Che bella sorpresa, Mississippi Solo. Che bello quanto ti ritrovi nuovamente a leggere un libro di viaggio e fin dalle prime pagine cerchi una penna per sottolineare frammenti di frasi, righe sciolte e capoversi interi. Quando senti che quelle parole, infilate proprio in quell’ordine, quella riflessione sull’andare, sul vedere, sul mondo potrebbe essere anche un poco tua, e allora rileggi per fissarla nella testa.
E fa niente che il libro parli di un viaggio in canoa sul Mississippi che probabilmente non farai mai nella vita, perché il Mississippi cuore d’America che l’America taglia in due, non è mai stato in cima alla tua lista di destinazioni, e non fa parte del tuo immaginario. Fa niente, perché sono le riflessioni che Eddy L. Harris fa nel suo andare che rimangono impresse in queste 326 pagine che raccontano di come un giorni di ottobre, a 29 anni, ha deciso – senza preparazione atletica, anzi senza mai essere davvero salito a bordo di una canoa, equipaggiato peggio di un boyscout – di farsi portare sul lago Itasca, in Minnesota. E da qui, con il freddo incipiente, iniziare questo viaggio di tremila settecento chilometri fino al Golfo del Messico, nel punto dove l’immenso Mississippi incontra il mare. Passando per St. Luis e New Orleans e altre decine di cittadine americane mai sentite.
«Il fiume ha cattarato la mia immaginazione fin da piccolo» scrive Harris. E a un certo punto della sua vita, quando ha un buon lavoro all’Ibm ma sente che la sua vocazione primaria – fare lo scrittore – sta per andare a farsi benedire, decide che deve fare qualcosa di straordinario. Non per raccontarlo, ma per se stesso: per dimostrare a se stesso che i sogni sono degni di essere vissuti, e dunque bisogna provarci, anche a costo di un fallimento.
Il suo viaggio è una piccola follia, che diventa sempre meno folle e più rilassato mano a mano che prende confidenza con la canoa, il fiume, la gente che incontra nelle sue soste mentre cerca un posto dove piantare la tende, e la gente di fiume, che a tutte le latitudini sembra avere una attitudine particolare verso il prossimo, specie se questo prossimo è un outsider che decide di vivere anche lui lungo il fiume, per condividerne lo spazio.
E la fa passando oltre quello che all’inizio della sua avventura Harris pensa possa costituire un problema, il colore della sua pelle. Cosa di cui lui non si cura, come la fa – anche se non era certo scontato – la maggioranza delle persone che incontro intorno al fiume. «Perché per me il colore della pelle mia pelle non ha mai costituito un problema, è una caratteristica fisica. È parte della mia identità, ma non ciò che sono».
Il libro ha oltre 30 anni, negli Stati Uniti è uscito nel 1988, ma non è un problema. In Italia, dove pur traduciamo tantissimo, non l’avevano mai tradotto chissà per qualche motivo, e dunque onore a La Nuova Frontiera che lo ha inserito nella sua collana La Frontiera Selvaggia. Ma soprattutto grazie a Eddy L. Harris perché queste sue pagine fanno voglia di mettersi in viaggio, non per il Mississippi, ma per qualcuno viaggio avventuroso e insensato, azzardato e sconclusionato (nel senso di preparato relativamente…) uno si porti nel cuore e nella testa di compiere da una vita.
Può essere tornare a casa a piedi, quando magari vivi a mille chilometri da dove sei nato, o prendere una bicicletta e ridiscendere un fiume, o andare a Capo Nord a piedi, a Singapore in treno, qualsiasi declinazione dell’andare che decidi di fare solo perché hai sempre voluto farlo.
Che cosa chiediamo a un buon libro di viaggio? Che sia personale senza sfociare nel diario, piacevolmente visivo senza essere una cartolina, che faccia immaginare e istilli una certa curiosità di vedere luoghi che mai avevamo sentito nominare prima di quelle righe e, soprattutto, che sia un libro onesto. Ecco, Mississippi Solo è tutto questo. E non è affatto poco.
INFORMAZIONI
Mississippi Solo di Eddy L. Harris, La Nuova Frontiera, pag. 326, 20 €