Chiare, fresche, dolci acque di Tivoli, un ristoro antico che ancora oggi in queste giornate di caldo torrido, può motivare un viaggio, alla ricerca di spruzzi, di gocce, di stille, di fiotti.

Un patrimonio liquido che illumina la città, rendendola speciale, evanescente, fresca, sin dai tempi in cui veniva raggiunta dalle nobili famiglie romane in fuga dalla città, desiderose d’incontrare il fiume Aniene, anima e risorsa del territorio, rispettato come un Dio.

È flebile lo scrosciare dell’acqua delle oltre trenta fontane pubbliche di acqua potabile disseminate nel centro, come il nasone a forma di drago di piazza delle Erbe o le tre grandi fontane di piazza Garibaldi ingentilite da imponenti giochi d’acqua.

Tivoli / foto Shutterstock

La più vissuta dalla comunità per la sua storia è la Fontana di Gemma, in via dei Sosii, la cui sorgente venne alla luce nel 1884 quando per fare spazio al transito di una locomotiva destinata alla stazione di Tivoli, venne abbattuta un’ala del palazzo che nascondeva il liquido tesoro. Grazie alla proprietaria dello stabile, il Comune realizzò una nicchia per accogliere quel fiotto che divenne in seguito rinomato per la sua freschezza.

Si fa intenso il gorgoglio a Villa d’Este, patrimonio Unesco, una delle testimonianze più significative della cultura del Rinascimento.

Il suo giardino risalente al XVI secolo è un’orchestra di suoni gorgheggianti, che pur assorbiti dalla quiete del verde, entra nei sensi placando l’anima: un concerto di cinquanta fontane, 255 cascate, cento vasche e decine di giochi d’acqua in 35mila metri quadrati di bellezza.

La sinfonia si apre con la fontana del Bicchierone, realizzata dal genio del Barocco italiano Gian Lorenzo Bernini su commissione del cardinale Rinaldo d’Este tra il 1660 e il 1661, e con il viale delle Cento Fontane contornato dai getti delle cannelle borbottanti d’acqua e d’aria fresca che sembrano attaccarsi al corpo di chi le sfiora lungo la passeggiata.  Sono le “feminee bocche” descritte da Gabriele D’Annunzio, che “parlan soavi e piane”.

Passo dopo passo, luccica la fontana di Tivoli o dell’Ovato, di Pirro Lagorio, coronata da statue che ricordano la dinastia Estense e, tra le altre, il fiume Aniene trasformato in pietra, che antichi popoli insediati nella parte bassa del suo percorso chiamavano con affetto Teverone.

Seguono la fontana di Roma o Rometta, che riproduce in miniatura gli edifici di Roma antica, quindi la fontana dei Draghi, sempre di Lagorio, e in fondo, la fontana dell’Organo, meraviglia delle meraviglie, che aziona un ingegnoso organo idraulico seicentesco: tutti i giorni alle dieci e trenta per due ore, una musica dolcissima s’innalza su tutto quel fluire, che allontana il caldo respingendolo verso il cielo.

Tivoli / foto Shutterstock

Ma di acqua e di scrosci, nel torrido estivo, non se ne ha mai abbastanza, e allora si raggiunge un altro angolo della villa tremolante di giochi di gocce, che racchiude le fontane di Arianna, di Pegaso, della Sfinge e della Natura, fino a quella della Civetta, con un altro fantasioso congegno idraulico.

Nelle tre grandi peschiere che pullulano di pesci, verrebbe da immergersi, ma distrae dal tuffo la vista della campagna romana da una parte e la fontana di Nettuno con gli invitanti zampilli dall’altra.

Nel Parco Villa Gregoriana, l’acqua dell’Aniene salta con una discesa ardita di centoventi metri “sfuggendo” dalla galleria artificiale fatta costruire da papa Gregorio XVI nel 1832 al di sotto del monte Catillo per deviare lontano dall’abitato l’irrequieto corso, che fino ad allora tra scrosci e vapori entrava in città con uno spettacolare balzo, in prossimità dell’acropoli tiburtina: si creò così un’altra rocambolesca piroetta, la nuova Cascata Grande, seconda in Italia dopo le Marmore.

Tivoli, cascata nel parco di Villa Gregoriana

Liquide bellezze a scorrimento veloce che divennero una tappa obbligata del Grand Tour – la pratica del viaggio in Europa iniziata nei secoli XVI e XVII - trasformando Tivoli in una località di fama internazionale prediletta da intellettuali, artisti, pittori e poeti, incantati dal paesaggio e dalle antichità del luogo.

Ancora oggi quel tuffo spumeggiante di luce e di ombra ci infonde armonia e ristoro con le luminose Cascatelle, come “nastri d’argento” che affiorano qua e là fra boschi, sentieri e grotte naturali. E vorremmo sfiorarlo con le dita per catturare il segreto della sua bellezza e tutta la sua freschezza.