Ogni anno vengono prodotte più di 400 milioni di tonnellate di plastica. Molti prodotti in plastica sono monouso, difficili da riciclare e possono rimanere nell'ambiente per decenni o secoli, spesso frammentandosi in oggetti più piccoli. Alcune plastiche contengono additivi chimici potenzialmente dannosi che potrebbero rappresentare una minaccia per la salute umana, in particolare se bruciati all'aperto. 

A mettere ordine sul tema della produzione mondiale di plastica è “A local-to-global emissions inventory of macroplastic pollution", uno studio pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Nature.

Joshua Cottom, Ed Cook e Costas Velis della School of Civil Engineering dell’università di Leeds hanno utilizzato l'intelligenza artificiale per valutare l’impatto dei rifiuti in oltre 50.000 Comuni in tutto il mondo, arrivando a stimare quanti rifiuti sono stati prodotti a livello globale nel 2020 e in che modo sono stati smaltiti. 

Sono gli stessi ricercatori a definire la pubblicazione “il primo inventario globale dell'inquinamento da plastica paragonabile a quelle delle emissioni per il cambiamento climatico”. Una base scientifica che gli stessi ricercatori vorrebbero venisse utilizzata per elaborare piani di gestione dei rifiuti, recupero delle risorse e più ampi piani di economia circolare.

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Lo studio ha calcolato che nel 2020 sono finite nell'ambiente ben 52 milioni di tonnellate di prodotti in plastica e che oltre due terzi dell'inquinamento da plastica del pianeta deriva da rifiuti non raccolti, con circa 1,2 miliardi di persone (il 15% della popolazione mondiale) che vivono senza accesso ai servizi di raccolta dei rifiuti.

I risultati mostrano anche che nel 2020 circa 30 milioni di tonnellate di plastica, pari al 57% di tutto l'inquinamento da plastica, sono state bruciate nelle case, nelle strade e nelle discariche, senza alcun controllo ambientale. I ricercatori ricordano anche che bruciare la plastica comporta minacce "sostanziali" per la salute umana, tra cui difetti neurologici, riproduttivi e alla nascita.

I ricercatori ritengono che lo studio dimostri che “l'accesso alla raccolta dei rifiuti dovrebbe essere considerato una necessità fondamentale e un aspetto essenziale dei servizi igienico-sanitari, insieme ai servizi idrici e fognari e che i rifiuti non raccolti rappresentano la principale fonte di inquinamento da plastica.

Ritengono anche indispensabile la nascita di un nuovo, ambizioso e legalmente vincolante "Trattato sulla plastica" globale, per affrontare le fonti di inquinamento da plastica basandosi sulle indicazioni pubblicate recentemente dall’United Nations environment programme.

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NEL SUD DEL MONDO C’È MENO PLASTICA, MA NON SI RICICLA

Quali sono i nuovi centri nevralgici di inquinamento da plastica? Stando alla ricerca, nel 2020, i Paesi più inquinanti erano l’India con 9,3 milioni di tonnellate, circa un quinto della quantità totale; la Nigeria con 3,5 milioni di tonnellate; e l’Indonesia con 3,4 milioni di tonnellate. La Cina, precedentemente indicata come la peggiore, è ora al quarto posto, con 2,8 milioni di tonnellate, un risultato ottenuto migliorando la raccolta e il trattamento dei rifiuti negli ultimi anni.

I Paesi a basso e medio reddito hanno una produzione di rifiuti di plastica molto più bassa di quelli sviluppati, ma una grande percentuale di questi rifiuti non viene raccolta o smaltita in discariche. «L'India emerge come il maggiore contributore perché ha una popolazione numerosa, circa 1,4 miliardi, e gran parte dei suoi rifiuti non viene raccolta - spiegano all’università di Leeds -. Il contrasto tra le emissioni di rifiuti di plastica del Nord e del Sud del mondo è netto. Nonostante l'elevato consumo di plastica, l'inquinamento da macroplastiche, ovvero l'inquinamento da oggetti di plastica più grandi di 5 millimetri, è un problema relativamente piccolo nel Nord del mondo, poiché i sistemi di gestione dei rifiuti funzionano in modo completo. Lì, è l'abbandono di rifiuti è la causa principale dell'inquinamento da macro plastiche». 

I ricercatori temono che l’Africa subsahariana potrebbe diventare la principale fonte di inquinamento nel mondo, perché molti dei suoi Paesi registrato un veloce incremento demografico e hanno una cattiva gestione dei rifiuti. Anche se i Paesi dell'Africa subsahariana hanno bassi livelli di inquinamento da plastica, se considerati su base pro capite diventano degli “hot-spot”, con una media di 12 kg di inquinamento da plastica a persona all'anno, equivalenti a oltre 400 bottiglie di plastica. Per fare un paragone, il Regno Unito ha attualmente l'equivalente pro capite di meno di 3 bottiglie di plastica a persona all'anno

Cook, esperto di economia circolare, conclude: «In passato i decisori politici hanno faticato ad affrontare questo problema, in parte a causa della scarsità di dati di buona qualità. Ci auguriamo che il nostro dataset dettagliato su scala locale aiuti i decisori ad allocare le scarse risorse per affrontare in modo efficiente l'inquinamento da plastica». 

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A GINEVRA PER LA FIRMA DEL PRIMO TRATTATO SULL’INQUINAMENTO DA PLASTICA

In attesa che qualcuno raccolga il messaggio in bottiglia lanciato dai ricercatori di Leeds, i negoziati della commissione negoziale intergovernativa sull’inquinamento da plastica, che si sono svolti a Busan, in Corea del Sud, lo scorso dicembre, si sono conclusi senza un accordo. Il primo mandato per sviluppare uno “strumento internazionale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, anche nell’ambiente marino” risale a marzo 2022, a seguito di una Risoluzione (5/14) approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEA-5.2).

L’obiettivo è definire le regole globali per la progettazione, la produzione di plastica, in particolare dei polimeri – materiali grezzi derivati da combustibili fossili – e quelle per la dismissione della plastica e delle sostanze chimiche nocive.

Sul sito di Internazionale, riportando come fonte il Korea Times, si afferma come la Cina, il più grande produttore di plastica al mondo, abbia adottato durante gli ultimi negoziati una posizione più lungimirante del previsto. Ma i paesi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita e la Russia, si sono opposti a qualsiasi regolamentazione della produzione.

L’appuntamento per il prossimo negoziato sulla plastica è stato fissato il 5 agosto, a Ginevra. Lo fa sapere il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme – UNEP).