L'unica cosa certa è che davanti a certe architetture è difficile rimanere impassibili. Poi, se esprime ammirazione o sdegno dipende molto dai gusti personali: c'è a chi tutto quel cemento dalle forme ardite piace e chi invece lo considera un aborto dell'architettura contemporanea.
Quale che sia il giudizio estetico all'Architekturzentrum di Vienna hanno deciso di riscoprire le storia del Modernismo sovietico dedicandogli una grande mostra (Soviet Modernism 1955-1991: Unknown Stories) che rimarrà aperta fino a fine febbraio. Una mostra che racconta il lavoro degli architetti di Stato che hanno cambiato il volto dell'Urss dal 1955 alla sua caduta. Da quando cioè andò in soffitta l'architettura classicista socialista cara a Stalin (il cosiddetto stile a torta nuziale che caratterizza i palazzi della cultura moscoviti) e si passò a un modernismo socialista.
L'esposizione raccoglie immagini, disegni, film che documentano l'attivismo edilizio dell'Unione Sovietica concentrandosi su tutti i territori periferici dell'Urss escudendo di proposito Mosca e San Pietroburgo. Ci si muove così in un universo di frontiera in cui spuntano le immaginifiche cupole del bazar a Baku, immense piscine di Tbilisi, austeri musei di Biskhek, vanagloriosi monumenti di Kiev, epici sanatori di Yalta, gigantesche piazze vuote a Thaskhent, tutto un insieme di realizzazioni monumentali che punteggiamo il paesaggio delle ex repubbliche sovietiche. Un paesaggio urbano che oggi al viaggiatore si presenta il più delle volte trascurato quando non decisamente degradato. E la mostra del Architekturzentrum viennese è pensata anche per denunciare lo stato di incuria, quando non di completo abbandono, in cui versano molti dei palazzi di cui si parla.
Un buon motivo per andare a vederli prima che sia troppo tardi.
Info: www.azw.at
Un video (in tedesco, con sottotitoli in inglese) che presenta la mostra.