Guadagnini, parlando del programma (fino al 17 giugno), ha sottolineato anche che “vuole dare traccia dell’attenzione di Fotografia Europea non soltanto per la fotografia ma per l’immagine in senso lato”. Un altro aspetto importante per capire il festival, dove si trovano dunque contaminazioni di diverso tipo: per esempio il progetto In/finito di Toni Thorimbert a Palazzo da Mosto, che mette in parallelo la fotografia con l'immagine effimera per eccellenza, la danza. O ancora le riprese video di otto webcam puntate su specchi d’acqua nel progetto di Mishka Henner “Seven seas and a river” alla Banca d’Italia.
Abbiamo visitato alcune delle 13 mostre in programma a Fotografia Europea 2018. Ecco qualche nota per capire quale visitare in una giornata a Reggio Emilia.
Qui l'enfasi è posta su tutte le rivoluzioni che hanno caratterizzato gli anni Sessanta, con voluta riflessione sulla sfera personale che in qualche modo in quegli anni era diventata politica. Una mostra pop, volutamente poco fotografica e molto cartacea: sono esposti libri, locandine di film, poster, le prime confezioni di pillole anticoncezionali... c'è anche una sezione video vietata ai minori. Divertente, ironica; probabilmente non adatta a chi cerca la fotografia in senso stretto.
Uno dei grandi maestri della fotografia italiana entra in luoghi carichi di suggestione con alcune delle serie più note, tra cui quella sulle rovine di Palmira e Leptis Magna e quella su Pasolini. E' la mostra che ha convinto meno: le fotografie sono ovviamente bellissime, forse non ci abbiamo visto "rivoluzioni" se non a livello di cultura fotografica. Insomma, poche emozioni rispetto alle altre. Ma si parla di gusti personali.
Una mostra molto bella, ampia e articolata, impegnativa in termini di tempo da dedicarci. Racconta non tanto della rivoluzione del 1979 e delle rivoluzioni che si sono susseguite quanto dell’evoluzione dell’Iran sia in termini di storia del Paese (l'accento è in particolare sull’urbanizzazione) sia in termini di cultura fotografica. È un'esposizione abbastanza tradizionale, con una introduzione cronologica che ripercorre l’evoluzione dell’immagine fotografica, una sezione “sul presente” con fotografie dell’Iran di Walter Niedermayr e una sezione “del futuro” con fotografie degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Teheran. Molto interessante per esempio la serie “Listen”, con fotografie di donne mentre cantano: in Iran cantare è proibito per le donne, ma con la fotografia in qualche modo si “rende possibile” questo fatto proibito.
Un esperimento riuscito, quello della contrapposizione tra fotografia e danza in collaborazione con Fondazione Nazionale della Danza/ Aterballetto e Fondazione Palazzo Magnani. Esposte in Palazzo da Mosto sono foto di performance eseguite in spazi suggestivi della città (colonnato del Teatro Municipale Valli, sala Planisfero della Biblioteca Panizzi, sala Vallisneri dei Musei Civici, sottopassaggio della Stazione Centrale, vicolo delle Rose); in contemporanea i danzatori rieseguono nella cornice delle sale espositive le stesse performance. Ci si siede per terra, accomodandosi su cuscini, per cinque minuti: lo spazio è intimo e ristretto e i ballerini arrivano molto vicino agli spettatori quando danzano. Ci è piaciuto molto.
Retrospettiva omaggio a Joel Meyerowitz, uno dei maestri della fotografia che ha introdotto il colore. È una mostra abbastanza raccolta: molte immagini si conoscono già, ma non mancano mai di affascinare. Un grande classico.
Poche fotografie molto belle, in grande formato, inserite in uno spazio bellissimo che le valorizza molto. Ci si passano dieci minuti, non di più: ma ne vale la pena, l'impatto visivo è forte e le immagini sulla Cina che cambia molto ben realizzate.
Una mostra molto curiosa, interessante, realizzata con materiale d’archivio. Ripercorre l’evoluzione del fotoromanzo, che nasce nel 1947 e pochi anni dopo la nascita viene utilizzato da opposti schieramenti politici per propaganda (es. “Noi donne” del PCI o “Famiglia cristiana” delle Edizioni Paoline). Focus della mostra è un soggetto minore, "Nessuna colpa" del 1961 di Zavattini per la rivista Bolero Film, di cui è stato trovato il dattiloscritto nell’archivio della Biblioteca Panizzi di Reggio. In mostra anche schermi che mostrano il sequel “Nessuna colpa” pensato per i social e in particolare per Instagram. Si può creare il proprio fotoromanzo utilizzando materiale e lucidi forniti dallo Spazio Gerra e c’è un corner di ambientazione in cui sfogliare i fotoromanzi (si è seduti in poltrona sotto un casco da parrucchiere!).
Una videoinstallazione con riprese in streaming di otto webcam: ognuna è puntata su uno specchio d’acqua, che viene presentato come un mare misterioso e inquietante.
Tra le mostre che non abbiamo visto, il progetto artistico di Clément Cogitore allo Spazio San Rocco, titolato "Braguino o la comunità impossibile": vita complicata di due famiglie nella taiga siberiana. E poi, l'omaggio a Lorenzo Tricoli nella liberty Villa Zironi; le tre mostre al nuovo Spazio U30Cinque in piazza Scapinelli; i cinque progetti allo spazio di Via Secchi 11.
INFORMAZIONI
Rivoluzioni. Ribellioni, cambiamenti, utopie
Festival promosso e organizzato dalla Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia e Regione Emilia Romagna
Biglietto unico per tutte le mostre; biglietterie alla Banca d'Italia e a Palazzo Magnani.
Orari a seconda delle sedi; la maggior parte, da ven a dom 10-20.