Qualcuno dice che più che a un festival assomigla a una riunione di famiglia. Un appuntamento annuale dove si incontrano vecchi amici, si parla di quel che si è visto durante l’anno e si fa mostra orgoglio il proprio “prodotto”. Un po’ come quei lunghi pranzi estivi in campagna dove dopo le vacanze si riuniscono i vari rami di una famiglia, ognuno porta qualcosa di suo e si finisce a notte fonda dopo interminabili discussioni. Ecco Visa pour l’image, il festival che si tiene nella cittadina francese di Perpignano e quest’anno è giunto alla sua ventitreesima edizione, ha un po’ questa atmosfera familiare. Atmosfera che si dilata per due settimane (dal 28 agosto all’11 settembre) interamente dedicate al fotogiornalismo. L’occasione giusta dunque per conoscere, riflettere e fare il punto della situazione sul mondo del fotogiornalismo internazionale.
E c’è davvero bisogno di farlo, il punto: perché tante cose sono cambiate da quando nel primo dopoguerra venne fondata l’agenzia Magnum e per la prima volta si iniziarono a unire in un solo scatto arte e giornalismo. Perché alla fine il fotogiornalismo questo è: scatti che unisco bellezza formale a urgenza documentaria. Capa era solito raccontare che l’agenzia Magnum era nata per la necessità di raccontare una storia. E dunque stimolava Cartier-Bresson a essere meno surrealista e più fotogiornalista. “Non essere agitato, mettiti in movimento”, diceva. Da allora in tanti hanno seguito questa strada, e il festival di Perpignano è il momento per vedere i loro lavori e conoscerli di persona, grazie a un fitto calendario di incontri (pensati soprattutto per i professionisti) e ottime mostre. Ed è anche l’occasione di rivedere il meglio degli scatti dell’anno grazie alle proiezioni che si tengono ogni sera nella piazza di Campo Santo.
Tra le tante meritevoli in cartellone quest’anno segnaliamo: Jonas Bendiksen, che racconta le conseguenze del cambiamento climatico sul Bangladesh, Chien-Chi Chang, con una mostra dedicata allla Birmania; il viaggio di Valerio Bispuri nelle carceri latinoamericane e gli scatti di Yury Kozyrev sulle proteste arabe di questi mesi. Tutte ottime occasioni per ammirare l’arte che sta dietro a ogni fotogramma scattato da questi intrepidi fotogiornalisti. L’arte di catturare un momento, un gesto, l’emozione di un istante, avendo l’accortezza di essere nel posto giusto (che alle volte rischia di diventare anche quello maledettamente sbagliato) nel momento giusto.
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