Non contenti, adesso i cinesi minacciano di sorpassarci nell'unico primato che pensiamo sia nostro per diritto divino: la percentuale di siti tutelati come "patrimonio dell'Umanità" certificati dall'Unesco. Per ora l'Italia ne ha 50, la Cina 47. Ma negli ultimi 5 anni noi ne abbiamo acquisti 5, loro 8. «E per la sessione 2015 la Cina ha presentato due candidature, noi una soltanto: Palermo e l'eredità normanno-araba-bizantina» come racconta al Corriere della Sera Giovanni Puglisi, presidente della commissione italiana per l'Unesco. «Una scelta ineccepibile quella di Palermo, ma al dossier di candidatura mancano molte documentazioni, tra cui l'indicazione dell'ente gestore e l'impegno formale da parte dei vescovi di Palemo, Cefalù e Monreale di non chiudere le cattedrali per motivi di culto» aggiunge Puglisi. Dunque c'è il rischio concreto che a questa sessione la Cina faccia doppietta, arrivando a 49. E l'Italia rimanga ferma a 50. E i dossier di candidatura per il 2016, che devono essere presentati a febbraio, non sono ancora pronti. Il nostro primato è seriamente a rischio.
Certo, si può poi discutere su quanto conti davvero che un monumento sia tutelato come Patrimonio Unesco. È determinante nello spostare le masse dei turisti? Oppure è solo un titolo simbolico? Buono per riempire la bocca dei vari politici di turno che si beano nel dire "che l'Italia è il primo Paese al mondo per Patrimonio cultuale", ma poi non si curano di rendere fruibile e far fruttare turisticamente quel Patrimonio. E anzi, spesso, minacciano quelle stesse località con progetti speculativi di varia natura. Sia come sia, il primato simbolico dei siti Unesco è a rischio. Ma anche i simboli contano.