- Tappa 1. Palermo, un giovane "sciatore" e la via delle bici
- Tappa 2. Agrigento, il "settimo cielo" di Ulissi e la bici del giovane Camilleri
- Tappa 3. Da Enna all'Etna, tra vecchi e nuovi miti
- Tappa 4. Sotto il vulcano a Catania e un formaggio da far rotolare
- Tappa 5. Storie di Calabria, storie di Sila
- Tappa 6. Tra i borghi di Calabria e Basilicata, fino a Matera
- Tappa 7. In Puglia lungo l'Appia, fino a Brindisi
- Tappa 8. Il riscatto di Dowsett e la luce del Gargano
- Tappa 9. Tra le montagne d'Abruzzo
- Tappa 10. Lo stile di Sagan, le vigne d'Abruzzo
- Tappa 11. Tra Marche e Romagna, sulle orme di artigiani straordinari e del Maestro Fellini
- Tappa 12. Poesie, mitici bar e ancora Ecuador sulle colline intorno a Cesenatico
- Tappa 20. L'arrivo al Sestriere e l'appassionante volata per la vittoria finale
- Tappa 21. L'ultima tappa: il trionfo di Tao Geoghegan Hart, l'inglese dal nome impossibile
Nel numero del febbraio del 1909, sulle pagine della Rivista mensile del Touring Club Italiano, appariva un articolo dal titolo Come si arrivò al Giro d’Italia in bicicletta. L’autore era il giornalista Eugenio Camillo Costamagna. Tredici anni prima, nell’aprile del 1896, Costamagna, cuneese di San Michele Mondovì, aveva fondato a Milano, insieme a un altro piemontese, l’alessandrino Eliso Rivera, un bisettimanale che pubblicava esclusivamente notizie e cronache sportive: “La Gazzetta dello Sport”. In pochi anni, il foglio periodico milanese si era guadagnato rapidamente l’attenzione e la fiducia di numerosi lettori, sempre più attratti dalle cronache degli eventi delle nuove forme di svago atletico: oltre al ciclismo, il podismo, l’equitazione, il canottaggio, la scherma, il tiro a segno, il tennis...
Giro d'Italia, Rivista mensile del Touring, 1909
Il Touring Club Italiano e “La Gazzetta dello Sport” sono quasi gemelli. Il primo – lo sanno tutti gli amici del TCI, ma conviene ribadirlo per tutti gli altri che lo diventeranno – nasce nel 1894, la seconda, come abbiamo scritto sopra, due anni dopo. Sono affratellati dalla comune vocazione originaria: quella per la bicicletta, che nell’ultimo decennio del XIX secolo si presenta come la rivoluzionaria innovazione tecnologica capace di modificare la percezione spazio-temporale dei movimenti umani. Sport e turismo non hanno ancora diviso le loro strade e la pratica ciclistica è ancora un’esperienza ibrida. Lo fa capire proprio Costamagna in quel febbraio del 1909 scrivendo che: «Il Giro ciclistico d’Italia, bandito per la prossima primavera, sarà l’ultimo e sommo gradino del ciclismo nazionale, l’esperimento spettacoloso sul quale ogni discreto pedalatore potrà stabilire la proporzionale del suo valore come turista».
Cento e passa anni fa, Eugenio Camillo Costamagna, che si firmava (chissà se magniloquentemente o ironicamente) “Magno”, aveva già capito tutto: ovvero che quell’«esperimento spettacoloso» aveva un’importante, seppur «proporzionale» ricaduta sul valore turistico di un territorio, di un Paese. Oggi ormai si può affermare senza tema di smentita che l’andare in bicicletta, dopo oltre mezzo secolo di egemonia della motorizzazione di massa, non è più una pratica minoritaria per romantici sognatori dei “bei tempi andati”, ma è una realtà concreta e diffusa, una pratica che accomuna ambiti diversi e interessi più svariati: dal tema della viabilità sostenibile nelle grandi città e nei loro contesti urbani alle prospettive delle cosiddette new economies, alla tutela ambientale, alla valorizzazione dei comparti turistici, oltre che, ovviamente, alla passione sportiva, sia essa agonistica o amatoriale.
Il Giro d'Italia sulle pagine della rivista del Touring
Dunque seguire il Giro d’Italia, aggregarsi alla variopinta “carovana” che si snoderà per tre settimane lungo il nastro delle strade del nostro paese, dalla partenza di domani, 2 ottobre, da Palermo, all’arrivo a Milano, il 25 ottobre, sarà un'esperienza di narrazione che cercherà di tessere la tela, dalle molte trame, della bicicletta e del ciclismo, così come già lo avevano intuito, a cavallo tra Otto e Novecento, i “padri fondatori” del Touring Club e della “Gazzetta dello Sport”. Le vicende contingenti di questa eccezionale, e per molti aspetti terribile, annata 2020 renderanno l’evento del tutto inconsueto. Innanzitutto per il “cambio di stagione”: quella che Orio Vergani, suiveur e commentatore del Giro per oltre venticinque anni, aveva ribattezzato “la Festa di maggio”, per la prima volta avrà come cornice non più la primavera che corre verso l’estate, ma i colori accesi e cangianti dell’autunno e, forse, col risalire la penisola, i primi rigori portati dalla stagione in cui la luce declina e i giorni si accorciano. E vivrà altre attese, sicuramente meno affollate, date le condizioni imposte dai regolamenti a cui sarà bene attenersi con prudente e responsabile senso civico, ma forse non meno appassionate.
Non sarà di certo il “Giro della Rinascita”, quello che nel 1946 si lasciava alle spalle l’incubo della guerra. Piuttosto quello dell’incertezza e, in qualche modo, dell’inquietudine per quello che è trascorso e quello che ci attende. Ma forse proprio per questo proverà allora a raccontare, sulla strada, negli incontri programmati e in quelli casuali, nelle storie che si vanno a cercare e in quelle che vengono a cercare te, un’Italia diversa, forse cambiata o forse no, che continua ad aspettare, nonostante tutto, il Giro che parte, passa e arriva.
In occasione del Giro d'Italia, per tutto il mese di ottobre il volume Touring "Il Giro dei Giri" è scontato del 40% per i soci Touring.