
Dal 25 al 27 febbraio si sono svolte a Roma le sessioni supplementari della XVI Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (Cop16). Uno dei contributi più interessanti pubblicati sul tema della biodiversità nel nostro Paese è il rapporto di Legambiente: “Natura selvatica a rischio in Italia”, pubblicato proprio in occasione della conferenza romana dell’Onu.
L’associazione ambientalista ha analizzato specie ed ecosistemi che rischiano l’estinzione, con un ulteriore approfondimento dedicato al rischio di perdita del valore economico che comporterebbe la scomparsa di molte di queste specie. Non si può però scendere nel dettaglio della situazione che ci riguarda da vicino, senza definire in sintesi il quadro globale.
Secondo i più recenti dati pubblicati dall’IPBES (LA Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), risultati dalla analisi comparata di molta letteratura scientifica e tecnico-economica internazionale, sono oltre 1 milione le specie animali e vegetali a rischio estinzione, a causa di crisi climatica, attività antropiche, perdita di frammentazione e habitat naturali, inquinamento e specie aliene che accelerano il passo.
Il livello di allarme rosso riguarda anche gli alberi. Più di una specie arborea su tre è inserita nel nuovo aggiornamento delle Liste Rosse dello IUCN, rivelando che almeno 16.425 delle 47.282 specie valutate sono a rischio di estinzione. La perdita di specie e di ecosistemi non risparmia neanche l’Italia. Anzi, il nostro Paese, che in Europa vanta la più grande varietà di animali e piante e specie endemiche, è in grande affanno.

L’ITALIA E LA PERDITA DI SPECIE ED ECOSISTEMI
Ad oggi nella Penisola sono 58 gli ecosistemi naturali italiani a rischio – tra questi 7 sono in pericolo critico di estinzione (CR), 22 in pericolo (EN) e 29 vulnerabili (VE) – segnalati sempre nelle liste rosse IUCN e con una superficie nazionale a rischio pari al 19,6% che corrisponde a quasi la metà di quella coperta dagli ecosistemi naturali (46,3%) in Italia.
La perdita di biodiversità nella Penisola subisce anche gravi ritardi accumulati dalle istituzioni nell’applicare la Strategia Europea per la Biodiversità 2030 (SEB) e nella difficoltà a rendere più incisive le politiche di tutela della natura. La parola d’ordine dovrebbe essere tutelare natura, biodiversità ed ecosistemi, ma la strada è in salita.
A sei anni dal countdown SEB 2030, l’Italia – denuncia Legambiente – non è cresciuta di un solo ettaro la superficie protetta terrestre o marina, non sono aumentate le aree a protezione integrale, né migliorano le azioni per contrastare le specie aliene o il degrado del territorio.

CONTRO LE MAFIE, UN REGISTRO VOLONTARIO DEI CREDITI DI CARBONIO
Preoccupa il mancato avvio, da parte dell’Italia, del registro volontario dei crediti di carbonio nel settore agricolo e forestale, che secondo Legambiente non solo comporta ingenti perdite finanziarie per settori vitali per il nostro Paese, ma genera anche un clima di incertezza e preoccupazione anche per il rischio che, un sistema non chiaramente regolato e controllato da istituzioni pubbliche solide, possa creare un terreno fertile per l’infiltrazione della criminalità organizzata e delle ecomafie, come denunciato dalla Procura nazionale antimafia in una recente audizione alla Camera dei Deputati.
Vale la pena sapere che il registro volontario dei crediti di carbonio è uno strumento che da' conto in modo trasparente delle azioni con cui aziende e privati riducono la loro “impronta di carbonio”. La carbon footprint è invece la misura della quantità di emissioni di gas serra rilasciate nell’atmosfera dalle attività di una persona, un’azienda, una città, uno Stato. Un credito di carbonio è un’unità di misura che rappresenta una tonnellata metrica di CO₂ (tCO₂e) o l’equivalente di un altro gas a effetto serra (GHG) che non è stato emesso nell’atmosfera o che è stato permanentemente catturato e stoccato.
I crediti di carbonio hanno avuto origine dal Protocollo di Kyoto, lo storico accordo firmato nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, segnando un passo cruciale nella lotta globale contro il cambiamento climatico. Questo trattato internazionale impegna 192 paesi a raggiungere obiettivi specifici di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, responsabili del riscaldamento globale. Da allora, i crediti di carbonio sono diventati un elemento centrale nella lotta al riscaldamento globale. L' Accordo di Parigi, adottato nel 2015 durante la COP 21, ne ha ampliato l’utilizzo coinvolgendo tutte le nazioni in un impegno collettivo per ridurre le emissioni.
I crediti sono generati da progetti certificati secondo standard internazionali riconosciuti, come il Verified Carbon Standard (VCS) o il Gold Standard. Oggi, il prezzo dei crediti di carbonio varia significativamente a livello globale, oscillando tra 3 € e 300 €, a seconda del tipo di progetto e della sua localizzazione.
Si comprende quindi meglio come e perché le associazioni criminali abbiano tutto l’interesse a un sistema della quantificazione dei crediti non regolamentato con rigorosa trasparenza.

TUTELARE LA NATURA GENERA VALORE ECONOMICO
Nel suo report Legambiente sottolinea l’importanza del valore economico delle specie e legato ad esempio a impollinazione naturale, stoccaggio di carbonio, pesca e risorse. Stando agli ultimi studi disponibili, gli insetti impollinatori, come api e farfalle, garantiscono la produzione di molte colture agricole, con un valore stimato a livello globale in 235-577 miliardi di dollari ogni anno (IPBES).
Le foreste e gli ecosistemi marini assorbono anidride carbonica, contribuendo a mitigare i cambiamenti climatici. Quantificando il valore economico del contributo al miglioramento climatico attraverso i crediti di carbonio, si è quantificato un mercato globale stimato intorno ai 100 miliardi di dollari (World Bank). Infine, le risorse ittiche garantiscono la sicurezza alimentare e il sostentamento di milioni di persone, con un valore economico stimato intorno ai 150 miliardi di dollari all’anno (FAO).
Ultima nota riguarda l’Ecoturismo, che genera entrate significative, spesso finanziando direttamente la conservazione della natura. Secondo l’organizzazione mondiale del turismo si stima che il 7% del turismo sia legato alla fauna e che cresca del 3% ogni anno.

10 COSE DA FARE SUBITO
Legambiente sottolinea come ogni ritardo e ogni mancato accordo internazionale rappresenti un danno al Pianeta, all’ambiente e alla biodiversità. Concentrandosi sulla situazione italiana, l’associazione ritiene improrogabile: aumentare la protezione del territorio e del mare; adottare soluzioni basate sulla natura per frenare la perdita di biodiversità; garantire la pianificazione e la gestione integrata dei territori protetti; migliorare la conoscenza scientifica e dei fattori di rischio per la natura selvatica; realizzare i Piani di azione e di adattamento contro i cambiamenti climatici; sostenere l’economia della natura per combattere la crisi climatica; migliorare la tutela degli ecosistemi marini e costieri e la fauna acquatica; creare aree rifugio per la fauna e gli ecosistemi a rischio; tutelare il capitale naturale per garantire più servizi ecosistemici; contenere le specie aliene invasive dannose per la biodiversità e le persone.
“Siamo ancora in tempo per invertire la tendenza e proteggere le specie selvatiche – commenta Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità Legambiente –. Serve un impegno globale accompagnato da una seria assunzione di responsabilità da parte dei singoli Stati a partire dall’Italia"

"PROVE TECNICHE DI ESTINZIONE"
«Girare la testa dall'altra parte non ha senso. I problemi non spariscono se non li si considera. Le risorse stanno finendo, i sapiens sono distratti ma il compito di noi scienziati è continuare a parlare, ricercare, scrivere di cambiamento climatico, inquinamento e altre emergenze che stanno mettendo il nostro pianeta in serio pericolo». La voce è quella autorevole e spesso scomoda di Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico, consigliere TCI, autore e conduttore televisivo del programma Sapiens-Un solo pianeta in onda su RaiTre.
A prendere coscienza della crisi ambientale e mettersi in prima linea per affrontarla ci aiuta il nuovo libro di Mario Tozzi Prove tecniche di estinzione. Istruzioni per salvare il salvabile edito da Touring Club Italiano e in libreria dal 4 febbraio.
