
Il finesettimana della festa ufficiale è ormai storia. La strada dello Stelvio in questi giorni ha celebrato i 200 anni di vita: due secoli per il tracciato di valico più alto d’Italia: la celebrazione – con tanto di palco per le autorità – ha visto coinvolti in una sfilata celebrativa circa 250 partecipanti, con bande musicali, cori, suonatori di corni alpini e di corni da caccia, carrozze storiche trainate da cavalli, 150 auto d’epoca (tra cui la storica Fiat 1500 utilizzata dalla RAI per seguire le tappe del Giro d’Italia), soccorritori alpini, sciatori e alpinisti, tra i quali la leggenda dello sci alpino Gustav Thöni.

Ricordato il passaggio chiave di Arno Kompatscher, presidente della provincia di Bolzano (salito al passo in bici) «Oggi non festeggiamo solo una strada che da 200 anni collega l'Alto Adige, la Lombardia e la Svizzera, ma anche una comunità in cui le persone vivono e lavorano insieme oltre i confini; il Passo dello Stelvio è un simbolo di come si possano superare i confini geografici, linguistici e nazionali» è senza dubbio interessante ripercorrere l’evoluzione nel corso degli ultimi due secoli del ruolo dei 48 chilometri di tornanti che collegano Bormio (So) a Prato allo Stelvio (Bz) toccando i 2758 metri di quota.
Il via al progetto della strada dello Stelvio, infatti, fu dato dall’imperatore d’Austria Francesco II nel 1818, che incaricò della realizzazione l’ingegnere italiano Carlo Donegani, noto esperto di strade d’alta quota e che aveva già al suo attivo la costruzione della strada dello Spluga. L’asse dello Stelvio era considerato talmente strategico da Vienna per il controllo dell’allora Lombardia austriaca da stanziare quasi 3 milioni di fiorini per un cantiere durato 63 mesi e che arrivò a occupare oltre 2500 operai. E a sottolineare l’importanza del valico fu la scelta dell’imperial regio governo, fin dall’apertura nel 1825, di far percorrere la strada da un servizio di diligenze attivo tutto l’anno. Uno sforzo titanico, che richiedeva l’impegno di un gran numero di cantonieri e spalatori, oltre che di cavalli con ferrature ad hoc per neve e ghiaccio: basti pensare che oggi, pur con i potenti mezzi meccanici disponibili, il passo resta chiuso in genere da novembre a maggio e il valico resta raggiungibile dal solo versante lombardo.

Fin da subito la strada dello Stelvio, con i suoi 82 tornanti e 6 gallerie, ha rappresentato non solo un capolavoro ingegneristico e un collegamento strategico, ma anche un occasione di competizioni sportive: rovistando negli archivi dell’Automobile Club Austriaco si trovano ancora, per esempio, le locandine dell’Erste Alpenfahrt Trafoi Cortina, “primo viaggio alpino” organizzato nel 1898 per quelle che erano dette Motor-Kutschen, carrozze a motore; la nozione di automobile era ancora di là da venire. E per il mondo del ciclismo la tappa dello Stelvio ha da sempre rappresentato un momento chiave del Giro d’Italia, non a caso associato alla storica scalata di Fausto Coppi nel 1953, tra due muri di neve.

Oggi, dopo alcuni decenni di semi oblio, l’avvento dei social media ha riportato in primo piano la strada del passo dello Stelvio: a percorrerla non sono solo ciclisti come un tempo, ma il diffondersi del mototurismo – in Italia come Oltralpe – porta quotidianamente centinaia di motociclisti (non sempre con mezzi adatti agli stretti tornanti) a cimentarsi con gli oltre 1500 metri dislivello e pendenze che toccano il 12%. Per non parlare degli appassionati di auto ad alte prestazioni, contemporanee, vintage o d’epoca. Di recente persino un club di trattori agricoli d’epoca. Un flusso di visitatori che in stagione assume tali dimensioni da avere spinto il gruppo internazionale specializzato nelle “istantanee di strada” Kanjarfoto a piazzare ben sei fotografi lungo i tornanti del tracciato per ritrarre ciclisti, moto e auto in transito. Ai “reduci dello Stelvio” la sera, stanchi ma felici, basta andare sul sito, scegliere la propria istantanea e con una decina di euro acquistare il souvenir-testimone digitale dell’impresa compiuta.
