Di là dall’argine, tra i capannoni, spunta una giostra. Una mezza ruota panoramica bianca. Sarà alta 20 metri buoni. Cosa si vedrà da lassù. Immense distese di pianura, le curve del Po, strade tirate con il righello e campi arati con la livella. Ma cosa ci sta a fare una ruota panoramica nelle campagne di Rovigo?
Anche perché, se ci si avvicina, accanto alla ruota c’è parcheggiato una specie di martello rotante con tutte le lucine bianche e verdi spente. E, più in là, delle grandi case su ruote con tanto di verandina, di quelle che si trovano intorno ai luna park e ai circhi.
Non c’è la festa dell’Unità, e neanche quella del santo patrono, è che siamo arrivati a Bergantino, provincia di Rovigo: 2400 abitanti accoccolati sotto l’argine sinistro del Po all’altezza di una grande ansa, il cuore della produzione italiana, e dunque mondiale, di giostre. Al punto che oggi a Bergantino tutto, o quasi, ruota intorno alle giostre.
Perché le giostre vengono costruite proprio a Bergantino? La risposta si trova al Museo storico della Giostra e dello Spettacolo popolare di Bergantino, allestito all’interno di palazzo Strozzi, giusto in centro paese. Due piani di giostre antiche e moderne, dipinti e fotografie ingiallite e anche no. Inaugurato nel 1999, il museo è il luogo giusto dove apprendere la storia di questo distretto artigianale assai specifico e affascinante.
Un museo costruito pensando soprattutto agli stessi abitanti di Bergantino, per farli riflettere sul loro passato recente e mostrare quanto fatto nel corso dei decenni in modo da non disperdere la memoria di un’impresa così particolare.
Ma andiamo con ordine. C’era una volta un meccanico di biciclette, all’anagrafe Umberto Favalli, che alla fiera di Poggio Rusco vide una diavoleria moderna che faceva divertire grandi e piccoli: era un’autopista, una giostra che funzionava con il meccanismo di trazione di una bicicletta.
Le persone la prendevano d’assalto, pagando moneta sonante per fare un giro. Umberto Favalli era originario di Bergantino, allora terra povera e malarica in cui ci si spaccava la schiena sulla terra e da cui si fuggiva appena ce n’era la possibilità. Era il 1929, l’anno della grande depressione. In quegli stessi mesi un altro Umberto, che di cognome faceva Bacchiega, anche lui. meccanico di biciclette e anche lui di Bergantino, si trovava a Bologna in un giorno di festa.
Aveva il figlio con sé e lo portò alla fiera per fargli respirare l’aria esotica del luna park. Si imbatté in un’autopista e rimase colpito dalla quantità di gente che faceva la fila e lasciava una moneta al giostraio per salirci: pagavano in anticipo e in contanti. I due Umberto ebbero la stessa idea: e se lo facessimo anche noi?
Il 23 aprile si festeggiava San Giorgio, patrono del paese, e come in ogni paese d’Italia all’epoca in piazza c’era la fiera. E in piazza davanti ai compaesani Favalli e Bacchiega montarono la loro prima autopista: una giostra rotante azionata a pedali. Per il piccolo paese del Polesine fu il giorno della rivoluzione, l’inizio di una nuova era. Meccanici di biciclette reinventatisi imprenditori, Favalli e Bacchiega si lanciarono nell’avventura perché videro una possibilità di emanciparsi dalla miseria della terra e presto i fatti diedero loro ragione.
In breve un centinaio di famiglie del paese si unirono all’attività, trasformandosi in giostrai itineranti, ma soprattutto in meccanici e costruttori. Ma il vero salto si ebbe nel secondo dopoguerra, per merito di un bergantinese che fu fatto prigioniero e portato in America: Albino Protti, un uomo di grande inventiva che nel 1939 aveva progettato la prima giostra aerea. In America vide i camion con i ribaltabili mossi dalle pompe idrauliche ed ebbe un’illuminazione: adattare le pompe al suo prototipo di giostra. Tornato a casa, assemblò pezzi di carri armati tedeschi e serbatoi di aerei abbattuti e in poco tempo creò la prima giostra a sollevamento idraulico, con gli aeroplanini che salgono e scendono.
Da quel momento a Bergantino hanno cominciato a costruire giostre sempre più leggere e trasportabili, facili da montare e smontare per lo spettacolo itinerante, arrivando a venderle in tutto il mondo, persino a Coney Island.
Così oggi in paese ci sono una quarantina di aziende con un indotto che arriva a un centinaio di imprese, per circa 400 addetti. Realtà molto piccole, la più grande ha 20 lavoranti, tutte altamente specializzate in un pezzettino della filiera: c’è chi vernicia e chi si occupa dell’illuminazione, chi delle casse per la musica e chi del design, ma poi c’è anche chi costruisce i grandi caravan per ospitare i viaggianti, chi adatta i rimorchi per trasportare le giostre e chi si occupa delle biglietterie.
Da Bergantino l’industria delle giostre è esondata nei paesi vicini: Melara, Calto, Castelnovo Bariano, Ceneselli e Castelmassa. Ma se nei capannoni si sfornano ottovolanti e ruote panoramiche, giostre a cavalli e torri a caduta, trenini e autoscontri, simulatori e gabbie volanti, non tutti in paese hanno rinunciato al primo amore: costruirsi una giostra e portarla in giro per l’Italia. Così in inverno capita di arrivare a Bergantino e vedere parcheggiato in giardino un calcio in culo o un brucomela – le montagne russe per i bambini – accanto a un autocaravan e a una biglietteria a rimorchio. Sono gli attrezzi del mestiere dei viaggianti, quelli che ancora oggi nel gergo del settore sono conosciuti come i “bergantini”: nativi di un paese di contadini diventato il paese dei balocchi.