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Il Monte Grappa, in Veneto, è ufficialmente la ventesima Riserva della Biosfera Unesco in Italia. A decretarlo è stato il 15 settembre scorso il Consiglio internazionale di coordinamento dell’ente, dopo il parere positivo già espresso dall’organo tecnico di valutazione del Programma MAB (Man and the Biosphere). Il territorio del Monte Grappa, tra le province di Treviso, Vicenza e Belluno, viene così riconosciuto dall’Unesco “un laboratorio di idee concrete e innovative” in settori cruciali come la conservazione della biodiversità allevata e coltivata, il turismo outdoor, lento ed esperienziale, l’economia circolare, la responsabilità sociale d’impresa.
Lama d'Alpeggio sul Monte Grappa / foto Federico Gobbato
Abbiamo chiesto di raccontarci la nuova Riserva della Biosfera del Monte Grappa e il percorso articolato che ne ha portato il riconoscimento a Cristina Crema e Anna Agostini. Anna Agostini è la consulente ambientale di Punto3 che ha seguito il complesso percorso di candidatura, affiancata da Cristina Crema, la coordinatrice dell’Ipa, l’Intesa Programmatica d’Area il soggetto che unendo pubblico e privato ha aggregato i soggetti promotori, spingendo la candidatura al successo.
Come avete delimitato il territorio diventato Riserva della Biosfera?
“La delimitazione è il risultato di un percorso partecipativo che ha coinvolto i 25 Comuni coinvolti, province, Regioni e Ministero per due anni, durante lo sviluppo dello studio di fattibilità. Abbiamo voluto ricalcare i limiti naturali che hanno rappresentato la guida della zonizzazione – spiega Anna Agostini - La Riserva della Biosfera si divide quindi in tre macroaree: la riserva "transition" è quella che abbraccia i centri abitati e in genere tutte le aree più densamente popolate, ovvero i territori dove si “gioca” il vero tema dello sviluppo sostenibile; c’è poi un’area "buffer" che ricalca l’area del Monte Grappa già tutelata dalla rete Natura 2000 e che riconosce un valore in termini di biodiversità; mentre all’interno dell’area buffer c’è un’area "core" in cui si svolgono attività di conservazione ambientale legate ad esempio all’attività delle malghe: quindi conservazione della biodiversità alleata e coltivata e non solo selvatica".
Riguardo più strettamente ai confini geografici come la dobbiamo pensare?
"Geograficamente, è stata coinvolta quell’area pedemontana e di pianura che rappresenta un mosaico di ecosistemi, una sorta di Italia in miniatura dove si raccolgono in un’area molto delimitata specie tipiche delle Alpi e specie lagunari. È la ricchezza dei paesaggi e degli ecosistemi che ha definito questa geografia. Abbiamo volutamente marcare i limiti stabiliti nella Riserva della biosfera per essere riconoscibili agli interlocutori internazionali che conoscono meno la realtà locale: a est il fiume Piave, a ovest il Brenta (due confini fisici importanti), a sud il gruppo di Comuni che condividono una parte di area pedemontana, quindi arrivando prima del limite delle risorgive, e a nord è il cambio orografico che dalle pendici del Monte Grappa comincia a essere considerato territorio dolomitico. I confini sono quindi geologici, ancor prima che geografici e amministrativi. Il territorio viene così visto come una vera entità ecosistemica, che conta se dobbiamo interessarci alla sicurezza idrogeografica e idrogeologica: pensiamo finalmente all’"ecosistema Monte Grappa".
Fojaroi ristrutturati in località Reselé-Seren del Grappa / foto Serena Turrin
Il rapporto tra l’uomo e la biosfera sottende la definizione di sviluppo sostenibile, che è al centro dell’Agenda 2030. Quali sono gli elementi che fanno del territorio del Monte Grappa un laboratorio di sostenibilità ambientale?
“La nostra ricchezza di biodiversità in alcune aree è strabiliante e anche poco conosciuta dalle stesse comunità che ci vivono - spiega Agostini -. Se guardiamo ad esempio alla varietà di specie endemiche, anche noi siamo rimasti stupiti dalla ricchezza di flora e fauna che esprime il territorio del Monte Grappa. Si contano molte specie floristiche e faunistiche citate nella Global Red List, la lista globale di specie protette.
Prima la candidatura e adesso essere Riserva della Biosfera ci fa rientrare nel programma Mab, “Man and Biosphere”. Il riconoscimento è stato proprio al valore in biodiversità e geodiversità, ma anche in quell’equilibrio tra uomo e natura che è stato costruito in secoli e che contraddistingue il massiccio del Grappa, sia in termini culturali che paesaggistici; di equilibri dinamici fra la presenza dell’uomo e tutte queste specie.
Un altro contributo che abbiamo segnalato alla rete internazionale che doveva valutare la candidatura riguarda i segni delle guerre. Abbiamo voluto svolgere nel percorso di candidatura un filo che dalla memoria della guerra guida alla costruzione della pace in termini di sviluppo sostenibile: dagli squilibri a nuovi possibili equilibri".
Il Sacrario del Monte Grappa / foto Federico Gobbato
Come continuerà il vostro lavoro dopo il sigillo dell’Unesco?
"Il nuovo step importante è avvenuto giovedì 21 ottobre, con l’insediamento del Comitato di Gestione (il principale organo di governance della Riserva della Biosfera) e l’apertura dei tavoli di lavoro dell’Assemblea consultiva della Riserva della Biosfera - spiega Cristina Crema - in cui i 31 membri rappresentativi di tutte le organizzazioni coinvolte nel progetto saranno impegnati a in un laboratorio permanente sulla sostenibilità, ragionando quindi sui temi della promozione turistica in chiave sostenibile, della promozione dei valori culturali, della responsabilità sociale d’impresa".
"In sintesi lavoreremo per far sì che il territorio del Monte Grappa possa rappresentare un esempio di pratiche innovative per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Onu, trovando soluzioni a livello locale a problemi globali. Il turismo rurale, l’educazione al paesaggio, il turismo lento, la biodiversità allevata e coltivata, ecodestinazioni turistiche sono alcuni dei temi su cui lavoreremo fin da subito".
Quali sono le vostre eccellenze?
"Il territorio del Monte Grappa ha sempre “pensato” ai temi della sostenibilità e della biodiversità - spiega Crema - soprattutto nell’aspetto agricolo nel mantenere tipicità diverse. Da noi non esiste la monocultura, anzi abbiamo esaltato le tipicità: ad esempio, nel campo dell’agricoltura, non abbiamo solo la Docg del prosecco, ma vantiamo l’Asparago Bianco di Bassano DOP, il Radicchio di Treviso IGP, le Ciliegie di Maser e Marostica IGP, le Mele di Monfumo, i Marroni del Monfenera IGP e il dolcissimo Biso di Borso. E non dimentichiamoci le malghe (da cui vengono eccellenze casearie come il Morlacco e il Bastardo), vissute e anzi ambite da chi in tempi di pandemia vuole ritornare a recuperare lavori della tradizione. Dal punto di vista produttivo il nostro è un territorio da sempre legato allo sport, anzi agli sport all’aria aperta: dalla corsa, al trekking, al ciclismo: turismo lento quindi associato alla sostenibilità per un territorio che ci piace pensare come a una “palestra a cielo aperto”.
Heranthis Hyemalis / foto Anastasia Sebellin e Sergio Ballestrin
La candidatura è un processo articolato. Chi sono i protagonisti di questo successo e su quali punti avete lavorato di più nello specifico?
"Il processo è iniziato nel 2016 – spiega Anna Agostini - con alcune attività di divulgazione che sono state avviate da Confartigianato, una delle associazioni di categoria che fanno parte dell’Ipa Terre di Asolo Montegrappa, che è stato il soggetto coordinatore di tutto questo percorso. Il fatto di avere un soggetto coordinatore che ha al suo interno sia un soggetto pubblico che privato è un valore aggiunto per questo progetto".
Quali sono i principali obiettivi che riguardano gli aspetti sociali e comunitari del territorio?
“Valorizzare il capitale umano è uno dei punti centrali del processo – sottolinea Anna Agostini - che ha coinvolto il Monte Grappa (come per le altre riserve della Biosfera italiane). Dobbiamo contrastare i fenomeni dello spopolamento, del degrado ambientale, del dissesto idrogeologico. Il nostro impegno per il futuro è quello di valorizzare quello che già c’è, che forse sta un po’ soffrendo la mancanza di infrastrutture e collegamenti, dando una spinta diversa al turismo rurale, al turismo sostenibile, al turismo esperienziale, ma anche a una gestione diversa delle risorse in termini rurali e di produzioni tipiche. Avere ottenuto il riconoscimento di Riserva della Biosfera è in questo senso un elemento che facilita buone pratiche e percorsi di attivazione di partnership con altre riserve della Biosfera che stanno affrontando le nostre stesse sfide”.
Veduta da Cima della Mandria / foto Federico Gobbato
In che modo la pandemia ha influito sul vostro territorio, state registrando un ritorno delle giovani generazioni?
"I giovani devono ritrovare una ricollocazione e sembra che dai lavori impiegatizi che hanno caratterizzato gli ultimi decenni si stia tornando in montagna, anche proprio sulle malghe. Noi cercheremo di sostenere le professioni legate al mondo agricolo e al settore turistico".
Qual è l’utenza turistica del vostro territorio e come potrebbe cambiare in futuro dopo questo riconoscimento (in termini di sensibilità degli operatori, dei turisti e dei fruitori di servizi)?
“Gli operatori non vogliono un turismo di massa – spiega ancora Crema -, ma un turismo che sia rivolto alla sostenibilità. È importante sottolineare come questo aspetto non sia rimarcato solo dagli amministratori ma anche dagli operatori turistici e dalle comunità, una condizione necessaria a mantenere l’integrità del nostro territorio”.
Mucche al pascolo tra gli alpeggi del Monte Grappa / foto Elisa Monticello
C’è stato un elemento che ha favorito più di altri il percorso di riconoscimento di Riserva?
“È stato l’aver coinvolto fin da subito rappresentanti di territori già riconosciuti come Riserve della Biosfera – sottolinea Cristina Crema - nazionali ed internazionali, che hanno descritto concretamente quale poteva essere il vantaggio di avventurarsi in un percorso del genere. A un certo punto abbiamo forzato l’hashtag #progetticoncreti, proprio per rendere tangibile qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto solo nelle carte. Era importante che le comunità del territorio si ritrovassero. L’aggregazione è stato l’elemento vincente della nostra candidatura. Questo “humus” ci ha permesso di non essere ostacolati dalla pandemia e ora ci mette nelle condizioni di essere arrivati al riconoscimento Unesco del 15 settembre e ora di rilanciare il nostro lavoro”.
INFO UTILI E APPROFONDIMENTI
- Per conoscere e approfondire la Riserva della Biosfera MAB Unesco del Monte Grappa vai al sito ilgrappa.it.
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