
Il giro del mondo in meno di due ore? Si può fare, ed è un’avventura possibile. Si deve andare però in Irpinia, e cercare il Bulbo tra le strade più antiche di di Avellino. Non si sta parlando di funghi dalle proprietà psichedeliche, ma di un luogo dove accendere i sensi e sentirsi altrove, almeno per una sera.
“Il Bulbo” è un ristorante che sta facendo molto parlare di sé. Qui si incontrano il passato, il presente e il futuro di Alessandro Piantedosi, chef premiato nella Guida Ristoranti d’Italia 2025 come Top di Domani. Accanto a Piantedosi c’è sua moglie, Federica Patania, altrettanto talentuosa maître sommelier di origine piemontese.

L’avventura di Alessandro ha inizio proprio nella sua Avellino, passa per la Thailandia e l’Australia per approdare a Londra, destinazione d’elezione per tanti chef che puntano all’olimpo della ristorazione. Alessandro fa una lunga gavetta, con esperienze importanti come al Nobu London Old Park Lane e Hide. E nella frenesia della city e delle cucine stellate c’è l’incontro con Federica. Si innamorano, si scelgono e decidono di raccontarsi in un luogo che li rappresenti, tornando alle radici.
“Abbiamo dovuto impiegare moltissime energie e altrettante dosi di coraggio per iniziare qui una nuova avventura. Avellino è una città piccola, con ritmi e stili di vita così lontani da quello che abbiamo vissuto a Londra. In poco più di un anno abbiamo avviato il ristorante, ci siamo sposati, è nato il nostro bambino e si è aggiunto alla famiglia anche un amico a quattro zampe”. Put all one's eggs in one basket.

Le innovazioni non sono mai facili da introdurre, soprattutto quando la tradizione enogastronomica è così sentita, presente, pervasiva come in Campania: “C’è ancora un po’ di diffidenza - conferma lo chef - ma anche molta curiosità di lanciarsi in nuovi assaggi… finger snack, cotture di pesce sulla griglia alla giapponese, alette di pollo alla thailandese, lingua e fegatelli addolciti, fiori, foglie, fermentazioni scandinave, spezie asiatiche”.
Non si tratta però di fine dining per esteti del cibo, “vogliamo che ci si alzi da tavola sempre con la sensazione di aver davvero mangiato, perché io e Federica siamo i primi a non volere uscire da un ristorante creativo e ambizioso affamati come quando ci siamo seduti a tavola”.

Alessandro è giovane, ma ha lavorato in cucine internazionali e viaggiato tra Australia, Thailandia, Oriente e Sudamerica. “Tra i piatti c’è molto di me, la arepas venezuelana che metteva in tavola per il breakfast una coinquilina londinese, oppure la tartare di manzo alla giapponese che mi rimanda dritto nella cucina del Nobu".
In una storia così densa di avvenimenti concentrati in così poco tempo pare impossibile ci sia ancora spazio per progettare altro, ma Alessandro e Federica ci provano immaginandosi tra qualche anno “tra le montagne irpine, nel loro nuovo ristorante di fine dining, una sorta di raffinato rifugio culinario per cercatori del gusto”.
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