Il paese più stupido del mondo di Claudio Giunta, il Mulino
Il massimo che si possa chiedere a chi scrive un libro di viaggio è di essere onesto. E Claudio Giunta nel raccontare la sua esperienza in Giappone – due mesi a Tokyo per tenere dei corsi in una prestigiosa università – è stato assai onesto, fin dal titolo. Così nella sua visione il Giappone è il Paese più stupido del mondo, e ci sta, volendo vedere. Perché ci sono tante di quelle cose incomprensibili a guardare da vicino la cultura giapponese, tanti di quegli aspetti che ai nostri occhi sembrano assurdi quando non folli, che ti viene da chiederti come e perché sia possibile. Cosa che Claudio Giunta fa per tutto il libro, raccontando assai bene, con la necessaria ironia e una capacità piacevole di essere interessante, la sua esperienza nel Sol Levante.
Autostop con Buddha, di Will Ferguson, Feltrinelli
Saper scrivere con ironia e leggerezza è un dono che non tanti autori hanno. E, a ben vedere, forse è anche un tratto che non a tutti i lettori piace. Se l’ironia non vi disturba ma anzi vi rende ancor più piacevole la lettura allora il viaggio da Sud a Nord per seguire la fioritura dei ciliegi raccontato dal canadese Ferguson è un buon compagno per chi vuole conoscere il Giappone senza perdere il piacere della lettura e dell’avventura. Avventura relativa, ovvio, perché non c’è nulla di più sicuro e misurato del muoversi in Giappone, ma Ferguson ci mette del suo cercando di spiazzare i locali facendo addirittura autostop per arrivare fino in Hokkaido.
Cerchi infiniti di Cees Nooteboom, Iperborea
Una raccolta di diversi viaggi di epoche differenti, dalla fine degli anni Settanta a oggi. Reportage intelligenti che diventano esercizi di dislocazione per provare a rispondere alla domanda: quanto è diverso il Giappone? A scriverlo
Cees Nooteboom, raffinato e colto poeta/scrittore olandese che del viaggio ha fatto la sua cifra esistenziale e il cuore della sua produzione letteraria.
Attratto dall’idea ingenua di Giappone (tutti ne abbiamo una, ingenua e stereotipata, inutile negarlo), lo scrittore olandese cerca di svestirsi dai pregiudizi che per forza abbiamo sulla cultura giapponese per provare a incontrare l’altro e capire qualcosa di più di concetti essenziali per la cultura nipponica come la
bellezza e la
spiritualità. Esercizio affatto facile, spesso frustrante, ma comunque utile, anche se alla fine si finisce a pensarla come la zia dello stesso Nooteboom quando andava a teatro a vedere Pinter: «Non ho capito niente, ma è stato bello».
Enigmatico Giappone, di Alan Macfarlane, Edt
Una guida quando si viaggia in un Paese serve. Anzi, serve una guida “turistica” e poi una guida culturale, qualcosa di non troppo difficile, non esageratamente accademico, che però contribuisca a costruire il riquadro di riferimento entro cui inserire quel che si vede. Riquadra che quando ci si avvicina alla cultura giapponese deve per forza di cosa essere culturale, perché lo shock culturale quando si arriva a Tokyo e in qualunque altro posto è oggettivamente tanto. La prima come la seconda volta. Lo sa bene l’antropologo americano Alan Macfarlane, autore di Enigmatico Giappone, un libro edito qualche anno fa da Edt che, come novelli Alice, permettere di orientarsi nel Paese delle meraviglie, spiegando in modo comprensibile la natura delle relazioni sociali, ma anche del rapporto con il potere, la famiglia, la religione e tutto l’universo di riferimenti dei giapponesi.
La bellezza del Giappone segreto, di Alex Kerr, Edt
Se coltivate il mito della bellezza delicata del paesaggio naturale giapponese, tutto giardini ordinati, ciliegi in fiore, casette di legno, laghetti che si increspano neanche quando tira la bora, allora leggete il libro di Alex Kerr. Leggetelo prima di partire, così non poterete dire che non vi avevano avvisato. Quel paesaggio alla Hokusai, tutto aceri rossi e signorine con l’ombrellino, tetti di paglia e case di legno, tegole e bambù, quel paesaggio lì non esiste quasi più, e scusate lo spoiler. I giapponesi se lo sono letteralmente mangiato nel Secondo Dopoguerra sotto una colata di cemento chiamata progresso. Alex Kerr – che in Giappone ha vissuto fin da piccolo – ha fatto in tempo a vederne gli ultimi scampoli, a gridare allo scempio, a comprare una casa sull’isola di Shikoku e ad amare davvero il Giappone, la sua cultura tradizionale e il suo paesaggio naturale. Un paesaggio che non c'è più, racconta. Perché anche quello che si vede e all'occhio inesperto pare quanto di più naturale ci sia è invece artefatto, manomesso dall'onnipresente mano dell'uomo. Amando tutto quel che era Kerr ha ben pensato di farne un libro che ne tramanda con amore la memoria. Un libro di uno staniero che ha avuto successo anche in Giappone, cosa rara.
Tokyo Express di Matsumoto Seichō, Adelphi
Certo, Banana Yoshimoto, come no. Certo, i manga, figurarsi: stupendi in tutte le loro accezioni, anche da leggere al contrario. E poi, certo, Murakami. Tutto bello, tutto interessante, ma se andate in Giappone spinti da quelle letture non serve consigliarveli. Se invece andate in Giappone diciamo da agnostici letterari, mossi da una infatuazione per il sushi (ma pronti a scoprire che c’è di più) e per gli indumenti di Muji (ma attenti a Uniqlo), allora provate a portare con voi questo libro: Tokyo Express di Matsumoto Seichō, una riscoperta editoriale di Adelphi di un classico giapponese degli anni Sessanta. Trattasi di un giallo. Un giallo giapponese, scandito come un orario del treno, essenziale come il suo investigatore, ordinato, quasi economico nell’utilizzo delle parole, misurato, avvincente, dall’inizio alla fine.
Nippon. Vivere e scoprire il Giappone, di Yutaka Yazawa, Mondadori
Prendetelo come se fosse un bigino, certo non portatile con quel suo formato rigido che ne fa più un libro da tavolino che da viaggio, eppure
Nippon è un'ottima rapida introduzione per un viaggio, con
tanti capitoletti che raccontano in modo agile un aspetto della cultura materiale e non del Giappone. È scritto da un giapponese che ha passato tanti anni all'estero per cui ha imparato a vedere il suo Paese con gli occhi degli altri, ma è rimasto comunque intriso della sua cultura. Così intriso che nell'introduzione, spiegando che comunque il libro è frutto della sua lettura personale e dei suoi preconcetti e non vuole essere nè accademico nè assoluto, mette le mani avanti e
chiede scusa al lettore «forse troverete altre tracce dei miei preconcetti di cui non sono altrettrantanto consapevole. Vi ringrazio per la vostra generosità nell'accettarli come un mio limite umano...».
LIBRI DI VIAGGIO, I NOSTRI CONSIGLI
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