Novità editoriali
Quando viaggiare non è un’opzione praticabile per i motivi che tutti sappiamo ed è giusto fermarsi e stare in casa finché l’onda non sarà passata. E dalla poltrona del salotto, dalla sedia in balcone, dal comodo del proprio divano si può comunque continuare a muoversi con la mente mettendo in pratica quello che i britannici chiamano “armchair travel”, ovvero la lettura di libri di viaggio. Reportage che permettono una innocente evasione in compagnia di chi è partito per saziare la sua curiosità o lo spirito d’avventura ed è tornato per raccontarlo. Racconti di prima mano di mondi lontani e diversi, esperienze ricche di passione, empatia e divertimento spesso in zone periferiche che magari mai visiterete, ma che stuzzicano fantasia e voglia di scoprire. E poi, chi lo sa, non è detto che a emergenza finita, non si decida di partire con un libro sotto braccio per visitare i luoghi di cui si è letto in questi giorni…
Ecco la ventesima tappa.
C’è un sapore di inevitabilmente perduto quando si leggono certe storie dalla Patagonia e dal Sud del Sud del mondo, ben oltre il 42esimo parallelo. Storie che sanno più di letteratura che di altro, come fossero notizie postume da mondi scomparsi. Posti tanto affascinanti naturalisticamente quanto particolari umanamente. Popolati da personaggi da romanzo che forse sono tali perché li abbiamo conosciuti più attraverso le pagine dei libri che in altre esperienze.
Merito di Bruce Chatwin e Francisco Coloane, Luis Sepulveda e Osvaldo Soriano, tutti cantori delle terre estreme, scrittori che nei loro viaggi e nei loro libri alle volte si sono spinti fino a quel punto della mappa del Sudamerica dove la terra finisce e rimane solo acqua. Da Ushuaia o Punta Arenas, in Cile, il polo Sud dista quattromila chilometri. Da un lato l’Atlantico, dall’altro il Pacifico, davanti il canale di Beagle; in mezzo onde, ghiaccio e vento.
È di questo modo che racconta Luis Sepùlveda in Patagonia Express, libro di viaggio di un autore da milioni di copie. Appunti dal sud del mondo, dal Sud di quella strana costruzione geografica che il Cile, stretto e lungo, come il collo di un fenicottero. Cile che è poi è il Paese dove Sepulveda è nato e cresciuto e da cui se ne è dovuto andare durante gli anni della Dittatura di Pinochet. Un Paese dove a un certo gli dicono che può ritornare e che allora Sepulveda lo attraversa con un taccuino in tasca e la voglia di stare a sentire la sue gente, odorare la sua terra per poi fare quel che meglio sa fare nella vita: raccontare. Raccoglie così una galleria di personaggi e storie umane che si dipana in dodici tappe, tanti quanti sono i racconti di Patagonia Express (Guanda, pag. 127, 10 €). Che poi, dire solo Patagonia è riduttivo, visto che nel libro si parla anche di Ande e Amazzonia, come se non bastasse la grandezza sterminata dei paesaggi patagonici. Ma forse son quelli che si fissano di più nella mente, perché la Patagonia fa parte di quei posti entrati a far parte dell’immaginario del viaggio, come certi deserti o certe città.
In Patagonia Sepulveda incontra gente come Carlos E Basta, uno che nella vita voleva solo volare, come Saint-Exupéry o il Barone Rosso. Uno che nel sud del Cile ci finì quando lo buttarono fuori dall’Accademia perché sospettato di esser socialista e ci rimase perché si inventò una professione adatta a quelle immensità: rifornire di frutta e verdura le estancias che occupano gli immensi spazi della Patagonia. Estancias di allevatori di pecore, spesso immigrati inglesi, gallesi o tedeschi, luoghi isolati che Carlos E Basta visitava volando a bordo di un piccolo Piper o un elicottero Sikolrsky. Passato il tempo del “mercato volante”, si mise a consegnare la posta tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, perché qualcuno doveva pur farlo. E una volta gli capitò addirittura di portare un cadavere, il corpo di uno importate, don Nicanor Estrada, il cui corpo era atteso in una città che si chiama Comodoro Rivadavia per la veglio funebre.
Sono storie così che hanno contribuito a costruire il mito della Patagonia, terra ultima dove l’orizzonte è largo e l’aria leggera, popolata di nuvole basse e sfilacciate si perdono ancor più a Sud. Avventure che forse non si potranno più rivivere, storie che in un viaggio di tre settimane non si riusciranno certo a vivere e forse neanche ad annusare. Ma alla fine, forse, è proprio per questo che ci si appassiona ai libri di viaggio: perché sono come quei libri d’avventura che si leggevano da bambini, pieni di storie che si vorrebbe vivere, ma che già è una soddisfazione leggere. E tutte queste storie Sepulveda, che se ne è andato a 70 anni in un ospedale di Gijon vittima del Coronovirus, le sapeva scrivere davvero bene.
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