Consigli di viaggio
Zucche illuminate come lanterne, feste noir, trucchi horror. Da tempo la festa di Halloween ha soppiantato con il marketing nell’immaginario la ritualità cattolica. Anche in Italia le nuove generazioni sovrappongono o addirittura associano una festa popolare declinata dalla cultura celtica all’antico rito cristiano, che dedica il 1 novembre alla festa di Ognissanti (anche tutti quelli non canonizzati) e il 2 novembre alla commemorazione dei propri cari.
“Dolcetto o scherzetto” quindi non è proprio farina del nostro sacco. In italia, e in particolar modo nel meridione alla consuetudine dell’omaggio floreale in camposanto, c’è quella della preparazione di dolci tradizionali per celebrare con affetto la giornata del ricordo. La pratica eredita la credenza popolare secondo cui nella notte tra l’1 e il 2 novembre le anime dei defunti farebbero visita ai luoghi cari in vita. E allora perché non lasciargli un dolce per festeggiare il ritorno e corroborare la ripartenza?
Scopriamo i dolci della tradizione saltando qua e là di regione in città (e chiediamo venia per qualche omissione) senza l’ambizione di avventurarci in preparazioni e tempi di cottura.
LOMBARDIA, IL PANE DEI MORTI
Siamo Milanocentrici? Forse, ma partiamo proprio da un dolce nato sotto la Madonnina: il pan dei morti. Biscotti, amaretti, frutta secca cannella e noce moscata animano il Pà edi morcc, già presente sulle tavole del 1400. Se site dei buongustai potete aggiungere una scorza d’arancio, del cedro candito e accostare al piatto un calice di vin santo. Per dargli forma e soprattutto il colore delle ossa vengono cosparsi abbondantemente con zucchero a velo.
TRENTINO ALTO ADIGE, I CAVALLI
Trentino Alto Adige le campane risuonano per richiamare le anime alle tavole lasciate imbandite. Tovaglia e piatti rimangono così illuminati dalle “brase” dei focolari. Non è raro trovarvi in bella vista i “cavalli dei morti”. Grosse pagnotte dolci. Il riferimento ai cavalli sembra risalire al culto greco della dea che accompagnava i morti nell’oltretomba, Epona, protettrice appunto dei cavalli.
TOSCANA, PAN COI SANTI
Farina, noci, miele, strutto, uvetta e pepe nero si amalgamano in una grossa forma di pane dolce che i toscani non si limitano a infornare per la festa dei morti, continuando a gustarlo fino alla fine dell’Avvento.
LE OSSA DEI MORTI
Non spaventatevi, niente ingredienti azzardati. La caratteristica che accomuna questo dolce della tradizione novembrina è la consistenza croccante della pasta qualche giorno dopo la cottura in forno. Si registrano un po’ di variazioni sul tema in giro per lo Stivale. A Parma usano la pastafrolla e si usa glassarli, nel Senese sono più rotondi e arricchiti con le mandorle; in Sicilia li chiamano “crozzi” e le materie prime sono davvero povere: farina, acqua, zucchero, cannella e chiodi di garofano.
LECCE, LE FANFULICCHIE
Sono riccioli di zucchero caramellato attorciglilati, tradizionalmente al sapore di menta. Si vendevano ai banchetti soltanto l’1 e il 2 novembre. Insieme alle fanfulicchie si vendevano anche giocattolini di legno.
LE FAVE DEI MORTI
Farina di mandorle tritate, l’albume d’uovo, pinoli, zucchero e la buccia di limone grattugiata si creano questi pasticcini diffusi davvero in tutta Italia. Hanno assunto il nome perché una volta la base del pasticcino era proprio la fava, che con le sue radici profonde era simbolicamente legata a un mondo sconosciuto e sotterraneo. Il dolce sembra essere nato nelle cucine delle case romane per poi diventare una tipicità che attraversa più regioni d’Italia.
PUGLIA, LA COLVA (O GRANO DEI MORTI)
Forse la vicinanza con paesi di liturgie ortodosse ha contribuito alla nascita di questo dolce della tradizione pugliese. Il grano bollito nella chiesa ortodossa viene infatti accomunato a morte e resurrezione. Nella Grecia antica il grano era associato alla dea della terra Demetra, simbolo di vita quindi che aveva il suo opposto proprio nella melagrana, associata alla figlia di Demetra, Persefone. Nella ricetta tradizionale pugliese non c’è zucchero ad addolcire questo dolce particolarmente allegorico, ma il vin cotto. In aggiunta non stonano noci tritate e cannella, sapori comuni un po’ a tutti i dolci poveri autunnali.
SICILIA, MANI, DITA DI APOSTOLO E PUPI SICILIANI
Patria delle celebrazioni e vera matrioska culinaria non c’è davvero di che stupirsi se in Sicilia non troviamo una sola specialità tradizionale del dolce dei morti. In un’ideale giro dell’isola troviamo sulle tavole catanesi gli ‘nZuddi (i Vincenzi), biscotti nati nel convento delle Suore Vincenziane di Catania. L’impasto? Mandorle, farina, miele e cannella. A Messina ci sono biscotti croccanti alle mandorle chiamate piparelle, da inzuppare nel liquore. E un po’ ovunque spuntano nelle cucine i pupi di zucchero a evocare gli avi della famiglia, o i panini dolci a forma di mano.
NAPOLI E O’ MORTICIELLO
Chiudiamo con un sorriso che ci arriva da Napoli e dal suo proverbiale sarcasmo distribuito anche nell’arte pasticcera. Si parla infatti di torrone. Ma nella versione proposta in questa ricorrenza il torrone non è morbido e non c’è traccia di miele nell’impasto. L’ingrediente comune è infatti il cioccolato con le sue varianti: al caffè, al gianduia o alla crema di nocciole. Il dolce viene servito a fette e per l’associazione irriverente a una cassa da morto viene chiamato esplicitamente O’ Morticiello.
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