Spazio, ultima frontiera. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a un proliferare di giochi da tavolo legati all’astronomia, con basi molto più scientifiche che fantascientifiche. Basti citare i recenti Kepler-3042, Terraforming Mars, ma anche Apollo XIII, un bellissimo titolo dedicato a uno degli episodi più celebri della storia spaziale americana, nonché (a mio avviso) uno dei migliori giochi collaborativi degli ultimi anni (ne parlavo qui). A suo tempo, vi avevo poi segnalato 1969, un boardgame sulla corsa alla Luna che merita di essere riscoperto (trovate qui la mia recensione).
Quando però ho sentito parlare di un nuovo gioco dedicato allo Spazio che aveva non solo un fondamento scientifico, ma anche un intento didattico, ho avuto un brivido. Di solito, in questi casi la cosa migliore che ne viene fuori è un trivial (gioco basato su domande e risposte) a tema, senza nessuna meccanica di gioco, senza nessuno stimolo. Così l’intento didattico va a farsi benedire, e tutto diventa noioso. E invece...
Non me ne vorrà Mario Sacchi di Post Scriptum se dico che ho aperto con qualche preoccupazione il suo S.P.A.C.E., acronimo di Spazio Pianeti Asteroidi Conquiste Esplorazioni, gioco di Marco Garavaglia pubblicato dalla Libreria Geografica e realizzato in collaborazione con Agenzia Spaziale Italiana. Mi ero già immaginato un bel memory fra i pianeti, o peggio un gioco dell’oca versione Astrosamantha nello spazio.
Nulla di tutto questo. S.PA.C.E. è un vero gioco, di carte, ok, ma con una sua struttura e una sua meccanica. Ha poche regole semplici, 6 mosse a disposizione di ogni giocatore nel suo turno (in realtà due: giocare una o più carte con effetti diversi, oppure pescare due carte), un set up che riproduce fedelmente e con magnifiche illustrazioni il nostro sistema solare, e riesce perfettamente nel fare qualcosa che in molti prima si sono prefissati e a quasi nessun (gioco) è riuscito: insegnare giocando.
Da 2 a 5 giocatori (e anche la scalabilità è buona) si affrontano nella conquista dello spazio: al proprio turno, ciascuno può giocare le proprie carte per raggiungere con la propria sonda un pianeta, sapendo che più è lontano dal Sole più sarà dispendioso arrivarci, ma anche più remunerativo. Raggiungere un pianeta infatti dà punti e bonus per il prosieguo della partita (per esempio Giove dà uno sconto di uno sui componenti successivi). Non tutti possono andare ovunque, però: ogni pianeta è raggiungibile dal numero dei giocatori meno uno. Chi ultimo arriva male (anzi, non) alloggia.
Particolare importanza ha la fascia asteroidale fra Marte e Giove, che dà punti extra, e la Terra, dove le carte componenti vengono utilizzate non per la sonda, ma per contribuire alla costruzione di ISS, la Stazione Spaziale Internazionale.
Sempre giocabili nel proprio turno sono poi le carte Missione, che danno bonus, e le carte Allarme che invece penalizzano gli avversari.
Alla fine della partita, che dura al massimo mezz’ora, si faranno punti in base ai pianeti visitati (e quindi alle carte Pianeta accumulate) e agli asteroidi raccolti. Inoltre c’è un bonus per chi ha più carte ISS, ovvero chi ha maggiormente contribuito alla realizzazione della Stazione Spaziale Internazionale. Il progresso scientifico innanzitutto!
All’interno della confezione, comunque tascabile e comoda da trasportare, c’è anche un Atlante del sistema solare Compact che in 50 pagine illustrate racconta tutto quello che c’è da sapere sul Sole e gli altri pianeti.
Le istruzioni del gioco sono in coda all’atlante, come un’appendice (e a onor del vero potevano essere stampate con un carattere un po’ più grande e leggibile...). Così, appena finito di documentarsi, ci si può impegnare in prima persona nella conquista dello Spazio.
Anche questo è Viaggiare per gioco.