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Che ne sappiamo noi del Perù, del Perù di oggi intendo? Poco, pochissimo. Qualcuno sa giusto qualcosa della nuova cucina peruviana, del ceviche e dei grandi chef. Qualcuno – pochi invero – si ricorda di Sendero Luminoso. Altri conoscono qualche peruviano perché – soprattutto a Milano – sono tanti, più di quanti si pensa. Ma poi, quando ti dicono che Lima è sul mare e non sulla cima della Ande ancora ti stupisci. Per cui, ammettiamolo, per la maggior parte di noi il Perù è il Paese degli Inca e Macchu Picchu, del lago Titicaca e di Cuzco. Che poi il 70% del territorio del Paese sia coperto della foresta amazzonica e abitato da popolazioni indigene che hanno resisto agli spagnoli è un dettaglio che oggettivamente si ignora.
A colmare il vuoto di sapere sul Perù contemporaneo arriva adesso un libro di reportage narrativi del giornalista peruviano Joseph Zárate. Si intitola Guerre interne ed è pubblicato da Gran vìa edizioni, piccola casa editrice di Narni attenta alla realtà editoriale latinoamericana.
Guerre interne si compone di tre lunghi reportage che ruotano intorno a tre materie prime di cui è ricco il Perù: legno, oro e petrolio. Materie prime le cui storie sono intimamente legate alle vicende umane di uomini e donne peruviani appartenenti alle comunità indigene andine che sfidano il potere economico e politico, le mafie dei taglialegna e i vigilantes delle grandi multinazionali e lo fanno per difendere il bosco e le montagne, i fiumi e i pascoli, la terra. La loro terra. Vicende umane che non sono la grande Storia che finisce nei manuali di storia, tutt’al più virgole di un paragrafo veloce, che però grazie a Zárate trovano una voce che gli permette di non sparire senza lasciare traccia.
Anche perché queste persone, che si chiamano Edwin, Máxima, Osman combattono guerre che ufficialmente nessuno chiama guerra. Guerre per la terra e l’identità, per la sopravvivenza e la dignità; guerre che ruotano intorno alle diverse visioni del futuro, dello sviluppo e in definitiva della vita. Perché poi, alla fine, di questo si tratta: dello scontro tra un mondo che vede nel progresso materiale ed economico l’unico credo e un mondo tradizionale, spesso lontano dal concetto stesso di proprietà che lotta per sopravvivere, per non sparire, per non venir sommerso dalla modernità e dai suoi scarti industriali.
Tutto questo Zárate lo racconta molto bene, con una bella scrittura, una capacità di immergersi fisicamente nelle storie che racconta che ricorda la capacità di un bravo etnografo di raccontare quel che studia. Solo che Joseph Zárate è un giornalista: anche se ha passato giorni e settimane a studiare le vicende che racconta, anche se ha incontrato decine di persone per poter vedere la storia da tutte le possibili prospettive, rimane un giornalista che prende un avvenimento più o meno grande e lo rimpicciolisce fino a farlo diventare una storia umana.
Una storia di una cinquantina di pagine, leggibile in un paio d’ore, una storia che ti interessa ad altre storie, ti apre una finestra su di un mondo, quello del Perù contemporaneo di cui nulla sapevi e di cui invece vuoi saper qualcosa di più. Perché ci saranno certo in Perù e altrove nel mondo altri come Edwin Chota che lottano e pagano con la vita la loro lotta contro le multinazionali che saccheggiano la foresta amazzonica disboscando alberi secolari che sarebbero protetti ma che vengono abbattuti lo stesso, tra la connivenza del potere, gli occhi chiusi della polizia, l’arroganza dei contrabbandieri di legname.
Altri come Máxima Acuña Atalaya, che non è alta nemmeno un metro e mezzo eppure si carica sulla schiena pietre per il doppio del suo peso e squarta un montone in mezz’ora. Máxima che vorrebbe solo coltivare il suo campo e allevare i suoi animali e invece si trova a dover lottare contro la compagnia Yanachoca e il suo progetto minerario di aprire la più grande miniera d’oro del Paese, peccato che lo faccia sul terreno di proprietà di Máxima. E allora sono anni di battaglie legali, aggressioni, falsità e umiliazioni che fanno diventare questa donna analfabeta dell’altipiano andino suo malgrado un’eroina ambientalista, mentre lei preferirebbe non dover battagliar e continuare a condurre la sua vita.
Oppure altri ragazzini come Osman Cunachi, che sognano di diventare architetto e possedere uno smartphone, e invece vivono nel cuore della foresta, lungo un fiume inquinato dall’ennesimo sversamento di petrolio di una condotta senza manutenzione. Ragazzini che si ammalano senza saperlo, mentre cercano di raccattare qualche sol raccogliendo il petrolio fuoriuscito con un secchio. E allora meno male che ci sono gli Joseph Zárate che raccolgono le loro storie, le mettono in belle e ce le fanno leggere.
INFORMAZIONI
Joseph Zàrate Guerre Interne, Gran via edizioni, pag. 156, 15 €
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