Sembra impossibile, ma in tempi di crisi, uno dei settori più vivaci è quello che gira intorno all'arte contemporanea che, da bene di lusso, si è trasformato in bene rifugio. Uno dei momenti più importanti per capire questa transizione sono le fiere del settore. Da una parte Art Basel, la più importante nel mondo, dall'altra Artissima, la più rilevante in Italia.
I numeri forse aiutano a rendere l'idea. Art Basel, che si svolge a giugno (edizione 2010 dal 16 al 20) nella città Svizzera e in dicembre a Miami Beach (dal 3 al 6), ha attirato circa 61mila visitatori e 2.800 operatori mediatici. Artissima, che si è appena conclusa a Torino, ha calamitato nei suoi stand al Lingotto 45mila persone in quattro giorni a cui vanno aggiunti i settemila che hanno assistito agli eventi esterni organizzati in cinque teatri cittadini. Alla fiera svizzera erano presenti più di 300 gallerie provenienti da 29 paesi che hanno presentato i lavori di 2.500 artisti. Nel capoluogo piemontese i numeri sono inferiori, ma non di molto: 127 gallerie, 22 Paesi coinvolti, circa mille artisti ospiti. In entrambi i casi, il pubblico non è quello di sempre. Proprio la grande esplosione del fenomeno arte contemporanea negli ultimi anni ha cambiato le carte in tavola notevolmente.
Non solo collezionisti di lunga data, quelli che fin dalla prima edizione di ArtBasel, quaranta anni fa, hanno approfittato dell'occasione per fare affari. Ad aggirarsi tra gli stand, uguali agli stand di molte fiere, ma con la peculiarità di mettere in mostra opere d'arte come in un museo, si scorgono volti nuovi, tipologie diverse di appassionati, tanti curiosi che a volte, con un piccolo investimento, si portano a casa foto, installazioni o video concettuali. Certo, non mancano nemmeno le star. A Basilea l'arrivo di Brad Pitt ha scatenato agitazione tra i galleristi, ma soprattutto tra le loro assistenti. Più sobria Torino con i suoi calciatori che si lasciano consigliare e acquistano senza troppo clamore.
Eppure per il mondo dell'arte e della compravendita non sono solo rose e fiori. La casa d'aste britannica Sotheby's ne sa qualcosa. Nel terzo trimestre del 2009 ha riscontrato un calo del giro d'affari del 41% pari a circa 45 milioni di dollari. Tra le tante motivazioni una fa, allo stesso tempo, drizzare le orecchie e preoccupare il mondo dell'arte. Il calo rispetto allo stesso periodo di un anno fa può essere dipeso anche dal grande evento dedicato alle opere di Damien Hirst che, da solo, aveva totalizzato un volume d'affari di 176 milioni di dollari. L'artista contemporaneo inglese è ormai una pop star dell'arte e catalizza intorno a sé attenzioni fortissime dovute anche alla clamorosità dei suoi lavori (lo squalo in formalina o il teschio di diamanti per esempio). Non tutti i mesi Sotheby's riesce a trovare tanto seguito mediatico, perché, oltre alla contemporaneità, rimane attaccata alla tradizione. E fa bene, perché se perde in mondanità, non perde in qualità. Lo specchietto per le allodole dei collezionisti di primo pelo è quindi evidente. I buchi nell'acqua però non mancano e l'unico modo per evitarli è farsi consigliare o studiare. L'arte contemporanea non passa dal cuore prima di arrivare al portafogli, passa dal cervello.