«In un modo o nell’altro ci prenderemo la Groenlandia». Lo ha detto il Presidente americano Donald Trump all’indomani della sua elezione, e lo ha ribadito in più di una occasione. Con questa spada di Damocle sulla testa martedì 11 marzo i groenlandesi vanno alle urne, rinnovano l’Inatsisartut, il parlamento locale. Ai groenlandesi la questione "americana" interessa relativamente, loro vorrebbero l’indipendenza, o una maggior forma di autonomia. Ma perché all’improvviso la Groenlandia è diventata così importante nello scacchiere geopolitico internazionale?

La Groenlandia e l'Artico. Foto Shutterstock.

«Le dimensioni contano –  spiega Paolo Sellari, professore di geografia alla Sapieza di Roma e direttore del Master in Geopolitica e sicurezza globale –. L’importanza geografica della Groenlandia sta nella sua dimensione: misura circa 2.166.000 km2 ed è l’isola più vasta del pianeta. La parte settentrionale è compresa nello spazio polare del Mar Glaciale Artico ed è pressoché disabitata, mentre quella meridionale, che per gran parte dell’anno ha molti tratti di costa liberi dai ghiacci, è abitata da circa 54mila persone. Altra peculiarità geografica dell’isola è quella di costituire, insieme al blocco continentale Canada-Stati Uniti, gran parte dell’America Settentrionale».

Lo scioglimento dei ghiacci artici rende il mare di fronte alla Groenlandia più navigabile
Lo scioglimento dei ghiacci artici rende il mare di fronte alla Groenlandia più navigabile

GROENLANDIA, TERRITORIO DANESE

Ma intanto rimane territorio danese, con il governo di Copenhagen che non ha nessuna intenzione di cederla. «Da un punto di vista geopolitico la Groenlandia ha due caratteristiche – prosegue Sellari –: dal 1953 è soggetta alla sovranità della Danimarca, nonostante un percorso di progressivo distacco che l’ha portata, nel 2009, a proclamare un’autonomia politica marcata in termini di sicurezza, finanza e affari esteri». 

La Groenlandia ha soprattutto una grande importanza strategia per la sua collocazione nello scacchiere artico, una zona in costante mutamento – fisico e geopolitico – per via del riscaldamento globale che scioglie i ghiacci e rende ampi tratti di mare per la navigazione commerciale. «Con il progressivo scioglimento dei ghiacci polari le latitudini più settentrionali hanno assunto un’assoluta rilevanza geopolitica dovuta all’apertura (per ora potenziale) di nuove rotte marittime artiche che accorcerebbero le distanze tra Asia Orientale e Atlantico e di nuovi spazi per l’esplorazione/estrazione di risorse energetiche tradizionali e terre rare. Questo mix di potenzialità, in parte già espresse, ha determinato la crescita di interesse da parte delle grandi potenze che ritengono il controllo dello spazio artico cruciale nelle dinamiche di potere geopolitico globali». 

LE AMBIZIONI AMERICANE

Così la più grande isola del mondo da tempo fa gola al presidente americano. «Già nel primo mandato della sua presidenza Donald Trump aveva concentrato su di essa l’interesse strategico degli Usa: interesse rafforzatosi dopo l’escalation militare della Russia, fino alle dichiarazioni forti e per molti versi preoccupanti di questo inizio di secondo mandato, sul rilancio di ambizioni americane sull’isola con lo scopo di proteggerne l’integrità minacciata dalla Russia. Il tutto in un quadro strategico in cui gli Usa rischiano di perdere terreno. Controllare la Groenlandia, per gli Stati Uniti significherebbe allora avere un vantaggio determinante nel monitoraggio delle rotte aeree e marittime dell’Artico, oltre a garantire una risposta rapida in caso di conflitto», prosegue il professore.

Kangia, fiordo groenlandese che fa parte del comune di Avannaata. Foto Shutterstock
Kangia, fiordo groenlandese che fa parte del comune di Avannaata. Foto Shutterstock

E non c’è solo la Groenlandia nelle mire di Trump. Assieme all’Artico, al presidente americano interessa affermare il suo controllo su un altro nodo strategico: il canale di Panama, che fisicamente sta in quello che l'America ha sempre considerato il "suo" cortile di casa ed è fondamentale per i traffici americani ed internazionali. Ma questa è un’altra storia.