Il Touring Club Italiano sostiene Va' Sentiero, il progetto di sei ragazzi che da maggio 2019 hanno iniziato a percorrere tutto il Sentiero Italia. Alla pagina www.touringclub.it/vasentiero tutti gli articoli dedicati al cammino, con resoconti periodici e approfondimenti sulle varie tappe. Seguite anche voi Va' Sentiero!
Ci siamo. Va' Sentiero ha ricominciato a camminare per le montagne italiane e, come avevamo annunciato in quest'articolo, ha preferito iniziare il suo percorso 2021 dalla Sicilia, lasciando l'ultima parte della penisola all'estate 2021. Primo punto di partenza, dunque, la città di Messina, dove i ragazzi sono giunti con il fido furgone Santos in un giorno di fine aprile. "È stato un bel viaggio" racconta Diego, che per il team si è sempre occupato della parte grafica ma che quest'anno si è aggregato alla spedizione in veste di autista, sostituendo temporaneamente il fido Giovanni. "Dopo mesi di quarantena e zone rosse finalmente ci si poteva rivedere... non ti dico l'adrenalina e l'ansia pre partenza!".
Dopo un passaggio a Sondrio per "pimpare" il Mercedes classe 1995 da un amico che aveva preparato i nuovi sticker (per chi non è abbastanza giovane: "pimpare" significa "effettuare modifiche per rendere qualcosa più appariscente"), Diego ha recuperato alla spicciolata il videomaker Andrea, il capospedizione Yuri, il logistico Giacomo, poi la social manager Martina e la fotografa Sara, e infine il cambusiere-filosofo Francesco: primo pit stop a Termoli, dove il gruppo ha re-incontrato i ragazzi di Sentieri Olistici, che già avevano partecipato alla spedizione lo scorso anno; e poi via verso Reggio Calabria, ospiti di Irma e Domenico, gestori del b&b Kalavrìa: "due ragazzi giovani e molto accoglienti" racconta Diego, "tornati nella loro città dopo aver studiato fuori". Il giorno dopo traghetto sullo Stretto ed ecco Messina, dove Va' Sentiero è stato accolto dal presidente del Cai Messina e dall'Assessore alla cultura del Comune. Non poteva mancare la prima granita al caffè con panna e brioche annessa... un ottimo benvenuto in Sicilia!
Francesco ci parla lungamente delle tante peculiarità della città di Messina, spesso trascurata dal turismo, eppure ricchissima di storie e di cultura. "A partire dai forti umbertini, realizzati a scopo difensivo per un'eventuale invasione inglese tra Ottocento e Novecento; pensa, ce ne sono ben 23, tra la parte siciliana e quella calabra dello stretto: sono unici nel loro genere perché, a differenza di altre fortificazioni, non avevano come oggetto la difesa della città, bensì lo specchio d’acqua dello Stretto. I forti erano stati costruiti in modo tale da non essere visti dal mare, ma con l'avvento degli aerei diventarono obsoleti". Oggi potrebbero diventare un'attrazione turistica, alla pari della tradizione centenaria dei Pupi ("ne abbiamo provato a muovere uno: incredibile quanto sia pesante!") e degli edifici in stile neoliberty costruiti dopo il terrificante terremoto del 1908, uno dei più disastrosi registrati in Europa in tempi moderni. "Ma Messina è interessante anche per due altri aspetti" continua Francesco "innanzitutto le leggende e i miti che la vedono protagonista, dal titano Urano che crea il porto con la sua falce a Colapesce, il ragazzo sfidato da Federico II che rimane sott'acqua per reggere sulle spalle la Sicilia (e quando cambia spalla, ecco che si scatena il terremoto). E poi, la gastronomia: dalla focaccia messinese alla pignolata, fino alla Birra dello Stretto, una bella storia di resilienza, con i dipendenti di una fabbrica fallita che grazie all'aiuto di Regione, cittadini e grazie anche al loro stesso TFR sono riusciti a rimetterla in moto".
Prima notte "ufficiale" di Va' Sentiero 2021 al Forte San Jachiddu, appunto uno di quei forti umbertini di cui parlavamo sopra. "È un luogo fuori dall'ordinario, con una vista magnifica sullo stretto" spiega Yuri. "Abbandonato per lungo tempo, è stato recuperato da padre Mario Albano, un ex missionario energico e benvoluto dalla popolazione locale, purtroppo ormai quasi cieco, che ha ristrutturato la costruzione facendo lavorare anche ragazzi immigrati, che oggi aiutano nella manutenzione". Il forte è diventato così un Parco Ecologico, "bene comune" immerso nel verde dove sventola la bandiera italiana e dove tutti sono benvenuti.
INCONTRI E PANORAMI SUI PELORITANI
Tempo di mettersi in marcia: prima tappa, quella dal forte al santuario di Dinnammare. "I monti Peloritani hanno iniziato subito a mostrarsi nella loro bellezza primaverile, si camminava tra querce, sugherelle, eucalipti, cespugli di erica" racconta Yuri. "Siamo stati accompagnati da Angelo Rosa di Milazzo, socio Cai con un passato sportivo d'eccezione, pensa che dalla Sicilia è arrivato a Capo Nord in bicicletta, poi non ti dico le spedizioni alpinistiche sul Bianco e ai viaggi in Sudamerica... insomma, una persona piena di aneddoti che ci ha allietato il cammino". Così come ad allietare l'arrivo al santuario è stata Liliana, della sezione Cai di Novara di Sicilia, che si è palesata con un vassoio di arancini e di pidoni (o pitoni, una sorta di calzone fritto ripieno di scarola, alici e mozzarella)...
"Il santuario della Madonna di Dinnammare è situato in una posizione incredibile" continua Yuri "a 1200 metri, su una cresta, affacciato sullo Ionio a oriente e sul Tirreno a nordovest: da qui si vede sia l'alba sia il tramonto...". Qualcuno dice che il nome Dinnammare deriverebbe proprio dal termine latino "bimaris". Dopo un tramonto meraviglioso, per dormire i ragazzi hanno montato la loro grande tenda, mentre due di loro hanno trovato accoglienza all'interno del santuario, in una notte tanto suggestiva quanto gelida e ventosa. "In ogni caso" conclude Yuri "come ingresso di Va' Sentiero in una regione finora è stato il più bello, sia a livello di paesaggio sia a livello umano".
"Un po' rintronati per il vento e il freddo della notte, siamo ripartiti con il sole che si è fatto spazio tra le nuvole" racconta Sara "camminando su una cresta che dietro al santuario scende su un promontorio: era solo il preludio di una tappa bella, aperta, in cresta, con lo sguardo che andava dalla costa nord con Milazzo e il Tindari fino all'Etna con la neve in cima". Sara era già stata nella zona, qualche anno fa: "nel 2017 io e Yuri avevamo deciso di fare un giro da queste parti: mi ricordavo in particolare del monte Scuderi, una vetta dei Peloritani dalla forma peculiare, la cui cima è insolitamente pianeggiante". Yuri, nel pomeriggio, non si è lasciato sfuggire l'occasione di scalarlo; il gruppo, invece, è arrivato a Piano Margi e ha iniziato a montare la tenda. "Si tratta di un piccolo pianoro dove spiccano i resti di un rifugio, attivo fino al 1995 e poi purtroppo andato a fuoco" continua Sara "ci siamo posizionati sotto a un grande e vecchissimo ciliegio, con vista sullo Scuderi: davvero un magnifico posto, peccato solo per il vento apocalittico...".
A un certo punto, mentre erano rifugiati all'interno della tenda a mangiare la colomba pasquale portata da Angelo, i ragazzi hanno sentito una voce che li chiamava: "era Giovanni Ciulla" spiega Sara "un pastore con un baffo che tutti gli hipster del mondo gli invidierebbero, una coppola in testa e tre cani al fianco, fra cui un affetuosissimo pastore abruzzese con un occhio azzurro e un occhio marrone. Giovanni parlava un po' in dialetto, per cui avere Angelo con noi ha aiutato a rompere il ghiaccio. È stato un bel momento, tra racconti da una parte e dall'altra: Giovanni, che ha con le sue bestie un rapporto viscerale, ci ha spiegato che il suo soprannome è Lumeri, perché il nonno usava la lanterna per lavorare di notte; ed è rimasto entusiasta del progetto, soprattutto rispetto alla possibilità che grazie al Sentiero Italia si riesca a rendere le sue zone più vive". Ad attendere i ragazzi un'altra notte di vento, con la tenda che sembrava volare via da un momento all'altro...
Sempre accompagnati da Angelo, che aveva studiato e segnato perfettamente il tracciato, i ragazzi hanno proseguito sui monti Peloritani verso Fondachelli-Fantina, il piccolo paese meta della terza tappa. "Dapprima abbiamo incrociato un parco di pale eoliche, poi proseguendo in cresta abbiamo avvistato l'enorme letto del torrente Patrì, totalmente in secca: una distesa di ghiaia tra monti ricoperti di verde" ricorda Diego. I vari quartieri di Fondachelli sono sparsi proprio lungo il letto del torrente, che nel tempo ha portato con sé disastrose alluvioni, ultima delle quali nel 1973, quando una valanga di acqua, fango, detriti e massi provocò l’esodo di circa seicento persone e il completo spopolamento della frazione Raiù. "Gravi danni furono causati anche dalla attività mineraria sviluppatasi tra il 1720 e il 1880, che contava ventisei miniere" spiega Francesco. "Le miniere richiedevano legname per sostenere le volte delle gallerie e i tunnel sotterranei indebolivano la stabilità dei terreni".
Tornando al cammino, anche durante la terza tappa l'accoglienza è stata superlativa: "prima quella di alcuni ragazzi che ci hanno riempito di dolci, tra cassatelle e cannoli" racconta Diego "poi l'enorme gelato di Enzo Catania, pasticciere che ha il suo negozio in paese e che è noto per aver realizzato un cannolo gigante dedicato al Papa. E poi ancora l'ospitalità di Angelo Catalano, che ci ha accolto nel suo centro Le Miniere". Il centro, proprio sulle sponde del fiume Patrì, comprende sia una struttura con camere, sale comuni e una cappella, sia una tenuta dove sono stati piantati 800 alberi da frutto coltivati biologicamente. "Un posto bellissimo" continua Diego "amministrato da una persona carismatica, piena di idee e di passione, un ex imprenditore del cemento innamorato dell'Africa che si è reinventato in questo luogo. Abbiamo avuto l'impressione che ci siano nuove energie in questo angolo di Sicilia, dai ragazzi che stanno ri-tracciando i percorsi nei dintorni del paese ad Angelo con il suo centro c'è più di una persona che si impegna per farlo rivivere".
Fondachelli, ovvero il fondo dove un tempo si cambiavano i cavalli nel cammino tra Ionio e Tirreno, è situato nel punto dove si incontrano i Peloritani e i Nebrodi: ai primi, composti da scisti cristallini, appartiene il Monte Bonavita; ai secondi, il gruppo calcareo di Rocca Salvatesta. "Ho provato a chiedere in giro da dove venisse il nome: ho ricevuto sei spiegazioni diverse!" ride Francesco. Nome a parte, i ragazzi sono saliti in serata sulla cima del Bonavita, davanti al quale si erge appunto il Salvatesta, conosciuto anche come "Cervino di Sicilia" per la sua particolare forma. "Ci hanno accompagnato i ragazzi del collettivo Viyo, in dialetto locale U Vëjiò significa sentiero" racconta Martina "che vogliono valorizzare il territorio attraverso la montagna, sensibilizzando sull'importanza del cammino. Dopo aver fatto esperienze fuori, hanno cominciato da poco a lavorare insieme come collettivo e stanno progettando degli eventi per l'estate. Un bell'esempio di restanza".
Il panorama ha lasciato a bocca aperta: "incredibile, oltre al Salvatesta lo sguardo andava fino alle Eolie, si vedeva persino Stromboli con il fumo che esce dal vulcano. Un tramonto mozzafiato: a un certo punto eravamo tutti in silenzio e in contemplazione, con gli occhi infuocati di questo sole che si è buttato all'orizzionte nel mare". Tra l'altro Andrea avrebbe scalato in solitaria il Salvatesta, in uno dei giorni seguenti, tra bellissime pecore dal mantello folto e uno scirocco che quasi non lo faceva stare in piedi: "ma poi, quando sono arrivato sul bellissimo pianoro in cima, cosparso di erba soffice, incredibilmente non tirava più un alito di vento: come se l'aria si fosse dimenticata della piana!".
NOVARA DI SICILIA, TRA MULINI E FORMAGGI
La breve tappa successiva ha portato i ragazzi a Novara di Sicilia su un sentiero percorso nel tardo pomeriggio, con arrivo conseguente al tramonto: "peccato che il sentiero non ci fosse, abbiamo seguito le tracce dei cinghiali su una salita ripidissima!" ride Yuri "ma il panorama che ci aspettava sul colle che fa da spartiacque tra Fondachelli e Novara era ancora una volta da togliere il fiato: sempre il Cervino che ci guardava, le Eolie, e poi Milazzo e il Tindari...".
Novara di Sicilia è un comune di 1200 abitanti caratterizzato da un centro d'impronta medievale, con piccole case affastellate ed eleganti palazzi decorati dagli scalpellini locali, chiese sontuose, vicoli sormontati da archi, strade pavimentate di arenaria e acciottolato. "Un paese che ci ha colpiti molto" racconta Giacomo "dove siamo stati accolti come delle rockstar sia dal vicesindaco Salvatore sia da Liliana, presidente del Cai di Novara di Sicilia. Con loro abbiamo visitato dapprima il Mulino Giorginaro, con ruota orizzontale, costruito a fine Seicento e riportato in vita da Mario Affannato, di professione scalpellino; poi il bel teatro del paese; poi ancora il Duomo di Santa Maria Assunta con la sua cripta, dove si trovano sei mummie di arcipreti e canonici del Sette/Ottocento, alle quali si aggiungono ben 74 teschi e pure due gatti mummificati. Il tutto condito da numerose pause gastronomiche, tra cannoli e dita d'apostolo!".
Mario Affannato, professione scalpellino, 49, e Ugo Affannato, 88 - foto Sara Furlanetto
Novara di Sicilia. Francesco e Aldo Buemi di Novara - foto Sara Furlanetto
"Si tratta di dolci simili a cannoli, anche se cotti in forno e non fritti" spiega Francesco "sono ricoperti per metà di cioccolato e per metà di glassa - il cioccolato rappresenta il dito insanguinato dell'incredulo San Tommaso che ha toccato il costato di Cristo". Ma Novara, dove ancora si parla un dialetto gallo-italico derivante dalla conquista normanna, ha anche un'altra specialità: il formaggio detto maiorchino, che prende il nome da un grano antico, il maiorca. "Abbiamo visitato la produzione della famiglia Giamboi, nella frazione di san Marco" continua Francesco "dove Filippo e il figlio Michele producono ricotte infornate e maiorchini da generazioni; e poi abbiamo sperimentato il gioco che si svolge tutti gli anni a Carnevale, quando le forme di formaggio pecorino - con un diametro intorno ai 35 cm, pesanti dai 10 ai 12 kilogrammi - vengono lanciate per le vie del paese e fatte rotolare in una agguerritissima gara tra gli abitanti".
"A guidarci nella preparazione della “lazzata” (la corda che serve per dare velocità di rotazione alla forma) c’era Sonia Furnari, la responsabile del torneo femminile" continua Francesco. "Una gara all'ultimo fiato - giocata con una forma di formaggio storica che ha partecipato a ben cinque edizioni - ha incoronato Sara come vincitrice di giornata: con una traiettoria perfetta, la forma si è andata a posizionare esattamente nel punto in cui inizia la lunga discesa verso il mulino. Io, invece, sono rimasto impietrito dalla brutta figura fatta. Mi hanno detto “si smugliau la lazzata”, non so bene cosa voglia dire - ma la mia forma di maiorchino, senza rotolare, è caduta rovinosamente a pochi metri da me!".
Filippo e il figlio Michele producono maiorchini e ricotte infornate a Novara di Sicilia - foto Sara Furlanetto
Pronti a far rotolare il maiorchino? - foto Sara Furlanetto
Ed ecco il video realizzato da Andrea sulla prima parte del percorso siciliano.
FORESTE E LAPILLI VERSO L'ETNA
Dopo un'ulteriore, abbondante colazione a base di dita d'apostolo ("...non la più consigliata prima di iniziare a camminare", sorride Martina), il gruppo si è rimesso in marcia direzione sud: perché il Sentiero Italia prevede anche di circumnavigare l'Etna, il nostro vulcano più importante e la montagna più alta del centro-sud. "Ci hanno raggiunto Natale, Alice e Raffaele" spiega Martina "loro sono tre guide di AIGAE, l'Associazione Italiana Guide Ambientali ed Escursionistiche, che quest'anno farà vari tratti con Va' Sentiero per raccontarci delle peculiarità del paesaggio e delle loro attività. Ad attenderci c'era il bosco di Malabotta, ricco di alberi monumentali, veri e propri patriarchi: si crede che alcune roverelle abbiano oltre 700 anni. Pensa, si dice che qui siano stati girati alcuni degli scatti del film de Il Signore degli Anelli, in particolare quelli degli Ent... ma nessuno sa bene se sia una leggenda o meno".
Le querce secolari del Bosco di Malabotta, chiamati Patriarchi - foto Sara Furlanetto
A un certo punto arriva un uomo a cavallo: è Attila, un settantenne di origine tedesca, in sella al suo Tyson. "Una colonna sonora di Ennio Morricone ci sarebbe stata benissimo" ride Martina "la scena era davvero epica, con questo cavallo possente che cavalcava sui crinali in mezzo alla macchia fiorita... e Attila che sembrava anche lui uscito da un libro del Signore degli Anelli, con la sua barba bianca e gli occhi azzurri!". Attila ha raccontato ai ragazzi la sua storia: era finito in Sicilia negli anni Settanta, diretto verso la Tunisia, ma a Trapani si era imbattuto in uno sciopero dei battelli e così... era iniziata la sua permanenza sull'isola. "Essendo figlio di allevatori di cavalli, si è dedicato anche lui agli equini, porta in giro gli escursionisti. Curiosità: da dieci anni si nutre solo di minestroni (che cucina una volta a settimana per ottimizzare), alla mattina e alla sera, niente pranzo!".
Intanto Francesco e Diego esploravano Settevoci, una giovane realtà di comunità, arte e permacoltura nata nelle campagne di Castiglione di Sicilia. Un progetto in divenire, in cui alcuni ragazzi bolognesi hanno ereditato un antico palazzo diroccato e lo stanno recuperando a poco a poco, dedicandosi all'agricoltura e offrendo vitto e alloggio a chi passa di qui per un periodo di lavoro e condivisione.
Attila, cavaliere originario di Hannover - foto Sara Furlanetto
Settevoci, una giovane realtà di comunità, arte e permacoltura nata a Castiglione di Sicilia - foto Sara Furlanetto
Lasciata Mojo Alcantara, dove ad accogliere i ragazzi è arrivato il sindaco, ecco l'Etna: "piano piano il terreno è cambiato" racconta Giacomo "e Va' Sentiero, per la prima volta, ha camminato sulla lava!". Un'esperienza totalmente nuova: "camminare sui lapilli è davvero uno spettacolo, una sorta di massaggio rilassante per le gambe e anche per l'udito, visto il continuo scricchiolare dei granelli sotto le scarpe". Ad aspettare i ragazzi ben 1500 metri di dislivello positivo, tra paesaggi molto diversi: prima i vigneti delle pendici del vulcano, poi boschetti, poi ancora le distese di lava con le conifere sparse e i caratteristici cespugli bassi, sferzati dal vento; infine le pinete del versante nord del vulcano.
Giacomo a un certo punto si è staccato dal gruppo: "Volevo raggiungere il mio amico Andrea, che non vedevo da 12 anni. L'ho ritrovato in compagnia della figlia Anita, 10 anni, una bambina speciale, dolcissima, con un sorriso genuino, ce ne siamo tutti innamorati! Abbiamo camminato per un tratto insieme, tra racconti del passato e risate. E mi sono reso conto di quanto sia speciale quello che stiamo facendo, questo viaggio è servito ancora una volta per riallacciare i rapporti con persone che non vedevamo da tanto tempo... è davvero un modo per riprendere i contatti e stabilirne di nuovi". Salutati Andrea e Anita, il gruppo è arrivato al posto tappa del giorno: lo chalet Clan dei Ragazzi, completamente immerso nel verde della pineta Ragabo, nel territorio del Comune di Linguaglossa. "Siamo a poca distanza da Piano Provenzana, a 1800 metri di quota, stazione sciistica d'inverno e punto di partenza delle escursioni guidate ai crateri sommitali dell’Etna" conclude Giacomo "lo chalet, gestito da Ugo e Roberta, è davvero immerso in una pace totale, un luogo spettacolare. Dopo una cena super abbondante, ci aspettava la nostra tenda".
Tappa Mojo Alcantara > Piano Provenzana - foto Sara Furlanetto
"Nel frattempo io ho esplorato le Gole dell'Alcantara" racconta Andrea "ed è stato bello visitarle da solo, non c'era davvero nessuno, un privilegio se pensi che in estate è un luogo molto affollato. Il canyon formato dal fiume Alcantara è fantastico: in alcuni punti le gole sono alte 25 metri! Un signore all'ingresso mi ha spiegato la loro formazione: l'acqua del fiume durante milioni di anni ha riportato alla luce il corpo lavico che si è raffreddato creando forme esagonali e pentagonali davvero assurde. Non ho potuto resistere e ho fatto anche un bagno: le acque erano fredde e torbide a causa delle piogge primaverili, ma la solitudine e il misticismo del posto mi hanno totalmente ripagato!". Sul territorio di Motta Camastra, in località Fondaco Motta, si trova la gola più imponente e famosa dell'Alcantara, lunga più di 6 chilometri e percorribile in modo agevole per i primi 3.
Dopo tanta salita, una tappa tranquilla, quasi in discesa, fino a Zafferana Etnea, sul lato orientale del vulcano, uno dei luoghi italiani dove viene prodotto più miele. "Ci ha accompagnati e guidati Enzo, del Cai di Catania" spiega Andrea "sai quando si dice uno che le sa tutte? Un vero pozzo di scienza e cultura, che per tutto il cammino ci ha allietato con fatti storici e naturalistici, sia sul parco dell'Etna sia sulla Sicilia in generale". I ragazzi, sotto una pioggia leggera, hanno per esempio scoperto che i granelli lavici prendono diversi nomi a seconda delle dimensioni: si parla quindi di polvere, di lapilli o di bombe. "È come camminare sulla neve, un crack continuo. A un certo punto non c'erano più lapilli e siamo stati catapultati in un silenzio assurdo, davvero strano...".
Ad affascinare Andrea è stata soprattutto la flora del vulcano: "Non mi sarei mai immaginato di passare da aride colate laviche a fantastiche pinete di pini larici dalle forme più incredibili, gli esemplari più vecchi mostrano ancora le incisioni che nel Novecento venivano realizzate per l'estrazione della resina. E poi grandi boschi di pioppi e di faggi, e anche di betulle: pensa, la betulla solitamente è tipica dei climi freddi, difficilmente la si trova sugli Appennini, ma questa è una betulla relitto dell'ultima era glaciale, che si è adattata al terreno e al clima grazie all'azione della cenere, e nel tempo è diventata una specie a sé stante, endemica". Grazie a Enzo i ragazzi hanno "incontrato" anche un leccio di 800 anni, detto ilice di Carrinu, davvero imponente:" trovarsi di fronte a questo monumento naturale in mezzo a un bosco soffice di noccioli è stato sorprendente, e la luce tetra ha reso tutto ancora più affascinante". Il patrimonio naturale dell'Etna è protetto sin dal 1987 da un parco regionale e nel 2007 è diventato Patrimonio dell'Umanità Unesco.
Quella tra Zafferana Etnea e il Rifugio Sapienza è una delle tappe che rimarranno nella memoria dei ragazzi. A raccontarcela è Sara: "Una lunghissima e faticosa salita ci ha portato dapprima verso il monte Zoccolaro: la giornata era calda e umida, ma per fortuna il sentiero si dipanava nel bosco, non me lo aspettavo... mi piace salire tra gli alberi, mi permette di concentrarmi sullo sforzo fisico senza distrazioni, in un bosco ce ne sono meno rispetto a quando camminiamo in aree aperte, almeno per me che fotografo!". Dopo aver incontrato faggi, querce e betulle, ecco il punto panoramico tanto atteso: quello sulla valle del Bove. "Qualcosa di fuori dal mondo! La cima cade a strapiombo su una distesa immensa di lava... pensa che era un luogo rigoglioso fino al 1991, quando le eruzioni dell'Etna l'hanno coperta quasi completamente. Ancora oggi c'è una sorta di macchia verde tra le colate di lave, è assurdo vedere la roccia viva e gli alberi in mezzo al mare nero". Francesco ci ricorda che le isolette di vegetazione in mezzo alla lava vengono chiamate localmente dagale.
Dapprima la vetta dell'Etna non si era mostrata, nascosta tra le nuvole; poi il cielo si è liberato ed è apparso anche il cratere. "Che meraviglia! Si vedevano pure lingue di fumo bianco che scendevano dalla sommità... e si sentivano forti boati! Davvero uno spettacolo della natura, siamo rimasti in contemplazione a lungo". Il percorso ha portato Va' Sentiero in cresta, lungo un sentiero esposto, tra ripide salite, paesaggi multiformi, boschetti e conformazioni rocciose sempre diverse, fino a scavallare su un altro versante e scoprire un paesaggio diverso, "morbidissimo, quasi lunare". "Tutto fantastico, la delusione è arrivata al rifugio Sapienza" ricorda Sara "la classica località turistica di massa, davvero impattante in questo contesto così bello, a 1910 metri di quota. Fu realizzato nel dopoguerra, inaugurato nel 1947 e poi trasformato da rifugio ad albergo. Quando siamo passati noi era chiuso per le restrizioni covid... Abbiamo piantato la tenda e alle nove siamo crollati, anche durante la notte ci siamo poi svegliati più volte a causa del vento... e pure di tre ragazzi che vagavano in quota".
"Altro che dormire, io proprio non ho chiuso occhio" continua Andrea "il vento era davvero assurdo, pareva che la tenda volasse via da un momento all'altro, anche se non c'era davvero questo rischio...". Immaginiamo dunque la voglia di percorrere i 32 chilometri dell'ultima tappa etnea, quella dal Sapienza fino a Randazzo. "Per fortuna il percorso era semplice, un dolce saliscendi - forse più in discesa che in salita: siamo passati dal lato meridionale dell'Etna al lato occidentale, fino ad arrivare a nord e a concludere la circumnavigazione del vulcano. Una camminata tranquilla sempre immersa nell'incredibile contrasto tra il nero della lava e il verde dei boschi, con l'Etna incappucciato da una cupoletta di nuvole bianche, un fenomeno che si verifica spesso sulla vetta". A segnare l'itinerario anche vari bivacchi, "spartani ma belli", dove chi percorre il Sentiero Italia (o il sentiero intorno all'Etna) può all'occorrenza fermarsi e spezzare il lungo tragitto.
"Poi a un certo punto il cielo è diventato tutto bianco e ha iniziato a piovere. Mi sembrava di essere stato trasportato nel regno di Mordor... noi piccoli hobbit incappucciati sotto le fiamme dell'Etna!" ride Andrea. La prima vera pioggia forte di Va' Sentiero 2021 ha accompagnato i ragazzi fino a Randazzo, dove il gruppo è arrivato con "mani gelate, scarpe e calze inzuppate". Il caldo siciliano doveva ancora arrivare... Nel frattempo una parte del team visitava le celebri piantagioni di pistacchi, l'"oro verde" di Bronte, coltivato addirittura da cinquemila diversi produttori (ma trasformato solo da una ventina d'aziende). Una delle tante peculiarità di questa terra affascinante, che i ragazzi di Va' Sentiero percorreranno lungo tutta la dorsale appenninica, fino ad arrivare a Trapani. Rimanete sintonizzati per scoprire i tanti, multiformi volti della Trinacria e delle sue montagne!