Il Giro d'Italia, tappa 20, la partenza ad Alba - foto LaPresse
Il Giro d'Italia, tappa 20 - foto LaPresse
La ghironda è uno strumento bellissimo: ha la forma di una piccola nave panciuta. Infatti, grazie alla ghironda, i suonatori di queste valli viaggiavano per trovare lavoro e fortuna. La ghironda infatti è stata, fino alla metà del secolo scorso, il principale strumento dei musici vagabondi. Talvolta a suonarla erano mendicanti ciechi e infatti un altro nome dello strumento è “viola da orbi”. Nel medioevo giullari e menestrelli accompagnavano col suono della ghironda la narrazione delle chansons de geste, che raccontavano delle imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini. A ben vedere il ciclismo è lo sport che, da sempre, si avvicina di più all’epopea popolare dell’epica medievale, storie che si tramandano per racconto orale da generazioni e generazioni.
La ghironda - foto Getty Images
Il finale della tappa di oggi ha tenuto fede a questa similitudine. Come molti avevano previsto, sulle rampe del Sestriere si è consumato un appassionante duello tra due giovani pretendenti alla vittoria finale. Da un lato Jai Hindley, australiano, venticinque anni, secondo in classifica alle spalle, per soli 12’, del compagno di squadra Wilco Keldermann, la maglia rosa; dall’altro, Tao Geoghegan Hart, inglese, venticinque anni, terzo in classifica e staccato di soli 3 secondi.
Il Giro d'Italia, tappa 20 - foto LaPresse
Ai tentativi di accelerazione dell’australiano, preoccupato a incrementare l’esiguo vantaggio sull’avversario, più forte, almeno sulla carta, nella cronometro finale di Milano, il britannico ha risposto con successo. Ed è così che i duellanti si sono presentati appaiati fino a pochi metri dal traguardo di Sestriere, in un luminoso pomeriggio di fine ottobre, la grande conca aperta del passo ad abbracciarli con i caldi colori dell’autunno. Con un minimo scarto Geoghegan Hart ha vinto su Hindley e con un minimo scarto, meno di un secondo – il più breve distacco mai registrato alla vigilia di una tappa finale del Giro tra i primi due concorrenti – Hindley ha indossato la maglia rosa. Nella “bolla tecnica” di questo Giro d’Italia 2020 Jai e Tao hanno corso da campioni. Il futuro dirà quale davvero sia la loro caratura in altri, forse più probanti, confronti. Ma il valore e il coraggio che in queste ultime tappe hanno mostrato è stata una delle cose più belle che resterà di questo Giro.
Il Giro d'Italia, tappa 20 - L'arrivo di Tao Geoghegan Hart e Jai Hindley a Sestriere - foto LaPresse
La corsa verrà decisa dalla cronometro di oggi, i 15,7 km da Cernusco sul Naviglio in piazza del Duomo. Nel finale più incerto della storia del Giro, dopo aver percorso più di 3480 km, Jai & Tao sono ancora appaiati come alla partenza di Palermo e oggi se la giocheranno all’ultimo respiro in una specie di “cronofinish”. Se avrà la meglio Hindley diventerà il vincitore di un Giro nato a maggior distanza da Milano: Perth, nell’Australia sud-occidentale, dista in linea d’aria da piazza del Duomo, presa a baricentro della storia della Corsa rosa, a oltre 13.550 km, molti di più di dei 10.600 km che separano Milano da El Carmelo, sobborgo di Tulcan, Ecuador, paese natale di Richard Carapaz che, a oggi, è il nome più esotico dell’albo d’oro. E, di conseguenza, sarà anche di gran lunga il vincitore rosa nato alla latitudine più a sud, dopo Chris Froome, britannico di nazionalità ma nato a Nairobi, in Kenya: 31°57’08 di Perth contro 1°17’11 S di Nairobi. Sempre se dovesse vincere l’australiano, succederebbe quello che accade ormai da quattro edizioni di fila: il primo in classifica sarebbe anche il primo della sua nazione a vincere il Giro. Nel 2017 è accaduto all’olandese Dumoulin, nel 2018 al britannico Froome e l’anno scorso, come abbiamo detto prima, all’ecuadoriano Carapaz. Hindley sarebbe il primo australiano a salire sul gradino più alto del podio rosa.
Se la vittoria arridesse a Tao Geoghegan Hart sarebbe il primo vincitore con un doppio cognome. O, perlomeno, sarebbe il secondo se non avessero convinto Franco Balmamion, vincitore di due edizione del Giro, nel 1962 e nel 1963, ancora quando era un ciclista di belle speranze, a cambiare il cognome Balma Mion in una sola parola. Una leggenda dice che fu la madre, che non voleva che corresse in bicicletta, a strappargli il tesserino e lui a reincollarselo in modo che Balmamion fosse una sola parola, meno complicata, così gli avevano detto “gli esperti”, da mandare a memoria se voleva diventare famoso. In effetti anche Geoghegan Hart si piazzerebbe bene nella classifica dei “nomi e cognomi lunghi” dell’albo d’oro del Giro: con le sue 16 lettere andrebbe sul podio, alle spalle di Costante Girardengo (18 lettere) e Giovanni Battaglin (17), a pari merito con Vasco Bergamaschi. Non ci sarebbe partita invece a considerare la brevità del solo nome: Tao affiancherebbe Tom Dumoulin nella lizza dei campioni dal nome monosillabo.
Non ci resta che aspettare oggi pomeriggio. A meno di clamorosi colpi di scena dalla sfida all’ultimo secondo tra Jai e Tao uscirà il vincitore.
In occasione del Giro d'Italia, per tutto il mese di ottobre il volume Touring "Il Giro dei Giri" è scontato del 40% per i soci Touring.