«Ma non è una libreria per italiani», tengono a sottolineare. «È per tutte le persone che parlano italiano, portoghesi e stranieri che risiedono o passano in città». Sottolineatura importante, perché quel che si vuole evitare è l’effetto circolino chiuso della comunità dei migranti che rimpiangono il Paese lasciato. «Vorremmo essere una libreria di quartiere, un punto di incontro che si fonde con il resto delle attività della zona. Un posto dove organizzare incontri, ospitare gruppi di lettura, far passare gente che si accomodi sulle sedie che tiriamo fuori per gli eventi, le presentazioni e condivida insieme a noi idee, letture, spazi».
Una scelta coraggiosa, per tanti motivi. Perché si legge sempre meno, ovvio, anche se la comunità italiana è composta in maggioranza da persone con un alto livello di scolarità – i reduci dell’Erasmus e non solo –, dunque, almeno in teoria lettori se non forti, buoni. Perché l’italiano è una lingua che fa indubbiamente simpatia, ma non è così tanto studiato. Perché si farebbe prima a comprare i libri online, ma vuoi mettere la bellezza di avere un posto dove andare, la possibilità di sfogliare, chiedere e farsi consigliare. «E poi siamo riusciti a stabilire contatti diretti con tante case editrici per cui i libri che non abbiamo a scaffale arrivano comunque rapidamente», spiegano. Piena di libri, e piena di idee. Non c’è che dire.