Pare proprio che non ce la stiamo facendo. L'intensivo uso dell'auto e dei viaggi aerei; l'elevato consumo di carne bovina, suina e formaggio; la climatizzazione degli edifici soddisfatta tramite un alto consumo di combustibili fossili ci allontanano enormemente dalla sostenibilità ambientale fissata dall'Accordo sul clima di Parigi,
La decarbonizzazione che servirebbe per non superare la soglia di 1,5°C di riscaldamento globale entro la fine del secolo non si addice lo stile di vita dell'italiano medio, che anzi comporta emissioni otto volte superiori a quelle necessarie per rispettare l'obiettivo climatico.
Lo si legge nero su bianco nell'aggiornamento del rapporto A climate for sufficiency: 1.5-degree lifestyles, appena pubblicato dal gruppo di ricerca berlinese Hot or Cool Institute. Questo, mentre i leader mondiali si preparano a riunirsi dal 10-21 Novembre a Belém, in Brasile, per la Cop 30 delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

LA CLASSIFICA GLOBALE
Nel merito. Basandosi sui dati di 25 paesi, il rapporto fornisce un'analisi completa dei modelli attuali e delle traiettorie future delle impronte di carbonio legate allo stile di vita. I risultati sono chiari: per rimanere in linea con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, le emissioni globali legate allo stile di vita devono diminuire dell'85% entro il 2035.
Per i paesi ad alto reddito, dove i livelli di consumo sono significativamente più elevati, questa cifra è ancora più alta (94%) sottolineando la portata del cambiamento sistemico e comportamentale necessario nel prossimo decennio: "Le crisi climatiche e sociali sono inseparabili, con l'aumento delle emissioni e l'ampliamento delle disuguaglianze che si rafforzano a vicenda", spiega Lewis Akenji, direttore esecutivo dell'Hot or Cool Institute e autore principale del rapporto.
Ma a consumare così tanto e cosi male non siamo ovviamente i soli. Anzi. Lo stile di vita dello statunitense medio supera di 17 volte l'obiettivo climatico di contenere il surriscaldamento globale a +1,5°C, il dato peggiore a livello globale tra i 25 Paesi esaminati; seguono Australia (12 volte) e Canada (11 volte), per poi emergere a pari merito (8 volte) Corea del sud, Italia, Germania e Portogallo, mentre in coda alla classifica spiccano Nigeria (1,4 volte), Kenya (1,7 volte), Indonesia e India (3 volte), con la Cina al 18esimo posto su 25 in classifica (5 volte).

IL PESO DELLE DISUGUAGLIANZE
Di fatto l'impronta di carbonio media dello stile di vita internazionale è più di sette volte superiore all'obiettivo di 1,5°C, e sarà praticamente impossibile raggiungere gli obiettivi climatici del 2035 senza affrontare anche le disuguaglianze e il consumo eccessivo: il rapporto chiarisce come le disuguaglianze sia tra i paesi che all'interno degli stessi stiano alimentando la crisi climatica, e questa disparità si traduce in una responsabilità diseguale per la crisi climatica, poiché il 10% più ricco della popolazione mondiale è responsabile di circa il 50% dei gas che causano il riscaldamento climatico attraverso i propri investimenti e consumi.
«Il bilancio di carbonio rimanente è ora così ridotto che i governi nazionali di tutto il mondo si troveranno di fronte a una scelta difficile: concentrarsi sul soddisfacimento dei bisogni della società o affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici, a meno che non vengano adottate misure drastiche con urgenza – argomenta Akenji -.

I COSTI PER L'ITALIA SONO ELEVATISSIMI
L'inazione non è un'opzione, e soprattutto non è a costo zero. Secondo i dati messi recentemente in fila dall'Agenzia europea dell'ambiente (Eea), soltanto gli eventi meteo estremi sono costati già alla sola Italia, nel periodo 1980-2023, 135 miliardi di euro, insieme a 38mila morti dal 1993. Come insegna uno dei fondatori dell'economia ecologica, Karl William Kapp, ci troviamo oggi a scegliere se minimizzare la sofferenza dei molti o a massimizzare il piacere - e i profitti - di pochi.
Ogni ulteriore incremento superiore all'1,5°C aumenta il rischio di conseguenze dannose e irreversibili. I governi devono impegnarsi con urgenza a tornare alla soglia di 1,5°C, con piani concreti, verificabili e vincolanti dal punto di vista giuridico, che includano riduzioni delle immissioni obbligatorie per le imprese. Dato che il pianeta è destinato a superare una soglia critica di riscaldamento, sono necessarie misure più radicali di quelle attuate finora per garantire un futuro equo, sicuro e prospero per tutti entro la soglia di 1,5°C.

LE SOLUZIONI, NON SOLO RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE
Oltre a un passaggio globale a uno stile di vita meno impattante, il rapporto raccomanda anche un rapido sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio e riforme sistemiche. Le raccomandazioni chiave includono l'attuazione degli Stati di imposte progressive coordinate a livello globale e limiti alla ricchezza per affrontare il consumo eccessivo e la disuguaglianza,
L'obiettivo è affrontare il consumo eccessivo (spesso concentrato nelle fasce più abbienti) e la disuguaglianza attraverso meccanismi fiscali che distribuiscano meglio la ricchezza e scoraggino l'eccesso. Si tratta infatti di mettere in campo un cambio rotta a livello sociale, e dunque politico, perché modificare gli stili di vita è essenziale, ma per essere efficace la responsabilità non può ricadere sulle spalle dei singoli. Il treno della crisi climatica è in corsa, arrestarlo pare impossibile, ma frenare è ancora una opzione che ci coinvolge tutti, come comunità e soprattutto come individui.

PROVE TECNICHE DI ESTINZIONE
«Girare la testa dall'altra parte non ha senso. I problemi non spariscono se non li si considera. Le risorse stanno finendo, i sapiens sono distratti ma il compito di noi scienziati è continuare a parlare, ricercare, scrivere di cambiamento climatico, inquinamento e altre emergenze che stanno mettendo il nostro pianeta in serio pericolo».
Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico, consigliere TCI, autore e conduttore televisivo del programma Sapiens-Un solo pianeta in onda su RaiTre, non è abituato ai giri di parole e sa che le emergenze sono un tema dirimente della contemporaneità, come racconta nel nuovo libro Prove tecniche di estinzione. Istruzioni per salvare il salvabile edito da Touring Club Italiano.
