Giro d'Italia, tappa 18. Foto LaPresse
Ma la bellezza non è finita qui. Da Isolaccia, in Valdidentro, la strada sale ancora, per altri 21 tornanti, alle Torri di Fraele, che da sei secoli stanno a guardia della valle, e da qui agli azzurri laghi artificiali di Cancano. Era la prima volta che il Giro tagliava qui il suo traguardo. Ed è stata una splendida rivelazione. Dallo Stelvio a Cancano le salite erano punteggiate da appassionati “attivi”, vale a dire, quasi tutti in bicicletta: nonostante le pendenze e la stagione. Amoroso tributo a uno sport che sa, come pochi, identificare atleti e appassionati.
Tanta devozione è stata ricambiata, non solo dalle bellezze naturali, ma finalmente dalla bellezza agonistica. La corsa è “esplosa” sui tornanti dello Stelvio e ha sciorinato i più classici ingredienti della narrazione cicloromanzesca. L’attacco alla maglia rosa dei principali pretendenti; il giovane portoghese Almeida che perde presto il passo degli attaccanti ma che tenacemente non naufraga e contiene il ritardo con un’intelligenza di un veterano. La tattica non sempre chiara della Sunweb, che manda all’attacco il luogotenente, l’australiano Jai Hindley, mentre il secondo in classifica, l’olandese Keldermann deve fare tutto da solo. Keldermann tiene bene nella discesa, ma forse prende freddo togliendosi la mantellina, e sulla salita delle Torri di Fraele corre sempre al limite della resa. Davanti, due giovani leoni, Hindley, l’australiano, e il combattivo inglese, ma discendente – come abbiamo visto – da mitici eroi gaelici – Tao Geoghegan Hart. Dietro, la dignitosa resa dei vecchi lupi del gruppo, Fuglslang, Majka ma soprattutto Vincenzo Nibali che, pur con grande dignità, vede oggi forse calare il sipario sulle sue ambizioni di vittoria finale.
Una corsa all’ultimo sprint: alla fine, a Cancano, vince Jai su Tao, campioni monosillabi; Keldermann conquista la maglia rosa – “Here comes the Sunweb. And it’s allright” – , ma ha solo pochi secondi di vantaggio sull’incalzante compagno di squadra e sul minaccioso gaelico. Poco più indietro, a 1 minuto e 20 secondi, un tostissimo basco, Pello Bilbao. Finale di Giro più incerto, nelle prossime tre tappe, non si sarebbe potuto prevedere fino a ieri. Tutto si deciderà probabilmente tra la tripla salita al Sestriere di sabato e la cronometro di Milano.
Oggi allora porto con me la leggerezza di Luigi Malabrocca, quella “rivoluzionaria” di Gianni Rodari, che coetaneo della Maglia Nera, oggi compirebbe cento anni, e quella di un signore che, sarebbe bello, potessimo incontrare al traguardo.
Oggi sulla strada da Morbegno ad Asti
infilo doppi calzini: speriamo che basti.
Fuori piove, è un mondo freddo,
e non ho neanche un accappatoio azzurro.
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