- Scoprire i cortili interni della città, che sono un centinaio, e capire perché la città è stata premiata per tre volte con l’Europa Nostra Diplom, grazie alla conservazione esemplare del suo patrimonio architettonico e urbanistico.
- Stupirsi nella Sala dei blasoni della cinquecentesca Landhaus, le cui pareti sono ricoperte da 665 stemmi appartenuti a casati, capitani, balivi, governatori e reggenti carinziani.
- Navigare, veleggiare, pagaiare, nuotare nelle irreali, meravigliose acque turchine del Wörthersee, il più grande dei 1270 laghi carinziani (fra cui ce ne sono 200 balneabili e 44 di cui si può bere l'acqua). O anche solo prendere il sole sulla più grande spiaggia lacustre d'Europa.
- Salire in ascensore o a piedi per 441 gradini sulla Pyramidenkogel, torre in legno alta cento metri da cui si domina il Wörthersee e la vista spazia a 360 gradi dalle Alpi all'Hochstuhl, la montagna più alta delle Caravanche, 2237 metri, al confine tra Austria e Slovenia: facoltativo poi lanciarsi lungo il vertiginoso scivolo interno.
- Praticare ogni tipo di sport, o addirittura osare iscriversi all'Ironman Austria, l'evento di sport estremi più famoso della nazione, quando a inizio estate cinquemila atleti-supermen corrono, nuotano e pedalano fra due ali di folla in delirio.
- Divertirsi nell'Europapark, fra attrazioni che fanno felici grandi e piccini: il planetario, il rettilario e il Minimundus, un giardino dove si passeggia tra 156 monumenti del pianeta riprodotti alla perfezione in scala 1:25, passando in un attimo dal Taj Mahal alla Sagrada Familia alla basilica di San Pietro (costata da sola ben 730.000 euro!).
- Spingersi a esplorare i tanti castelli secolari dei dintorni, come quello inespugnabile di Hochosterwitz, annidato su una rupe di 150 metri.
- E infine, perché no, farsi venire l'acquolina in bocca con i prodotti tipici nel Benedektinermarkt (tutto l'anno) o partecipando alle “Giornate della cucina dell’Alpe Adria”, festival gastronomico transfrontaliero che in settembre (quest'anno dal 9 al 25, per la sua quinta edizione) porta a Klagenfurt i prodotti bio del territorio e tanti grandi chef, della Carinzia come delle vicine regioni Stiria, Slovenia, Friuli e Veneto.
Il Wörthersee - foto Gert Steinthaler/KaerntenWerbung
Landhaus, Klagenfurt - foto Roberto Copello
Sono tutte ragioni ben note a chi già conosce la Carinzia. Klagenfurt, però, non si limita a questo. Un'idea per scoprirne i segreti è seguire le orme di chi, ieri come oggi, ne ha segnato il volto. Ecco dunque alcuni nomi per capire Klagenfurt, il mondo che la circonda, il suo spirito germanico ma anche italiano e slavo. Non tutti i nomi proposti sono di creature umane, magari non tutti sono esistiti davvero, ma servono comunque ad addentrarsi meglio in questa storica città di centomila abitanti, a soli 70 chilometri da Tarvisio, punto d'incontro di tre culture, i cui abitanti hanno fama di essere malinconici come gli slavi, allegri come gli italiani, corretti come i tedeschi.
Lindwurm, drago
Il drago alato e serpentiforme simbolo di Klagenfurt dovrebbe incutere paura: invece finisce con il risultare simpatico e mansueto, tanto che i bambini scorrazzano festosi attorno alla sua statua, nella fontana al centro della Neuer Platz, la piazza più grande della città, a mezza via fra il monumento a Maria Teresa e la facciata del Rathaus, il municipio. Una statua di 124 quintali che altrettanto festosamente nel 1593 fu trascinata sul posto da trecento giovani in abito bianco. Eppure ci fu un tempo in cui il Lindwurm terrorizzava i primi abitanti: come una specie di mostro di Lochness, si nascondeva nel lago e nelle sue nebbiose paludi, da cui usciva per procurarsi il pasto preferito: mucche e giovani vergini. Fu ucciso con l'astuzia, e Klagenfurt ne fece il suo simbolo. Già nel 1287 il Lindwurm compariva sul più antico sigillo esistente della città. E nel 1353 fuori delle mura fu trovato anche il suo teschio, lungo 75 cm e che poi nel 1593 fu preso a modello da Ulrich e Andreas Vogelsang per la testa della scultura in Neuer Platz: solo nel XIX secolo si è capito in realtà si trattava del cranio fossile di un animale del Pleistocene, un rinoceronte lanoso (Coelodonta antiquitatis).
Lindwurm, Klagenfurt - foto di Roberto Copello
Wörthersee Manddl, creatura mitica
Che cosa ci fa dal 1965 nella pedonale Kramergasse di Klagenfurt un nanetto di bronzo, con l'indice destro alzato in segno di monito e la mano sinistra sopra una botte da cui fuoriesce un getto d'acqua? Come il Lindwurm dovrebbe far paura, ma tutti fanno a gara a toccarlo, dato che si dice porti fortuna. È il Wörthersee Manddl, l’Omino del Wörthersee, legato a una popolare leggenda locale. C'era una volta una ricca città, i cui abitanti anche alla vigilia di Pasqua pensavano solo a fare orge e banchetti. Comparve l'omino, ammonì tutti a far penitenza, minacciò di aprire il rubinetto della sua botticella, ma in cambio ricevette solo sberleffi. Così a mezzanotte aprì il rubinetto: dalla botte uscì un diluvio d'acqua, che sommerse per sempre la città sotto un grande lago: quello che ora è il Wörthersee.
Dal 1954 una statua in marmo di Carrara immortala il padre della patria carinziana con la spada piantata fra i suoi piedi come la spada nella roccia di re Artù. E solido come una roccia il duca Bernardo lo era davvero: governò la Carinzia per ben 54 anni, dal 1202 al 1256, fu il patrono della cavalleria e dei Minnesänger come Walther von der Vogelweide (il più famoso fra i trovatori di lingua tedesca), soprattutto nel 1246 rifondò Klagenfurt in un'area protetta dalle inondazioni. Lontana da paludi e draghi, la città ora poteva svilupparsi e arricchirsi.
Bernhard von Spanheim, duca - foto di Roberto Copello
Comasco (1505-1563), progettò in Stiria, Carinzia, Slovenia e Croazia bellissimi palazzi rinascimentali nonché moderne fortificazioni bastionate in grado di sopportare il pesante attacco dei cannoni. Nel 1518 l'imperatore, indebitato, aveva venduto Klagenfurt ai proprietari terrieri locali. E nel 1534 proprio Domenico ebbe dai nuovi signori della città l'incarico di ricostruirla come una città ideale del Rinascimento, con fortificazioni all'italiana e l'impianto urbanistico a scacchiera ancora ben evidente. Scommessa vinta e successo assicurato. Quando Ferdinando I gli conferì un brevetto di nobiltà, il dell'Allio richiamandosi al suo cognome fece raffigurare nel suo stemma una testa d'aglio.
“Guardiano della torre” lo è dal 2017. Ma l'esuberante Horst, appartenente alla Deutsche Gilde der Nachtwaechter, Türmer und Figuren, non è solo il sorvegliante del campanile della parrocchiale di Sant'Egidio, la prima chiesa fondata a Klagenfurt, risalente al XII secolo ma rifatta barocca nel 1692. Il campanile, ultimato nel 1709 e alto ben 92 metri, è un landmark cittadino, ancor più adesso che è stato restaurato e brilla sotto il sole. A 48 metri di altezza ci sono una stanza e una terrazza panoramica su cui bisogna assolutamente salire. Basta seguire Horst su per una stretta scala a chiocciola che porta, come dice lui, “225 passi più vicino a Dio”. Lassù, poi, il nostro Türmer si trasforma in campanaro, attore, guida turistica, musicista, artigiano, birdwatcher, insegnante di yoga. Soprattutto affabulatore, capace di inondare l'ospite di aneddoti in cinque lingue, o di incantarlo con il suono delle campane tibetane. Se poi ne avrà voglia, Horst indosserà un rosso costume rinascimentale, metterà un cappello di velluto bianco-verde-rosso con le piume e soffierà in una tuba lucente sulla città e i suoi cento cortili. Sopra di lui, solo il nido che i gheppi hanno fatto sulla torre che lui protegge amorevolmente.
Horst Ragusch, Türmer - foto di Roberto Copello
L'ultima custode della torre prima di Horst era stata una donna. Helene Reichelt vi era arrivata nel gennaio 1923 con il marito, falegname. E aveva cresciuto i sei figli nel Turmstüberl, la stanzetta a 48 metri di altezza, senza gabinetto né acqua corrente. Quando il marito morì, nel 1946, continuò lei a custodire il campanile, ad accendere l'illuminazione dell'orologio, a dare l'allarme per un incendio, a far suonare le campane (non più a mano ma comandate elettricamente), ad appendere sulla torre grandi numeri di ferro con i gradi della temperatura mattutina. Così fece sino al 1° gennaio 1966, quando dopo 43 anni passati più lassù che a livello del suolo andò in pensione. Per 16 anni la torre restò orfana, ma poi la città stanziò 270mila scellini e la ristrutturò.
Fuchskapelle, Klagenfurt - foto di Roberto Copello
La chiesa di Sant'Egidio non finisce di riservare sorprese. In una cappella laterale sulla destra, sotto una semplice lapide, si trovano le tombe sia del famoso scrittore (1900-1998), sia del suo figlio adottivo, lo scrittore francese Éric Jourdan (1930-2015). Nato a Parigi da genitori americani, omosessuale e fervente cattolico, Green era capace di scrivere perfettamente sia in inglese che in francese, tanto che fu il primo straniero eletto nell'Accademia di Francia. Avrebbe potuto essere sepolto davanti alla cattedrale di Notre-Dame, come gli aveva prospettato Mitterrand, ma Green aveva rifiutato: l'idea di una tomba sporcata dai piccioni gli faceva orrore. Così aveva accettato la proposta di monsignor Egon Kapellari, il vescovo di Klagenfurt: una cappella tutta per lui e per Eric, nella città che Green aveva nel cuore da quando già novantenne una piccola immagine della Madonna lo aveva soggiogato. Oggi è collocata sull'altare di fronte alla tomba.
S. Egidio, Klagenfurt - foto di Roberto Copello
Ingeborg Bachmann, poetessa
Ingeborg Bachmann, Klagenfurt - foto di Roberto Copello
Gustav Mahler, musicista
Günther Domenig, architetto
La mostra dedicata a Günther Domenig, Klagenfurt - foto di Roberto Copello