La granita, in Sicilia, si consuma a colazione, nelle mattine d’estate, prima di andare al mare o iniziare qualsivoglia attività. Se la prendete di pomeriggio, o di sera, non vi guardano come si guarda un americano che pranza con pizza e cappuccino, però insomma, fate voi. Quel che è certo è che a colazione è d’obbligo, come una baguette in Francia. La brioscia, che è soffice e pastosa, con la crosta leggera e scura, va inzuppata come si fa con la brioche nel cappuccino. C’è chi inizia dal cappello, chi da sotto, ma sono dettagli. La granita, non è difficile crederlo, è un’eredità della dominazione araba. Gli arabi erano soliti consumare lo shertbet, bevanda ghiacciata aromatizzata con l’acqua di rose. I siciliani modificarono la ricetta sfruttando la neve che d’inverno s’accumulava sull’Etna e sulle cime dei Peloritani. Nonostante quest’origine invernale oggi, per ovvie ragioni meteorologiche, è una colazione estiva. Tant’è che un tempo (ma nella maggioranza dei bar dell’isola anche oggi) si trovava solo tra maggio e fine settembre.
Si può discutere su dove si produca la miglior granita di tutta la Sicilia. Ed è subito un tiramolla infinito: come qualunque discussione culinaria nel nostro Paese. Meglio a Messina, dice qualcuno. La densità è quella corretta, lo zucchero è un poco più accentuato, la consistenza, legata alla temperatura, è quella che deve essere: non è mai ghiacciata e non è mai liquida, staziona in una condizione di permafrost che è un mistero della fede capire come accada, ma accade. Meglio a Catania, dicono altri, certamente etnei. La granita qui è un po’ più aspra e morbida, quasi una densa crema. La stessa grossomodo che si trova a Siracusa.
Allontanandosi dalla costa orientale, ecco… Allontanandosi dalla costa orientale è un po’ come passare lo Stretto. La granita perde consistenza, diventa più dolce, meno saporita, meno naturale: più simile alla granatina che si trova altrove. O addirittura alla grattachecca di Roma. Insomma un sacrilegio. Per cui la granita siciliana è una questione della costa orientale, come il pani ca meusa o pane e panelle sono una questione palermitana.
QUALCHE INDIRIZZO
Detto questo, bisognerebbe suggerire qualche indirizzo per gustare la vera granita siciliana. Ma è una questione delicata: una scelta culturale, un manifesto di appartenenza. A Catania dicono che la migliore si mangi ad Acireale, al bar Condorelli di via Oreste Scionti. Un posto senza pretese, dove la granita alla mandorla (a minnulata) raggiunge vette di vera arte. Ma è una scelta dibattuta. Nel capoluogo etneo va per la maggiore la pasticceria Pistorio, in piazza Ariosto. O da Savia, pasticceria della centrale via Etnea. Mentre a Messina, all’ombra di piazza Cairoli, dal 1910 c’è la pasticceria Irrera, un’istituzione per la granita al caffè con panna. Qualche granita buona, va detto, si trova anche altrove, non solo lungo l’asse costiero Messina-Catania-Siracusa: anche a Trapani o Agrigento se ne gustano di decenti.