghiacciaio e i rischi del riscaldamento climatico, e ha investito in energie alternative per far diventare totalmente CO2 neutrale la struttura.
Nel museo di Villa Cassel, la storia del ghiacciaio - foto Stefano Brambilla
Gestisce poi la meravigliosa riserva che parte al fianco della villa, che non dovete in nessun modo mancare. Si tratta di una foresta dominata dai pini cembri, chiamata Aletschwald, protetta dal 1933. A passeggiarci, sembra di essere finiti in un romanzo di Tolkien: i licheni barbuti pendono dai rami, le radici antiche dei cembri si sono fatte strada tra i sassi, i tronchi caduti giacciono per terra scolpiti dai picchi, mentre le rumorose nocciolaie, uccelli dalla livrea a pois, simili ai corvi, gracchiano trasportando i pinoli da un luogo all'altro. Un altro spettacolo che Madre Natura ha voluto regalare alla regione dell'Aletsch.
Uno dei secolari cembri dell'Aletschwald - foto Stefano Brambilla