
Tappe 1 e 2 - Da Merida a Aljiucén, da Aljiucén a Alcuéscar
Tappe 3 e 4 - Da Alcuescar a Valdesalor, da Valdesalor a Casar de Caceres
Tappe 5, 6 e 7 - Da Casar de Caceres a Canaveral, da Canaveral a Riolobos, da Riolobos a Carcaboso
Tappe 8, 9 e 10 - Da Carcaboso all'Hostal Asturias, dall'Hostal Asturias a Baños de Montemayor, da Baños de Montemayor a Fuenterroble de Salvatierra
Tappe 11 e 12 - Da Fuenterroble de Salvatierra a Merille, da Merille a Salamanca
Tappe 13, 14 e 15 - Da Salamanca a El Cubo del Vino, da El Cubo del Vino a Villanueva de Campean, da Villanueva de Campean a Zamora
Tappe 16, 17 e 18 - Da Zamora a Montamarta, da Montamarta a Granja de Moreruela, da Granja de Moreruela a Benavente
Tappe 19, 20 e 21 - Da Benavente a Alija del Infantado, da Alija del Infantado a La Baneza, da La Baneza ad Astorga
Tappe 22, 23 e 24 - Da Astorga a Foncebadon, da Foncebadon a Molinaseca, da Molinaseca a Ponferrada
Poi, lasciato da parte il faceto, mentre gli altri si svegliano lentamente, mi racconta la storia della sua passione per questa curiosa forma di volontariato, che prevede che, due volte all’anno, lasci la sua amata famiglia e venga qui per 15 giorni a lavorare gratis per accudire peregrinos sporchi e umidi di ogni parte del mondo. “E’ una delle parti più importanti della mia vita” spiega. “E lo sai che quando finisco e salgo in macchina cerco di non voltarmi mai indietro? Mi viene da piangere e spesso” dice, stavolta sorridendo “devo guidare a 60 all’ora perché ho gli occhi pieni di lacrime…”. Poi pian piano scendono tutti, le chiacchiere si mischiano con le tostadas, e viene per forza l’ora di partire già che le 8, in teoria l’ora in cui tutti devono essere fuori dall’albergue, sono passate da un pezzo.

UN FIUME GONFIO D'ACQUA
Traversiamo varie volte l’imponente massicciata del futuro treno ad alta velocità e finalmente, dopo un ultimo rettilineo sconfinato, raggiungiamo le poche case di Montamarta. Peccato però che il sottopasso dove dovrebbe transitare la Via de la Plata è invaso da un fiume gonfio di acqua marrone e arrabbiata. L’albergue municipale è però aperto, e ci offre una ventina di gelidi letti e un quantitativo modesto di acqua calda. Poi la sera, seduti nel ristorante di Maria Rosy, possiamo scegliere – come tutte le sere delle ultime settimane – tra zuppa o insalata e, di secondo, pollo o maiale a la plancha.

LE CICOGNE DEL MONASTERO
Una lunga sosta al sole ci permette di ammirare le rovine delle lunghe mura medievali della città fantasma di Castrotorafe, poi discese e salite, tra i campi che brillano del giallo dorato della colza, ci portano alle case e all’albergue di Granja de Moreruela, affacciato sulla solita statale 630.

Una delle meraviglie della via si cela però a soli 3 chilometri da qui: accompagnati da una guida volontaria (in macchina!), sbarchiamo davanti alle pietre solenni del monastero di Moreruela di cui il nostro paesino era una filiazione agricola (in italiano: grancia). Fondato nel IX secolo e ingrandito nel ‘200 con l’appoggio del re Alfonso VII, il convento venne abbandonato definitivamente nel 1835 quando, come scrivono le cronache “…rimanevano solo 12 monaci e 400 pecore”. Il luogo è veramente magico però, ora che anche il sole ha deciso di mostrarsi: l’abside enorme e le mura sono popolate da decine di nidi di cicogne e la nostra breve visita le fa alzare in volo continuamente, segnando il cielo con il bianco delle loro ali e la terra con le grandi ombre che sfrecciano veloci.


IL CAMMINO ALLAGATO... E LA GRANDINE
Nel piccolo caffè Borox di Barcial del Barco il gentile barista mi butta giù senza pietà una scelta drammatica. “Il cammino è allagato, quindi puoi scegliere tra camminare 18 chilometri sulle vie nazionali oppure” aggiunge guardandomi sornione “seguire la vecchia via che in 8 km ti porterà a Benavente”. Ci penso un attimo, poi dai miei limitati vocabolari emerge la certezza che via, da queste parti, vuol dire ferrovia. Così mi trovo a camminare solo soletto su una scomodissima massicciata di pietrame instabile che mi avvicina sempre più al corso dell’Esla che, data l’apertura degli invasi, sembra largo come il Mississippi.
La traversata si rivela dura e complicata, con l’aggravante del fatto che il burlone che ha scritto la guida italiana che ho portato con me mi aveva rinfrancato con parole che si rivelano tragicamente inesatte. I quattro chilometri e i tre ponti, da percorrere camminando sulle traversine (come in un western) sono in realtà 6, segnati da 9 ponti cigolanti e arrugginiti e, vista la dimensione delle piante cresciute sulla massicciata, immagino che le traversine siano state tolte da molti, molti anni, forse da un parente di Franco in persona. Giunto finalmente sulla terraferma, però, ho il piacere di concludere la giornata con l’arrivo a velocità supersonica di un fronte temporalesco spaventoso, che si trasforma in un simpatico muro di grandine proprio mentre comincio a intravedere da lontano i campanili delle antiche chiese di Benavente.


Chi seguiva la Via de la Plata in passato normalmente una volta raggiunta Astorga voltava decisamente verso occidente per camminare per gli ultimi 270 km che mancano per raggiungere Santiago de Compostela seguendo le tappe della via che proviene da Roncisvalle (come farò io nei prossimi giorni). La maggior parte dei camminatori moderni, però, già che ha iniziato le sue esperienze sui cammini percorrendo il Camino Francés, per non ripercorrerne un tratto una volta giunto a Granja de Moreruela volta a sinistra e segue un ulteriore variante: il Camino Sanabrés, che raggiunge anch’esso Santiago correndo però più a sud dell’itinerario più frequentato.

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