Bisogna avere coraggio e un po' di follia per contaminare l'immagine da cartolina di una delle città più belle d'Europa, Bruges/Brugge, la fiamminga "Venezia del nord" che con i suoi canali romantici, i palazzi da fiaba e la sua cultura diffusa seduce chiunque la visiti. Come fare a voltare la cartolina, per scoprire cos'altro ci può essere dietro di essa? E perché non provare a farlo attraverso l'arte? No, non quella di geni del pennello come Van Eyck e Memling che hanno fatto di Bruges una culla dell'arte mondiale, lasciando in chiese e musei un numero impressionante di capolavori (che, incredibile a dirsi, fanno passare in secondo piano persino la Madonna di Michelangelo conservata nella chiesa di Nostra Signora, Onze-Lieve-Vrouwekerk). No, qui si parla di artisti contemporanei, di installazioni site specific collocate nello spazio pubblico. Si parla della Triennale di Bruges, per gli amici TRIBRU, che dal 2015 l'amministrazione organizza nel centro storico, preferibilmente però nei suoi angoli meno noti e visitati: piazzette, cortili, parchi, canali laterali, dove i turisti non mettono (quasi) mai piede. Luoghi in qualche modo da riqualificare, e non a caso lo slogan dell'edizione 2024 (fino al primo settembre 2024) è "Spaces of Possibility": i curatori Shendy Gardin e Sevie Tsampalla infatti hanno sfidato dodici artisti e architetti, di fama internazionale, a pensare e a gestire diversamente uno spazio urbano tutelato, a valorizzare quanto vi è di sottoutilizzato, a riflettere sulla trasformazione della città di domani cercando la bellezza in ciò che (finora) è trascurato. 

Dunque TRIBRU è un'occasione per tutti di scoprire una Bruges diversa, passando in pochi passi da un'opera nel Patrimonio dell'Umanità Unesco a un'opera di arte contemporanea. Che, ovviamente, non è da intendere come alternativa ai suoi capolavori imprescindibili - venire in città e non vedere i capolavori conservati nei musei Gruuthuse e Groeninge e nell'Ospedale di San Giovanni sarebbe un delitto - ma che può essere un piacevole diversivo. E, chissà, il pretesto per prolungare il soggiorno in una città da cui, detto senza troppi giri di parole, non si vorrebbe mai venir via. Oltre alle dodici installazioni, poi, la Triennale di Bruges presenta anche un ricco calendario di eventi, conferenze, visite guidate, lezioni, laboratori per le scuole. Ecco dunque, seguendo la numerazione proposta dalla pratica mappa, disponibile negli infopoint in città o scaricabile dal sito ufficiale, una guida a questa Bruges fuori dai luoghi comuni. Da scoprire tutta, o quasi, a piedi. (E per chi ha tempo, Musea Brugge, l'istituzione che riunisce i 13 luoghi e musei più emblematici entro le mura cittadine, organizza fino al primo settembre la mostra Rebel Garden, in cui parecchi artisti internazionali, fra cui Giuseppe Penone, affrontano il tema dell'impatto dell'uomo sulla natura dentro e fuori di almeno tre siti museali).

Common Thread, SO–IL, Bruges Triennial 2024, ©lip Dujardin-2
Common Thread, SO-IL, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

 1. Who? di Iván Argote (Colombia) 

Costruito nel 1128, lo Speelmansrei (stesso nome per la strada che lo costeggia) era parte della prima cinta muraria di Bruges, fu a lungo usato come canale navigabile ed è scampato a chi nel XIX secolo voleva interrarlo. Prende il nome dalla Speelmanskapel, gotica cappella dalle finestre ad arco costruita nel 1421 dai menestrelli di Bruges, la cui corporazione fu poi sciolta nel 1795. Argote, artista colombiano che vive a Parigi, ha appoggiato un paio di stivali di bronzo nel canale, a pelo d'acqua, come un enigma da risolvere. A chi appartengono? Chi li ha abbandonati qui? Qualcuno che era in grado di camminare sulle acque? Sono forse parte di una scultura più grande, ormai smantellata oppure ancora da completare? Argote insomma con i suoi "non-monumenti", esposti anche alla Biennale di Venezia 2024, continua a esplorare il tema della trasformazione.

Who?, Ivan Argote, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Who?, Ivan Argote, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

2. The tower of balance del Bangkok Project Studio (Thailandia)

Nello skyline di Bruges svettano da secoli inconfondibili. Sono i profili della Torre Civica e dei campanili della cattedrale di San Salvatore e della chiesa di Nostra Signora. Simboli del potere religioso e del potere civile, ma anche punti di riferimento e iconici segni identitari. Proprio una salita sulla duecentesca Torre Civica ha ispirato il thailandese Boonserm Premthada, fondatore del Bangkok Project Studio (nel 2021 progettò il padiglione della Thailandia alla Biennale di Venezia 2021 e vinse il Design Prize della rivista Abitare). L'idea? Concepire un campanile contemporaneo alto fino a 18 metri: una "torre dell'equilibrio" che sembra sfidare la gravità con le sue tre terrazze panoramiche in legno di pino. Collocata di fronte al Parco Re Alberto I, che collega la stazione ferroviaria con la mole rossa del Concertgebouw, la favolosa sala da concerti progettata nel 2002 dagli architetti di Gand/Gent Robrecht e Daem, la torre invita a salire fino alla campana in bronzo. L'ha prodotta la fonderia Royal Eijsbouts che un tempo fondeva le campane del campanile. E resistere alla tentazione di suonarla è praticamente impossibile. Se poi l'esperienza ha esaltato il mistico che è in voi, proprio di fronte trovate la Sint-Godelieveabdij, ovvero l'abbazia di santa Godelina o Godeleva, attualmente in restauro: per tutta l'estate e fino al 13 ottobre è possibile entrare e vedere gli archeologi al lavoro, addirittura collaborando con le loro ricerche.

The tower of balance, Bangkok Project Studio, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
The tower of balance, Bangkok Project Studio, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

3. Firesong for the bees, a tree of clay di Mariana Castillo Deball (Messico) 

Per la sua vicinanza alla Borsa, la gotica chiesa di San Giacomo (Sint-Jakobskerk) era la preferita dei ricchi mercanti e dei duchi di Borgogna, come Filippo il Buono e Carlo il temerario. Ancora conserva capolavori come l'Incoronazione della Vergine di Albert Cornelis (autore di una sola opera nota), la Leggenda di santa Lucia (di un ignoto Maestro che ha preso il nome dal quadro) e un trittico del Maestro del Sacro Sangue (1501-1525) raffigurante la Madonna con il Bambino, san Gioachino e sant'Anna. Chi la visita ed esce sulla Sint-Jakobs-plein di solito poi si dirige verso il Markt. Ignorando, in direzione opposta, un tranquillo giardino pubblico, il Parco Sebrechts, aperto negli anni 80 inglobando sia il giardino dell'ex casa del famoso medico dottor Joseph Sebrechts (vedi oltre, al numero 10) sia un parcheggio che da decenni occupava un'area che per secoli era stata coltivata a orti. Una storia di ritorno alla natura e un contesto ideale, dunque, per l'installazione della messicana Mariana Castillo Deball: una piattaforma sostenuta da pali fatti di vasi di terracotta, tutti differenti, a riprodurre vari tipi di alveari di argilla usati nel mondo prima dell'avvento delle arnie in legno. E sulla sommità sono collocate tre arnie popolate da una colonia di ronzanti api, intente a farne il loro mestiere: produrre miele. 

Firesong for the bees, a tree of clay, Mariana Castillo Deball, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Firesong for the bees, a tree of clay, Mariana Castillo Deball, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

4.  Full Swing di Mona Hatoum (Libano)

Ci si sposta nella periferia a sud ovest di Bruges. Nel giardino dell'ospedale psichiatrico Onzelievevrouw l'affermata artista anglo-libanese Mona Hatoum invita a dondolarsi su un'altalena appesa in uno stretto passaggio scavato sotto terra, fedele alla sua linea di immaginare costruzioni che sembrano normali e ordinarie ma in realtà vogliono essere spiazzanti e alienanti. Per salire sull'altalena occorre scendere fra gabbie di rete metallica riempite di sassi, per poi dondolare come intrappolati in un ambiente carcerario. A disagio? Sperimentando fisicamente cosa si prova in una condizione di reclusione, carcere o manicomio che sia? Tale sarebbe l'intenzione, ma di fatto chi scende (le scalette) e sale (sull'altalena) sembra divertirsi come su un'attrazione da luna park. I bambini perché salire su un'altalena è in fondo una cosa normale, gli adulti perché magari erano decenni che non gli si dava l'occasione, o il pretesto, per farlo di nuovo. Alla fine, forse inquietano di più i sensori collocati sul prato circostante, a monitorare i movimenti del terreno e verificare che non i sassi crollino sopra chi si infila sotto terra. Sarà questa la vera instabilità cui tende l'artista?

Mona Hatoum, Full Swing, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Mona Hatoum, Full Swing, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

5.  Star of the Sea di Ivan Morison (Gran Bretagna)

Bunker o castello di sabbia? Scultura o edificio? Qui ci si allontana davvero, una quindicina di chilometri, per spingersi fino al mare, oltre il porto di Zeebrugge, dove c'è un'opera che è davvero un unicum: l'unica lontana dal centro di Bruges, l'unica fra una spiaggia e il mare, l'unica non sempre raggiungibile e fruibile. E l'unica che faccia parte di due distinte Triennali, in quanto realizzata in collaborazione fra la Triennale di Bruges e la Triennale Beaufort24 allestita lungo il litorale belga. Una delle esperienze più coinvolgenti delle due triennali è proprio l'opera site-specific Star of the Sea del gallese Ivan Morison: un voluminoso esagono di tubi in cemento, posto ben lontano dalla riva e accessibile a fasi alterne, a seconda delle maree che lo invadono di sabbia, essa stessa fattasi materia di un'opera in interazione costante con gli elementi, con il vento e le onde. Raggiungere l'installazione attraversando un chilometro di spiaggia è già un'esperienza. Infilarsi nei suoi grandi cilindri o arrampicarvisi sopra, poi, è un esercizio ludico. Il titolo dell'opera rimanda anche alla cappella Stella Maris (Onze Lieve Vrouw) che proteggeva i marinai ed è ora assegnata alla comunità ortodossa rumena.

Star of the Sea, Ivan Morison, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Star of the Sea, Ivan Morison, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

6. Raamland di Norell/Rodhe (Svezia)

Un'anonima piazzetta a Sint-Obrechtsstraat, fino a qualche tempo fa di proprietà privata e recintato da un muro di mattoni, adesso trasformata in un giardino della comunità, Raamland, che può diventare un luogo di incontro. Questa l'idea dello studio di architettura svedese Norell/Rodhe. Il nome dell’installazione, Raamland, allude alla storia di De Meers, un’area urbana paludosa inabitabile fino al Seicento e utilizzata per collocarvi i telai di legno, o raamen, su cui venivano appesi ad asciugare i pregiati tessuti di Fiandra esportati per secoli in tutta Europa come prodotti di lusso. Daniel Norell e Einar Rodhe hanno riempito il sito con materiali di seconda mano, raccolti da attività di bonifica, container, cantieri edili e negozi locali, palazzi e ville demolite, persino dall'archivio della città vecchia e da una discoteca. Una parete in compensato divide dalla strada, aiuole di erbe e bacche riempiono gli spazi interni. 

Raamland, Norell_Rodhe, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Raamland, Norell_Rodhe, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

7. Empty drop di Shingo Masuda + Katsuhisa Otsubo (Giappone)

Il parco dell'ospedale di San Giovanni, un luogo di pace un po' dimenticato nel cuore del centro storico di Bruges, ospita una delle opere della Triennale che hanno riscosso maggiori consensi. I giapponesi Shingo Masuda e Katsuhisa Ostubo vi hanno eretto una scultura aperta, fatta con 11mila mattoni simili a quelli con cui sono costruiti gli edifici di Bruges, uniti peraltro con la malta usata dai muratori fiamminghi. Sono tre costruzioni circolari a forma di goccia che si proiettano dal centro verso l'esterno, vuote e non accessibili, giocando con il concetto di spazio libero e proponendo comunque la domanda “È davvero necessario?”.  Fra molteplici rimandi alla cultura nipponica, ciò che conta, per gli architetti, è proporre uno spazio apparentemente inutile, di svuotarsi da ciò che non conta, di aprire la mente. In Europa, sostiene Masuda, "una strada è una strada, un palazzo è un palazzo. In Giappone invece i confini tra i luoghi non sono così netti". 

empty drop, Shingo Masuda+Katsuhisa Otsubo Architects, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
empty drop, Shingo Masuda+Katsuhisa Otsubo Architects, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

8. Common Thread di SO-IL (Usa)

Se c'è una cosa che per secoli ha reso famosa Bruges nel mondo è stata l'arte del pizzo e del merletto, che l'imperatore Carlo V nel XVI secolo rese obbligatoria per tutte le donne fiamminghe. Un'arte celebrata nel Kantcentrum, il museo dedicato alla storia e alle tecniche del merletto, con installazioni multimediali e applicazioni “touch screen”, ma anche workshop e laboratori pratici. E proprio i merletti fiamminghi hanno ispirato il duo di artisti SO-IL, formato dall'olandese Florian Idenburg e dalla cinese Jing Liu, basati a Brooklyn, a realizzare Common Thread, una serie di tunnel apparentemente di leggero tessuto bianco ma che, in realtà, è composta da elementi metallici e stampati in 3D, parti di tubi e segmenti tessili realizzati con bottiglie in PET riciclate. Le pareti del tunnel, tessute a macchina presso l'Università della Tecnologia di Delft, in Olanda, giocano con motivi a trama semplice in bianco e nero, creando giochi di luci e ombre. Ci si inoltra nel tunnel attraverso lo spazio verde recintato: la linea curva rivela lentamente il sito al pubblico. La struttura è allestita nel giardino che fino al 2020 fu del convento dei frati cappuccini e che viene aperto per la prima volta al pubblico, nel quartiere ovest di Bruges, attualmente oggetto di un importante progetto di rivalutazione della città.

Common Thread, SO-IL, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Common Thread, SO-IL, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

9. Earthsea Pavilion di Studio Ossidiana (Olanda)

Il quattrocentesco Hof Bladelin è un luogo rimanda al Secolo d'Oro di Bruges. Era infatti la residenza e la filiale in città del Banco dei Medici. L'identità "italiana" del luogo è attestata dai ritratti in pietra di Lorenzo de’ Medici e della moglie, esempi del primo Rinascimento a Bruges, che adornano il cortile interno. Giusto dunque se proprio in mezzo ad esso si erge l'opera realizzata da due italiani, Giovanni Bellotti e Alessandra Covini, fondatori nel 2015 dello Studio Ossidiana, che però è olandese in quanto basato a Rotterdam.

Earthsea Pavilion è un silos cilindrico e aperto, di sei metri di diametro, con le pareti composte da strati di materiali organici (terra, torba, conchiglie, foglie, semi di fiori e piante), schiacciati uno sopra l'altro come differenti ecosistemi trattenuti da una griglia metallica ma destinati a trasformarsi nel tempo. Bellotti e Covini lavorano al confine tra arte e architettura, tra ricerca e costruzione, esplorando approcci innovativi attraverso edifici, materiali, oggetti e installazioni. Loro obiettivo è riflettere sull’uso dello spazio e riallacciare il rapporto con la natura in ambienti artificiali, anche attraverso elementi ludici. Così come fanno con questo padiglione "terramare" realizzato in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles. Spiegano: "Earthsea Pavilion è un organismo vivente, una chimera contemporanea fatta di minerali, piante, animali, materia organica, funghi e batteri, che insieme compongono un nuovo terreno. È sia un giardino che un edificio, un luogo di incontro e scambio tra persone e altre forme di vita. Troviamo riparo al suo interno mentre cresce, respira e cambia nel tempo, reagendo alle condizioni meteorologiche e alle azioni dei suoi abitanti umani e non umani. Lo attraversiamo mentre i suoi strati si depositano, mentre strati di materia organica diventano terreno fertile, mentre l'acqua viene filtrata attraverso le sue pareti di terra, uccelli e bombi nidificano e costruiscono i loro alveari e i funghi sviluppano la loro rete di relazioni". E anche così un appartato angolo della città vecchia come l'Hof Bladelin diventa un luogo dove riflettere su come i beni storici nel Patrimonio mondiale UNESCO non diventino fantasmi del passato, ma continuino a essere edifici vivi.  

Earthsea Pavilion, Studio Ossidiana, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Earthsea Pavilion, Studio Ossidiana, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

10. Under the Carpet di Adrien Tirtiaux (Belgio)

Il dottor Joseph Sebrechts (1885-1948), professore all'università di Lovanio e padre di otto figli, ideò sin dagli anni Venti l'anestesia epidurale del midollo spinale, oltre a una serie di miglioramenti delle tecniche chirurgiche per i polmoni, lo stomaco e l'intestino, tanto che nelle Fiandre occidentali il termine "Zeebrechten" diventò sinonimo di "chirurgia". A Bruges già a 27 anni era primario della chirurgia del Sint-Janshopitaal, l'ospedale di San Giovanni. Come presidente della Croce Rossa belga ebbe occasione di collaborare con una giovane crocerossina inglese, la principessa Elizabeth di York, futura regina Elisabetta II d'Inghilterra, che lo onorò del titolo di "primus inter pares". Sebrechts dunque è stata una figura leggendaria della storia della medicina: quando morì, a soli 63 anni, era ritenuto il più illustre cittadino di Bruges, al suo funerale in cattedrale c'era tutta la città e l'orologio della Minnewaterkliniek da allora è stato fermato sull'ora del suo trapasso. 

Proprio Sebrechts concepì la strada diretta che dal 1938 per quasi 40 anni ha consentito un collegamento rapido tra l'ospedale di San Giovanni e la Minnewaterkliniek, con un viadotto sopra le casette di Wevershof e un tunnel sotto l'ingresso della clinica. Con l'ammodernamento del sistema sanitario, la strada nel 1976 diventò inutile: alcune parti furono demolite, di altre si impadronì la natura. Il belga Adrien Tirtiaux, quasi come un archeologo, ha riportato alla luce un tratto di strada rimuovendo lo strato di muschio che la ricopriva o trasformandone il tappeto con tre diversi interventi scultorei, fra canali, stagni, garage, casette private. Una piccola piattaforma consente ai passanti di guardare, dall'alto del marciapiede lungo la "Prof. Dr. J. Sebrechtstraat", il frammento di strada rivelato. E di farsi qualche domanda su che cosa sia un patrimonio cittadino degno di essere conservato e ricordato.

Under the Carpet, Adrien Tirtiaux, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Under the Carpet, Adrien Tirtiaux, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

11.  The Joyful Apocalypse dello studio Traumnovelle (Belgio)

Qui, per una volta, siamo nel cuore della Bruges più nota e visitata, una delle due piazze iconiche della città, dal Duecento suo epicentro commerciale: è il Markt, la piazza del mercato, circondata da grandiosi palazzi e dominata dalla Torre Civica, con i suoi 83 metri di altezza e i 366 gradini da salire. Anche proprio sotto la Torre però ci può essere un angolo meno visto, meno visitato, meno utilizzato. È il grande cortile duecentesco delle Stadshallen, un tempo brulicante di mercanti e di acquirenti, oggi un luogo di passaggio che nonostante la posizione centrale negli ultimi decenni è stato utilizzato solo sporadicamente. Lo studio di architettura Traumnovelle di Bruxelles, che in dieci anni si è segnalato per interventi assai militanti, ha ridefinito questo grande spazio riempiendolo con tre piani di impalcature in tubi che, ricoperte di bianchi teli svolazzanti, trasformano il cortile in una sorta di palcoscenico. I visitatori sono invitati a salire, a passeggiare a nove metri dal suolo, a osservare quanto accade sopra e sotto.

The Joyful Apocalypse, Traumnovelle, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
The Joyful Apocalypse, Traumnovelle, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

12. Grains of Paradise di Sumayya Vally (Sudafrica)

Lo specchio d'acqua del Minnewater, il Lago dell'amore, con le sue chiuse è un miracolo medievale di ingegneria idraulica. Oggi è ritenuto l'angolo più romantico di Bruges, dove gli innamorati si fermano sul ponte a contemplare l'acqua e poi si avviano mano nella mano lungo il parco che circonda il lago, forse ignari che fino a metà del Novecento le donne di Bruges stendevano sul suo prato la biancheria appena lavata. Vicino al ponte si erge la Poertoren, una torre difensiva del 1397 in mattoni usata un tempo come deposito di polvere da sparo. E proprio sotto il Minnewaterbrug la 34enne sudafricana Sumayya Vally, che tre anni fu inserita fra i leader del futuro nella TIME100 Next list (è stata l'architetto più giovane mai incaricato di progettare il padiglione annuale della Serpentine Gallery a Londra), ha ormeggiato una decina di canoe cariche di erbe e spezie, disposte una accanto all'altra come policromi giardini galleggianti. Rievocano la storia e la vocazione commerciale di Bruges, l'epoca in cui il Minnewater era percorso da chiatte di merci? Certo. Ma sono anche un colorato omaggio alla ricchezza di cui il colonialismo ha spesso spogliato l'Africa: fra le spezie imbarcate c'è il raro pepe melegueta (Afromomum legueta) che veniva importato dal Golfo di Guinea, dove era noto come "grani del paradiso" per il suo sapore e le qualità medicinali. 

Grains of Paradise, Sumayya Vally, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin
Grains of Paradise, Sumayya Vally, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

INFORMAZIONI

INFORMAZIONI
Siti web Visit Bruges (in italiano) e Triennale di Bruges (in inglese e olandese). La visita a tutte le installazioni è libera e gratuita. Mappa di tutte le installazioni. Visite guidate alla Triennale a piedi o in bicicletta.
- Sito web Rebel Garden (in inglese).
- Sito web VisitFlanders - Ente del turismo delle Fiandre (in italiano).

IN BICICLETTA

Scopri come esplorare Bruges e i suoi dintorni in bicicletta! A questo link e a questo link trovi due semplici itinerari di 58 e 55 km, completi di traccia gpx, che ti portano a scoprire gli antichi porti scomparsi e i castelli nei dintorni della città. I percorsi fanno parte dei “Flanders’ Finest”, itinerari ciclabili nelle Fiandre adatti a tutte le gambe e a tutte le età. Un modo ideale e sostenibile per visitare la regione tra arte, natura e cultura.