
Quella appena inaugurata al Museo Kosmos dell'Università di Pavia è una mostra che conosce pochi paragoni. Per vari motivi: perché è raro ammirare tutte insieme 50 ricostruzioni di animali preistorici a grandezza naturale (alcuni sono davvero grandi), estremamente realistici e incredibilmente impressionanti; perché tutte queste ricostruzioni sono certificate da paleontologi e aggiornate secondo gli studi più attuali, e non è certo scontato, in un mondo che tende sempre più alla spettacolarizzazione senza preoccuparsi della verità scientifica; e perché finalmente si punta l'attenzione non tanto sugli inflazionatissimi dinosauri - quelli terrestri, per intenderci, dal tirannosauro allo stegosauro - ma sui rettili che abitavano i nostri mari milioni di anni fa, soggetto molto meno rappresentato e comunicato al grande pubblico.

Così, consigliamo a tutti la visita a "Oceani perduti. Giganti marini al tempo dei dinosauri", che peraltro rimarrà visitabile per un lungo periodo, fino al 28 giugno 2026. E non solo alle famiglie con bambini, che naturalmente rimarranno entusiasti di trovarsi al cospetto di un plesiosauro o di un mosasauro e passeranno ore a giocare davanti alle diverse postazioni interattive disseminate tra le sale. Tutti possono imparare qualcosa da questa mostra: c'è chi sarà interessato dagli aspetti scientifici, chi apprezzerà la raffinatezza artistica dei modelli, chi rimarrà affascinato da un aspetto non secondario: l'esposizione è realizzata presso Palazzo Botta, sede storica della facoltà di Scienze Naturali dell'Università di Pavia, oggigiorno trasformata in polo museale. Esplorando le diverse sezioni degli oceani perduti, si entra quindi in stanze dal fascino suggestivo e in particolare nel Teatro anatomico, l'aula dedicata a Lazzaro Spallanzani, dove in un tocco di genio dei curatori il professor Steno (un ittiosauro) spiega l'anatomia dei plesiosauri analizzandone una carcassa parzialmente sezionata (laddove un tempo erano posizionati i cadaveri utilizzati per le lezioni di anatomia).


"Sono diversi anni che mettiamo insieme i diversi elementi che compongono questa mostra" spiega Simone Maganuco, naturalista e paleontologo, ideatore del format espositivo PaleoAquarium e ideatore di Oceani perduti insieme ai curatori del Museo Kosmos. "Alcuni modelli, come quello della paleo-tartaruga Archelon, sono stati realizzati in 3-4 mesi. E poi abbiamo dovuto adattare ogni exhibit agli spazi ristretti di questo meraviglioso palazzo: anche l'allestimento è stato particolarmente laborioso! Alcuni animali sono stati letteralmente fatti a pezzi per farli passare dalle finestre e dalle porte, per poi essere poi ricostruiti nelle sale".


Maganuco spiega il complesso procedimento per realizzare un animale: dapprima si crea un modello in 3D su un computer, poi lo si "stampa" e lo si definisce con creta e plastilina, poi di quest'ultimo si fa un negativo per crearne il positivo in vetroresina. E poi finalmente lo si dipinge. Il risultato è spesso strabiliante. "Merito anche dei paleoartisti, che traducono la scienza in arte" aggiunge Maganuco. "Per raccontare quello che ha scoperto, il paleontologo ha bisogno di artigiani che possano rendere visibili e concreti fossili altrimenti inespressivi". Il paleoartista di Oceani perduti si chiama Davide Bonadonna ed è uno dei più noti al mondo.


La mostra parte dal cortile del palazzo, dove tra gli alberi camminano gli unici tre dinosauri "veri" dell'esposizione, scelti perché hanno legami con l'acqua (bellissimo lo Spinosauro, che recenti ricerche condotte anche da Maganuco hanno appurato vivesse nelle acque dolci). Poi si sviluppa su due piani all'interno, dove le diverse creature marine sono presentate in ordine cronologico, dagli organismi più primitivi (285 milioni di anni fa) a quelli più vicini - si fa per dire - a noi (66 milioni di anni fa). Vari exhibit fanno riflettere anche sui concetti di biodiversità ed estinzione. "Conoscere questi giganti dei mari significa imparare qualcosa sulle trasformazioni del nostro Pianeta, sul ruolo della biodiversità e sull'importanza della sua tutela" spiega Maganuco. Molto riuscita anche la sala-laboratorio in cui sei eminenti personalità della paleontologia del passato, interpretate da attori in costumi d'epoca, interagiscono tra loro attraverso altrettanti video: è un modo immediato per capire in pochi secondi vari concetti alla base della mostra, tra cui le differenze tra dinosauri e rettili marini, i principali gruppi di questi ultimi, le difficoltà nello studio dei fossili, la veridicità di miti e leggende, il concetto di “fossile vivente”.


Chi volesse approfondire ha a disposizione visite guidate, paleolab e attività didattiche curate da ADMaiora. Sono in programma anche alcuni appuntamenti con paleontologi ed esperti. E dopo la visita a Oceani perduti, quale occasione migliore per visitare Kosmos, il museo a fianco, inaugurato nel 2019 e ricco di oltre 2000 reperti? Si potrà salutare un altro animale acquatico molto più recente... l'ippopotamo dei Gonzaga catturato nell'anno 1660 e donato alla famiglia dei Gonzaga, uno tra i più antichi animali tassidermizzati presenti in un museo di storia naturale.
INFORMAZIONI
- Oceani Perduti. Giganti marini al tempo dei Dinosauri
- Museo Kosmos – Museo di Storia Naturale dell’Università di Pavia (Piazza Botta 9, Pavia); museokosmos.eu
- Orari di apertura: da martedì a domenica, dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17). Fino al 28 giugno 2026