
Più che uno studio, Cinecittà per Fellini fu una casa, un bunker, un rifugio, un’alcova, dove si faceva portare da mangiare quando non aveva voglia di andare a pranzo al vicino ristorante La Cascina, e che gli consentiva senza muovere un passo di fare una passeggiatina a via Veneto, perfettamente ricostruita per La dolce vita.
Sarebbe stato felice il Maestro di veder tornare come nuova quella dimora in cui sono nati anche La Strada, Otto e mezzo, Amarcord, con i pannelli solari sul tetto e le tre finestre con infissi splendenti da cui Marcello Mastroianni, con l’aiuto di un montacarichi, sbuca tra nuvole di fumo nel film del 1987 Intervista con indosso il frac di Mandrake e una bacchetta magica in pugno.
Da questo leggendario edificio è iniziata la ristrutturazione di Cinecittà che, grazie ai fondi del PNRR, fino al 2026 vedrà coinvolti tutti i 19 teatri di posa di via Tuscolana 1055. Inaugurata da Mussolini alla periferia della capitale nel maggio 1937 e diventata tra la fine del fascismo e gli anni del boom economico il simbolico epicentro della società italiana, dal 2017 è una società pubblica con 340 dipendenti e un socio unico: il Ministero dell’Economia e delle Finanze, i cui diritti sono esercitati dal Ministero della Cultura.

Il progetto di prevede anche la costruzione di cinque nuovi teatri di posa, per un totale di 16mila metri quadrati, con cui si vuole incrementare la capacità produttiva, puntando soprattutto alle serie televisive dei colossi come Netflix, Fremantle, Amazon, Sony, che in quest’ultimo periodo hanno ravvivato in parte set e teatri, da decenni sonnacchiosi. In tre anni sono stati realizzati una cinquantina tra film, documentari, serie tv, spot pubblicitari, che si aggiungono agli oltre 3mila film creati in 87 anni (calcolatrice alla mano, circa 35 l’anno) di cui 279 in sei anni di regime, fra il 1937 e il 1943. Allora Cinecittà era la fabbrica del consenso e dei sogni. Quel consenso oggi non esiste più, per fortuna, o si cerca di esercitarlo magari con media diversi, mentre i sogni rimangono sempre, fanno parte dell’uomo e della Città del cinema: la mitica Hollywood sul Tevere, come era chiamata in una stagione d’oro per il nostro Paese, che si rimetteva in piedi dopo la guerra e ritrovava il piacere e la suggestione di “seguire” per le strade della capitale la Vespa di Gregory Peck con Audrey Hepburn a lui avvinghiata in Vacanze romane, il film del 1953 che segnò la rinascita culturale ed economica di Roma lanciando il cineturismo, oggi più che mai in salute.

Oggi Cinecittà non è solo uno spazio da affittare, ma un luogo di visioni, di cultura, di sperimentazione, di ricordi, di conoscenze, da vivere come un vero e proprio viaggio. E infatti esiste un “vip tour” dedicato agli appassionati della settima arte. A bordo di una mini car si entra nell’immaginario della cittadella, tra set di film girati o da girare, mostre interattive, installazioni, costumi, oggetti di scena. Il tutto seguendo il nuovo percorso espositivo permanente di tre ore Cinecittà si mostra che permette al pubblico di visitare gli studios su prenotazione. Un tour tra il verde dei pini che si affacciano su viali dedicati ad attori e registi, viali che contrastano con il color ocra chiaro dei padiglioni industriali di stile razionalista. Nella speranza di incontrare qualche star, ci si muove tra set vecchi e nuovi, dalla casa di Nonno Libero di Un medico in famiglia al grande cavallo a dondolo del Pinocchio di Benigni. Dai due ettari di edifici civili e religiosi della Roma Antica, tutti in vetroresina e pannelli di legno, che compongono un facsimile del Foro romano tornato buono per decine di pellicole. E poi padiglioni come lo Studio EL (https://cinecitta.com/studio-el/), fondato da Ettore Scola e Luciano Riccerti, e grandi teste di scena, sparse qui e lì, come quelle de La città delle donne, sempre di Federico Fellini, fino al Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema, tappa finale della visita.

Un tour tra gente speciale, quella di Cinecittà, che lavora nell’immaginario e sogna ancora per noi scolpendo con le tecniche di ieri e di oggi un mondo di visioni e di illusioni meravigliose. «Quando mi domandano qual è la città dove preferisco abitare e mi propongono Londra, Parigi, Roma… io dico, alla fine, se devo essere sincero, Cinecittà, il teatro 5 è il posto ideale». Così disse Fellini in un’intervista riportata su una targa dorata a lui dedicata. Un teatro vuoto, in uno spazio da riempire, con «l’emozione assoluta, da brivido, da estasi, di un mondo da creare». Cinecittà appunto.
