Abbiamo viaggiato in Oman, il Corno d’Arabia. Una settimana intensa e appassionante per carpire qualche segreto di un paese ancora velato di mistero, appoggiato saldamente alle tradizioni, ma con una vocazione alla modernità che lo rende affascinante e contraddittorio.
Nella prima puntata dedicata all’Oman, ne abbiamo disegnato un ritratto culturale, sociale, interpretando i riflessi della storia recente su un Paese in divenire. In questo secondo capitolo vogliamo restituirvi i contrasti e la forza di una natura cangiante, affascinante, prorompente a volte. A cui è difficile sottrarsi. La scelta quasi obbligata è venire a patti, prendere il meglio che offre e non affrontarla di petto, ma dialogare con le sue risorse per migliorare lo stile di vita. Ce lo insegnano gli omaniti.
IL REPORTAGE COMPLETO
- Prima puntata: Oman, la bellezza nascosta nel corno d'Arabia
- Seconda puntata: le montagne dell'Oman, tra canyon straordinari e una rete millenaria di canali
- Terza puntata: nel cuore dell'Oman, cultura e tradizioni tra suq e fortezze
- Quarta puntata: l'Oman e i regali del sultano, i vascelli di Sur e la modernità di Muscat
DA MUSCAT ALLA GREEN MOUNTAIN, JEBEL AKHDAR
Per un italiano, e in genere per un europeo continentale che non ha avuto molti termini geografici di confronto, il concetto di montagna rimanda a vette ricoperte di boschi di larici, pini cembri, castagni che oltre i 1800 metri si diradano in alpeggi coperti da manti erbosi, fino a trovare solo rocce e ghiacciai verso e oltre i 3000 metri.
In questa esperienza omanita, agli inizi di maggio, la possibilità di associare il “verde” alla montagna evapora con le temperature che giorno dopo giorno si fanno più aggressive (e in alcuni momenti della giornata, feroci).
Ce ne siamo resi conti immediatamente, lasciando i prati “Cambridge style” della capitale Muscat (su cui torneremo nel nostro quarto e ultimo capitolo) per inforcare su una 4x4 la strada asfaltata 15 che ci porterà sul Jebel Akdar, non proprio una monagna, ma un esteso altipiano situato a 2000 metri d’altezza: il Saiq Plateau.
Rocce ocra, grige, striate iniziano a moltiplicarsi a perdita d’occhio chilometro dopo chilometro, mentre gli indicatori di temperatura esterna non lasciano i 43 gradi centigradi. Per rinfrescarsi si possono mettere in atto tre strategie: rimanere trincerati in auto esaurendo le scorte di acqua in bottiglia del frigobar; usare l’immaginazione come un inverter, consapevoli che nel periodo invernale in quest’area si possono raggiungere anche i -5 gradi; cercare come dei rabdomanti un wadi (un'oasi) o un falaji, un canale della antica e fittissima rete di irrigazione locale, gli aflaji.
AFLAJ, LA RETE D’ACQUA DELL’OMAN
Se ne contano più di 400 in Oman. Sono gli aflaji (al plurale) o falaji (al singolare), canali scavati nella montagna che si diffondono tra i campi, tra le oasi, a portare acqua potabile alla popolazione delle oasi e dei villaggi in tutto l’Oman.
I primi falaj sembrano risalire persino a 1500 anni fa. Le destinazioni di questi canali in pietra sono i pozzi destinati al prelievo dell’acqua potabile, e in second’ordine alle aree in prossimità dei luoghi di preghiera, per poter garantire il rito dell’abluzione dei fedeli.
Il sistema degli aflaj ricorda le opere ingegneristiche di Leonardo da Vinci nella Pianura padana, e allora come oggi uno degli scopi fondamentali della canalizzazione è quella ovviamente dell’irrigazione dei campi. Il più lungo corre per più di cento chilometri sotto le dune Sharquiya Sands, ma i più accessibili sono quelli delle zone montuose. Nizwa e Wadi Shab sono tra i più visitati.
La sofisticazione di questo antico sistema di gestione dell’acqua ha permesso alla rete degli aflaji di entrare tra i patrimoni dell’umanità tutelati dall’Unesco.
PIETRE E WABY, DA AL HAMRA AL FALAJI DI BIRKAT AL MAWZ
Eccoci sulla antica via Muscat-Nizwa, diretti al tetto della Montagna verde, il Jebel Akhdar. Ma solo a metà del tragitto, una terrazza panoramica tra le rocce bollenti ci apre la vista su uno spettacolo affascinante quanto inaspettato: una piantagione di palme da dattero e la sagoma del villaggio tradizionale di Al Hamra.
Al Hamra è uno dei centri più antichi dell’Oman, e conserva tra le sue vie (disabitate perlopiù) alcune case in mattoni crudi che rimandano perfettamente lo stile costruttivo degli yemeniti. Inquadrare in un’immagine le montagne aspre e desertiche, il nugolo di case ocra dell’insediamento antico e il tappeto verde delle palme è una sorta di rappresentazione pittorica dell’Oman più autentico.
Si riparte dopo qualche scatto al calor bianco, diretti in uno dei luoghi rappresentativi del rapporto simbiotico tra Oman e acqua: Birkat al Mawz.
Lasciamo il 4x4 nel parcheggio ai piedi del villaggio e dopo pochi metri avvertiamo lo scorrere dell’acqua. È il falaji al Hathmeen, anch’esso inserito nel patrimonio Unescocon gli altri falaj omaniti. La differenza è lo stato di conservazione, che in questo caso è perfetta. Il canale scorre tra le case tradizionali in fango e pietra fino ad irrigare l’antico forte di Bait al Radidah, fresco di restauro ma ancora chiuso all’accesso dei visitatori. Ma il falaji continua la sua corsa fin sulle pendici della Green Mountain, disegnando suo malgrado un perfetto itinerario per un’escursione a piedi (nella stagione fresca) o in fuoristrada.
Mentre ci si rinfresca facendoci solleticare da pesci e girini, i pochi anziani del villaggio si raccolgono sotto le palme da dattero, con un'orecchio all'argomento e gli occhi a vigilare sulle trasgressioni possibili della comitiva europea in un sito tanto prezioso.
QUOTA 2000, SUL SAIQ PLATEAU
L’arrivo all’altopiano superiore del Saiq Plateau coincide con due esperienze più uniche che rare. La prima è la vista da questo punto panoramico: trasposizione in forme arabe del Grand Canyon. Siamo al Diana’s Point, un balcone panoramico così detto perché dedicato alla principessa, che ammirò lo spettacolo durante un transito nel Sultanato.
Come biasimarla. Sulla strada per il villaggio di Al Agor si ammira la montagna aprirsi da 2000 metri in uno squarcio vasto quanto spettacolare. Così difficile è coglierne la profondità di campo che cerchiamo punti di riferimento nei villaggi abbarbicati sui pendii, Al Aqr e Al Ayn, tra cui passeggiamo in un pomeriggio piovoso, con molto pudore per non invadere gli spazi dei pochi abitanti rimasti.
IL DIANA'S POINT E LA PERLA "ANANTARA"
La seconda esperienza è l’accoglienza nello splendido Al Jabal Al Akdar resort Anantara. Inaugurato nello scorso gennaio e costruito ricalcando nel concept il villaggio tradizionale omanita, il resort è tutto rivolto a concentrare le esperienze da vivere in un viaggio in Oman: la tradizionale accoglienza con the e datteri, la ricostruzione in scala della rete di falaji che irrigano erbe aromatiche e fiori selvatici fino al mastio di un antico castello, che accoglie la lounge e i servizi di ristorazione.
Acqua, verde e roccia, ancora una volta. Nel prossimo capitolo ripartiremo da questa triade per andare alla scoperta dell’antica capitale dell’Oman, Nizwa, custode di tradizioni che cercheremo tra villaggi e antiche fortezze. “Rotolando” verso Sur, e verso il mare arabico.
PER SAPERE TUTTO SULL'OMAN
- Informazioni pratiche, contatti e approfondimenti sull'Oman si trovano sul sito ufficiale del Sultanato dell'Oman: www.omantourism.gov.om.
- A Nizwha, assolutamente imperdibile il soggiorno presso Anantara Jabal Akhdar. Aperto da poco meno di un anno, è un piccolo gioiello che accomuna senza sbavature lusso, eleganza e una posizione panoramica mozzafiato. Il concept è sposare gli elementi del paesaggio e dell’architettura omanita con una lounge-mastio e una serie di residenze che racchiudono giardini sempreverdi e una favolosa piscina a sfioro a due passi dal Diana’s Point.