
"Ridurre il tema della sostenibilità di un edificio a qualche scelta progettuale e all'uso di materiali ecocompatibili è un errore. Se l’obiettivo è net zero, ossia la neutralità carbonica, non basta tagliare le emissioni per metro quadrato delle nuove costruzioni. Serve un approccio diverso – Kristian Villadsen, direttore creativo dello studio di architettura BRIQ (briqgroup.com) di Copenaghen, non ha dubbi –. Rispetto al classico “idillio suburbano” della villa con giardino a portata di treno dal centro, la città è molto più efficiente: metrature contenute delle abitazioni, migliore isolamento, minori percorrenze per accedere a lavoro e servizi, infrastrutture meno costose per unità abitativa». Siamo nel cuore di Carlsberg Byen, il quartiere che BRIQ ha sviluppato nell’area dello storico birrificio alla periferia occidentale della capitale danese. Di fatto una propaggine di Vesterbro, distretto un tempo operaio, segnato da eros center e prostituzione a partire dal 1967 quando in Danimarca fu liberalizzato il porno, poi dalla droga, e riqualificato a metà degli anni Novanta.


Maglietta bianca e jeans, una bici da corsa (italiana) appoggiata alla scrivania, circondato dai tavoli di giovani architetti indaffarati al
computer, Kristian Villadsen sintetizza così il progetto Carlsberg Byen (carlsbergbyen.dk): «Zero interesse per le solite case di design, magari circondate da giardini e corredate di un centro commerciale. Edifici a scatola, dove entri nell’appartamento del vicino per sbaglio, tanto sono simili. Qui, prima di tutto, abbiamo eliminato ogni cesura con il quartiere circostante. Camminando, non ti rendi conto di arrivare: persino i marciapiedi sono identici, per forma e materiali a quelli di Vesterbro». Si ferma, guarda la bici e aggiunge: «Però qualche ciclabile avremmo potuto farla, il pavé come un secolo fa è davvero fastidioso».
Riprende. «Abbiamo inserito tra gli edifici eclettici in mattoni di fine ’800 le nuove costruzioni, alternando ad alcune (poche) torri, palazzine di tre-cinque piani secondo una pianta aperta con una ventina di spazi pubblici per dare respiro al tessuto urbano; il polmone verde è rappresentato dal parco della villa in cui vivevano i Carlsberg, per il resto abbiamo privilegiato l’accessibilità a piedi, massimo cinque minuti, a treni e metropolitane. Quanto ai negozi, tutti i locali a piano strada restano di proprietà dello sviluppatore, perché la qualità della vita è legata anche al tipo di esercizi commerciali. E la zona non deve trasformarsi in una parata di negozi di lusso. Stesso motivo per cui si è scelto un mix di abitazioni e uffici: Carlsberg Byen non è né un quartiere dormitorio né un business district popolato da fantasmi di notte e nei festivi». L’asso nella manica del nuovo distretto – a Copenaghen più di un
terzo dei condomini sono case di cooperativa (il 55% della popolazione è in affitto) ma i prezzi degli immobili sono decuplicati in due decenni – è nell’approccio alle dimensioni delle abitazioni. «Se a pochi passi hai spazi per far giocare i tuoi figli (anche al chiuso per l’inverno), coworking dove poter lavorare da remoto, laboratori in cui dedicarti ai tuoi hobby, palestre per tenerti in forma – puntualizza Kristian Villadsen – non devi svenarti per pagare metri quadrati inutili o poco sfruttati e migliori la sostenibilità del quartiere. Semplice».

Set. Game. Match. Siamo partiti da Milano in treno – complice il notturno Zurigo-Amburgo: 25 ore di viaggio (inquinando 20 volte di meno del volo) – per toccare con mano il fiasco (si fa per dire) di Copenaghen: l’annunciato azzeramento delle emissioni carboniche entro il 2025 non è stato raggiunto. Numeri alla mano, è poco oltre l’80% e l’obiettivo è slittato al 2030. Ma la forbice tra la realtà immobiliare italiana e il progetto curato dal team di Villadsen spiega bene come mai la capitale danese si sia piazzata al vertice del GLI-Globaly Liveability Index 2025 (eiu.com/n/campaigns/global-liveability-index-2025/) elaborato dal quotidiano britannico The Economist. Classifica in cui Milano è al 49esimo posto su 173 città considerate.

Un modello di innovazione urbana dove la qualità della vita e l’attenzione per l’ambiente non sono slogan per “dare un tocco di verde” a una città che in tre decenni ha cambiato volto, arricchendosi di costruzioni concepite da archistar. Primo tra tutti lo studio BIG di Bjarke Ingels (nato e cresciuto a Copenaghen) cui si devono sia il termovalorizzatore-pista di sci di CopenHill sia gli impianti balneari di Islands Brygge. Qualche esempio? I più facili da notare sono gli Havnebusse, vaporetti elettrici gialli che solcano a impatto zero le acque del bacino del porto collegando il centro storico con i quartieri nati sulla sponda opposta, dove un tempo erano l’arsenale e una distesa di cantieri navali.

Il meno visibile, percepibile solo dai dettagli, lo spiega Jan Rassmussen, direttore del piano di adattamento al clima: «Nel luglio 2011 Copenaghen fu investita dalla “tempesta del millennio” che in due ore riversò sulla città la pioggia di due mesi, provocando più di 800 milioni di euro di danni. Subito ci siamo resi conto che una scelta ovvia come potenziare i sistemi di smaltimento delle acque avrebbe cambiato di poco la situazione. Quindi nel quartiere di Østerbro, tra i più a rischio, abbiamo realizzato il progetto Klimakvarter (klimakvarter.dk)». Costato un decimo degli interventi sugli impianti cittadini, ha trasformato le strade in invasi in leggera pendenza per riversare le acque piovane in grandi serbatoi sotto le aiuole al centro delle piazze, come in Tåsinge Plads. «Sono stati ristrutturati i cortili interni dei condomini, allestiti a giardino per facilitare il drenaggio e completati con aree allagabili per rallentare il rilascio della pioggia nel sistema fognario – continua Rassmussen, mentre mostra le bocche di raccolta a filo marciapiede –. Vede quel rubinetto? Ci permette di deviare gli scarichi d’inverno: il sale sparso sulle strade contaminerebbe i serbatoi e ci impedirebbe di usare l’acqua per irrigare».
«Dei 397 chilometri di ciclabili della città si parla fin troppo – sottolinea Christian Hougaard di Cycling Copenhagen (cycling-copenhagen.dk) mentre partiamo per un tour a due ruote, – ma pochi notano che, di fatto, ogni abitante è anche un ciclista. Perciò gli interventi sul traffico delle bici (il primo ponte ciclopedonale è degli anni Sessanta) non sono vissuti come una limitazione della libertà personale. Fotografatissimo per le sue serpentine, il Cykelslangen è solo uno dei 24 ponti dedicati alle due ruote e, prima di ogni altra cosa, ha migliorato i collegamenti est-ovest con Havneholmen». Sì, ma alla fine, quanti sono i ciclisti? «Ogni giorno lavorativo ne transitano oltre 42mila solo sul ponte Dronning Louise, porta d’accesso al centro storico – puntualizza Monica Magnussen, addetta alla comunicazione del municipio –. Senza dimenticare che studi recenti quantificano in 1,08 euro/km a ciclista il vantaggio per la società danese. Il tutto con tassi di incidentalità, anno su anno, prossimi allo zero». Dato credibile solo se si è provato a pedalare nel fiume di bici dell’ora di punta, dove regna una disciplina ferrea, nonostante qualche anarchico non manchi mai.


Copenaghen spiazza persino sul fronte dell’overtourism. Al posto di parlare di ticket o numero chiuso, si è scelta una strada green radicalmente diversa. «Le barche elettriche GoBoat (goboat.dk) sono uno spazio di convivialità sull’acqua, dove sedere intorno a un tavolo per dividere del cibo o una bottiglia di vino – Kasper Eich-Romme che le ha inventate prende l’aria ispirata mentre scivoliamo tra i canali –. Quindi sono stato tra i primi ad aderire, e con entusiasmo, a CopenPay, l’iniziativa nata nel 2024 che premia i turisti attenti all’ambiente con sconti e tour gratuiti in tutti i settori, dalla visita dei musei alle attività sportive». Risultato: l’unico problema di GoBoat è il sold out nei weekend (e non solo).

Grattacapo che condivide con GreenKajak (greenkayak.org), imbarcazioni biposto che i visitatori della città possono noleggiare a costo pressoché zero, purché al rientro il bidone posto tra i due pagaiatori sia colmo di rifiuti di plastica “pescati” dal bacino del porto. In effetti, il motivo per cui (forse) Copenaghen ha mancato l’obiettivo della totale decarbonizzazione nel 2025 è proprio legato ai gabbiani: incuranti dell’attenzione al riciclo e alla sostenibilità dei suoi abitanti si ostinano come in tutto il mondo a rubare il cibo dai cassonetti, disseminando poi i canali della città di scarti di imballaggi...

INFORMAZIONI
MUOVERSI
Alternativa sostenibile all’aereo è il treno notturno NightJet di Öbb Zurigo-Amburgo (10 ore, con cuccette e cabine letto; nightjet.com), cui si devono sommare due tratti diurni con Eurocity: 3 ore e 15 da Milano a Zurigo e 5 ore da Amburgo a Copenaghen, salvo imprevisti (frequenti in Germania). Per spostarsi in città, utile la Copenhagen Card (copenhagencard.com): 110 € per 48 ore; comprende tutti i trasporti e sconti per musei e attrazioni.
IL SOGGIORNO
Fuori dall’alta stagione, Copenaghen offre punti di vista tutti da scoprire. Tra i molti alberghi attenti alla sostenibilità, l’Ottilia Hotel (brochner-hotels.com) sorge nell’ex deposito di malto del birrificio Carlsberg. L’offerta gastronomica è ampia, sebbene si sia conclusa la parabola del ristorante Noma. Tra i locali attenti all’ambiente con prodotti a chilometro zero, da segnalare il vegano Beyla (a Carlsberg Byen; beyla.dk), il vegetariano Far (con winebar; farcph.dk), il pesce di La banchina (sul porto, con sauna e soli 14 posti; labanchina.dk) e Killer Kebab (killerkebab.com) con il kebab più apprezzato della città. Spuntini di qualità nelle panetterie-pasticcerie della catena Lagkagehuset (lagkagehuset.dk).
ALTRE INFO
Informazioni turistiche sulla Danimarca: visitdenmark.it; su Copenaghen e il programma CopenPay: visitcopenhagen.it.
GUIDE TCI
Guida Verde Danimarca (264 pag., 24,90 €, 19,92 € iscritti TCI) e Cartoville Copenaghen (12,50 €, iscritti TCI 10 €).