Capitale europea della cultura. Scommettiamo che si può esserlo anche senza idilliache "cartoline" di cui farsi bella? Anche senza suscitare "oh" di ammirazione a chi vi arriva per la prima volta? Anche senza, per esempio, un antico ed esteso centro storico, da percorrere in lungo e in largo? È la scommessa lanciata dalla tedesca Chemnitz, quando si propose per essere una delle due Capitali europee della cultura 2025. Se lo fece, era perché conscia della propria capacità progettuale, oltre che di una serie di tesori da non tenere più nascosti. Scommessa vinta: nel 2020 la terza maggiore città della Sassonia dopo Lipsia e Dresda è stata effettivamente scelta (assieme all'accoppiata Nova Gorica-Gorizia), grazie anche a decine di progetti presentati sotto il motto "C the Unseen", ovvero Chemnitz "la non vista", o "l'invisibile".

Chemnitz - foto Dirk Hanus
Panorama di Chemnitz
Chemnitz Wirkbau, un ex complesso industriale - foto Ernesto Uhlmann, Courtesy of the EUROPA lettering: morePlatz Berlin
Chemnitz Wirkbau, un ex complesso industriale - foto Ernesto Uhlmann/Chemnitz 2025 gGmbH - Courtesy of the EUROPA lettering: morePlatz Berlin

L'idea di base era infatti quella di mostrare ciò che si nasconde dietro a una società urbana assai attiva e impegnata nel tessere rapporti a livello internazionale. Ciò in vista di un rinnovamento che stimolasse lo sviluppo di tutta la regione, dando ragioni di speranza ai giovani e alle generazioni future. Una città che guarda al futuro per ricordare che cosa era stata nel passato e proporsi senza vergogna nel presente, dunque. Non tanto la plumbea città che, distrutta da 7.360 tonnellate di bombe alleate, i gerarchi della Ddr avevano ribattezzata Karl-Marx-Stadt, tra il 1953 e il 1990, facendone un luogo simbolo del socialismo comunista. No: piuttosto la Chemnitz dove era fiorita la rivoluzione industriale in Germania, la "Manchester tedesca" che a cavallo tra Otto e Novecento era stata la città più ricca della nazione teutonica, capitale del tessile e poi anche dell'automobile.

E anche oggi Chemnitz (250.000 abitanti) si propone come una "capitale culturale" dal cuore industriale e tecnologico, orgogliosa di quello che qui chiamano "stato d'animo orientale". Dunque, dopo l'inaugurazione del 18 gennaio, una pirotecnica raffica di iniziative si snoda lungo tutto il 2025, in città e in 38 comuni della regione circostante (dai Monti Metalliferi alla Sassonia centrale e a Zwickau): ben 160 progetti e mille eventi caratterizzati da un'impronta fortemente europeista e che riaffermano la fiducia nei valori democratici, cosa di cui da queste parti, viste le forti tensioni politiche e sociali degli ultimi anni, c'è particolarmente bisogno. Eventi a parte, in ogni caso Chemnitz propone anche tanto da vedere pure dopo, quando si saranno spenti i riflettori europei. Eccone una scelta.

La Piazza del teatro, Chemnitz - foto Nasser Hashemi/Chemnitz 2025 gGmbH

1. La testa di Marx

Va bene la volontà di rinnovamento, ma è impossibile non iniziare il tour cittadino dall'ingombrante Marx Kopf, il capoccione del filosofo di Treviri, alto 7 metri e pesante 200 tonnellate. È qui che chiunque capiti in città va subito a farsi un selfie. Nonostante abbia alle spalle la scritta "Proletari di tutto il mondo unitevi" in quattro lingue diverse, la testa di Marx più imponente del mondo (ma in Siberia ce n'è una di Lenin più grande) appare spogliata ormai da ogni valenza rivoluzionaria, ridotta a un'eccentrica stranezza da vedere. E magari da portarsi a casa, sotto forma di statuine, portachiavi, cioccolatini. Dal marxismo al "marxeting", insomma. Con il senno di poi, bene che dopo la caduta del Muro non sia stata abbattuta, anzi: quando la città di Colonia si offrì di comperarla, i cittadini si mobilitarono. Marx non si tocca, almeno in effigie.

Molte storielle circolano sulla scultura-ritratto, che fu inaugurata nel 1971 da Erich Honecker in persona, davanti a 250mila persone. Lo scultore sovietico Lev Kerbel' aveva preparato nove modelli a figura intera di un Marx alto 11 metri: tutti bocciati, forse perché gli spettatori avrebbero avuto proprio davanti ai loro occhi, sopra la base in granito ucraino, le scarpe dell'autore del Capitale. A quel punto, lo scultore stupì tutti proponendo un modello con la sola testa, motivandolo così: "Marx non ha bisogno di gambe o di mani, la sua testa dice tutto". Da allora i tempi sono cambiati, tanto che pochi hanno avuto da ridire sull'enorme scultura in plastica e fibra di vetro installata nel 2020 dalle artiste Anetta Mona Chişa e Lucia Tkáčová in un parco cittadino: rappresentava gli intestini di Marx ingranditi 24 volte, nelle proporzioni della testa di Kerbel'. Oggi di fronte al Marx Kopf, sull'altro lato della Brückenstraße (ex Karl-Marx-Allee), si allineano ristoranti di cucina araba, armena, cinese, indiana, e anche una macelleria certificata halal. Mangiatori di tutto il mondo unitevi...

La testa di Karl Marx, Chemnitz - foto © Sylvio Dittrich
La testa di Karl Marx, Chemnitz - foto © Sylvio Dittrich

2. Il centro città

Come detto, non aspettatevi strette stradine con atmosfere tedesche dei tempi andati. Il centro storico di Chemnitz, raso al suolo il 5 marzo 1945, non fu mai completamente ricostruito. Poi, dopo la riunificazione della Germania, nel 1990, architetti-star hanno progettato strutture contemporanee, che hanno dato al centro un aspetto tutto nuovo: Helmut Jahn la vitrea Galeria Kaufhof, Hans Kollhoff la Galerie Roter Turm, Christoph Ingenhoven la balena d'acciaio e cristallo dello store P&C. Così la stessa Marktplatz, la centrale piazza del mercato, non riesce ad apparire "storica" come vorrebbe. La rosea, aggraziata facciata della Siegertsches Haus, l'unica casa barocca sopravvissuta nel centro, prova a rievocare l'epoca in cui era abitata da un pioniere dell'industria tessile locale. Ma è fatica sprecata. Lo ha compreso la giuria che nel 2019, dato che in una piazza tedesca non poteva mancare una fontana, fra 114 progetti ha scelto quello di Daniel Widrig, un artista tedesco basato a Londra e allievo di Zaha Hadid. L'opera si chiama Manifold, e decidete voi se le sue quattro pile di gocciolanti dischi argentei sono figurative o astratte, se vi ricordano esseri umani, ingranaggi di macchine o pedine degli scacchi. Magari non somiglia a una fontana, ma d'estate attira i bambini come girini in uno stagno, e va bene così. 

La piazza del mercato, Chemnitz © GNTB Dirk Hanus
La piazza del mercato (a destra, la galleria Roter Turm; in fondo i grandi magazzini P&C), Chemnitz © GNTB Dirk Hanus
La fontana di Widrig, Chemnitz - foto Roberto Copello
La fontana Manifold di Widrig, Chemnitz (sullo sfondo, dipinta di rosa, la barocca Siegertsches Haus) - foto Roberto Copello

Sulla Marktplatz si affiancano anche i due turriti municipi, ognuno dotato di un suo carillon. Confondono sempre i turisti, perché il Municipio Nuovo (Neues Rathaus), che sembra il più antico, si è salvato dalle bombe, mentre il quattrocentesco, bianco Municipio Vecchio (Altes Rathaus) appare più nuovo, ma solo perché è stato ricostruito completamente. Sul loro retro, anche la St. Jakobikirche fu spazzata via dalle bombe alleate: la ricostruzione ha qualcosa di un po' finto, ma dal 1970 all'altare fa bella mostra di sé un gruppo della Crocifissione che uno scultore di Zwickau, Peter Breuer, realizzò nel 1504 per la chiesa di San Giovanni. Ricostruita è anche l'isolata Roter Turm, eretta nel XII secolo e il cui nome "torre rossa" sarebbe frutto di un equivoco. Nulla a che vedere con i governanti "rossi" della Ddr e nemmeno con il rosso porfido con cui fu costruita: in alto tedesco medio, la lingua dei capolavori della letteratura tedesca medievale, "routh" significava "legge", e infatti la torre aveva una funzione giudiziaria, amministrativa e doganale. Dunque, neppure una tipica casa a graticcio? Beh, qualcuna la trovate un po' più a nord, nel quartiere del castello, lo Schlossviertel sotto la collina dove si ergeva un potente monastero benedettino, oggi trasformato in museo cittadino. 

St. Jakobkirche, Chemnitz - foto Roberto Copello
St. Jakobkirche, Chemnitz - foto Roberto Copello

3. Tesori che non ti aspetti

Sono quelli ammirabili nei quattro principali musei cittadini che, riuniti nelle Kunstsammlungen Chemnitz, formano una delle maggiori collezioni pubbliche d'arte in Germania. In gran parte sono l'eredità lasciata da quel periodo fra Otto e Novecento in cui il mecenatismo fioriva in una Chemnitz borghese, ricca, benestante. Il primo museo, quello delle Kunstsammlungen am Theaterplatz, si affaccia, assieme alla verticalissima St. Petrikirche e alla bassa Opernhaus (uno dei teatri più tecnologici della Germania), sulla scacchiera di un'ampia piazza, sede estiva di suggestivi spettacoli all'aperto. Inaugurato nel 1909 come König-Albert-Museum, il museo custodisce oltre 60.000 reperti, fra cui la maggior collezione al mondo di calze da donna, 4.000 esemplari datati fra il 1880 e il 1910. Più di tutto però spiccano, oltre a quadri di Friedrich e di Munch (al quale sarà dedicata una mostra dal 10.8 al 2.11), i colori accesi di molte tele di espressionisti del gruppo Die Brücke (Il Ponte): come Kirchner, Nolde e soprattutto il principale artista nato a Chemnitz, Karl Schmidt-Rottluff, la cui casa natale verrà ristrutturata e aperta al pubblico proprio per l'anno europeo della cultura, al 382 di Limbacher strasse. 

Il Museo Kunstsammlungen am Theaterplatz, Chemnitz - foto Roberto Copello
Il Museo Kunstsammlungen am Theaterplatz, Chemnitz - foto Roberto Copello

Secondo indirizzo il Museo Gunzenhauser, aperto nel 2007 grazie alle ricche collezioni donate alla città da un gallerista di Monaco, Alfred Gunzenhauser. I quattro piani di un palazzo costruito nel 1928-1930 da Fred Otto ospitano oggi circa 2500 opere di 270 artisti, come Andy Warhol e David Hockney, anche se il focus principale è sulla maggior collezione al mondo di opere di Otto Dix, ben 380, e su una notevole raccolta di opere di Alexej von Jawlensky, tra cui una serie di affascinanti "teste". 

Alexej von Jawlensky, Museo Gunzenhauser, Chemnitz - foto Roberto Copello
Alexej von Jawlensky, Testa di un uomo - Alexander Sacharoff, 1911; Museo Gunzenhauser, Chemnitz - foto Roberto Copello

Terza meta è lo Schlossbergmuseum, nell'ex monastero benedettino eretto nel 1135 e attivo fino agli anni della Riforma. Restaurato dopo le distruzioni belliche, alloggia dal 1995 le collezioni di storia di Chemnitz e dal 2009, a piano terra, una spettacolare raccolta di sculture gotiche sassoni, sopravvissute all'iconoclastia protestante e che fanno capire quale livello avesse raggiunto l'arte religiosa tra Quattro e Cinquecento. Il piatto forte è costituito dall'Heilige Grab, la suggestiva edicola mobile del Santo Sepolcro, realizzata a fine '400 per la Jakobikirche di Chemnitz in forma di tempietto gotico circondato da statue policrome di personaggi evangelici, abbastanza ben conservate. Infine il quarto museo è Villa Esche, la residenza che Henry van de Velde progettò ai primi del '900 per un industriale tessile come opera d'arte totale: trasformata in forum culturale, sede di mostre e spettacoli, merita di essere vista per il giardino e soprattutto per le cinque stanze arredate con oggetti originali progettati dallo stesso artista e designer belga, iniziatore dell'Art Nouveau e maestro delle arti applicate. 

Schlossbergmuseum, Chemnitz - foto Roberto Copello
Schlossbergmuseum, Chemnitz (in prio piano, una scultura cinquecentesca di Sant'Andrea) - foto Roberto Copello
Heilige Grab, Schlossbergmuseum, Chemnitz - foto Roberto Copello

A questi musei cittadini si aggiungono poi lo Smac - Museo statale di archeologia (Staatliches Museum für Archäologie Chemnitz), dove 300.000 anni di storia sassone sono ripercorsi in una moderna forma multimediale, e il Museo di storia naturale di Chemnitz (Museums für Naturkunde) alloggiato nell'edificio già dei grandi magazzini Tietz e oggi trasformato in centro culturale. Come surreali sculture preistoriche, nell'atrio alto 28 metri si stagliano alcuni tronchi pietrificati: sono esemplari di un estinto Megadendron saxonicum vecchi 291 milioni di anni. Fra gli alberi silicizzati più antichi del mondo, furono portati alla luce nel 1751 nel quartiere Hilbersdorf, dove nel 2010 sono stati trovati resti di una Medullosa stellata, un'enorme felce alta dieci metri. Già nel Cinquecento lo scienziato sassone Georgius Agricola, il padre della mineralogia moderna, aveva notato tracce di una Versteinerter Wald, una foresta pietrificata da un'eruzione vulcanica.

I tronchi pietrificati al Museo di storia naturale di Chemnitz - foto Roberto Copello
I tronchi pietrificati al Museo di storia naturale di Chemnitz - foto Roberto Copello

4. Architetture di pregio

Art Nouveau, Nuova Oggettività, Bauhaus, Neues Bauen, razionalismo... Chemnitz è anche una meta privilegiata per chi ama l'architettura. Lo è per quanto del XIX e XX secolo è sopravvissuto alle devastazioni belliche, ma lo è anche per le realizzazioni di architetti contemporanei. Un esempio assai coerente di quartiere Jugendstil (l'equivalente di Art Nouveau o Liberty) e Gründerzeit (lo stile eclettico guglielmino prediletto dalla ricca borghesia dell'Ottocento) si trova sulla collina di Kaßberg, nelle facciate riccamente elaborate di ville e palazzi. Vale la pena esplorare a piedi le sue strade, badando a non mancare il complesso più suggestivo, al 50 di Barbarossastraße: le cosiddette "Majolika-Häuser" (Case delle maioliche) che l'imprenditore edile Reinhold Siebert costruì nel 1897/98.

Le Majolika-Häuser in Barbarossastrasse, Chemnitz - foto Dirk Hanus
Le Majolika-Häuser in Barbarossastrasse, Chemnitz - foto Dirk Hanus

Con il XX secolo, Fred Otto (1883-1944) fu il maggior protagonista del rinnovamento architettonico di Chemnitz tra le due guerre mondiali. Il palazzo che progettò per la Cassa di Risparmio e che ora ospita il Museo Gunzenhauser è il suo capolavoro. Privo di decorazioni sulle facciate in travertino chiaro, mostra l'essenziale stile geometrico (Otto aveva aderito alle idee del Neues Bauen, Nuovo Edificio, corrente che stava fra Nuova Oggettività e Bauhaus) tipico dei suoi tanti progetti: un fabbricato per i bagni fluviali, la sede dell'acquedotto, una scuola elementare, l'ospedale psichiatrico, un enorme complesso sportivo, il macello, un rifugio per i senza tetto... Di grande interesse, e popolarissima fra gli abitanti locali, è la Stadtbad, la piscina comunale da 50 metri caratterizzata da linee purissime sia all'esterno che all'interno: per realizzare il progetto di Otto servirono dieci anni, ma quando fu inaugurata, nel 1935 alla vigilia dei Giochi Olimpici di Berlino, era la più grande e moderna piscina coperta d'Europa. Oggi resta un must da vedere a Chemnitz, come lo sono le statue di bronzo collocate sullo spiazzo davanti all'ingresso: la serie di animali acquatici (oche, castori, lontre e svassi maggiori) che Bruno Ziegler pose nel 1935 alle basi dei pennoni delle bandiere e la seducente Bronzene Paar (Coppia di bronzo) con cui Harald Stephan nel 1983 ha rimpiazzato un gruppo scultoreo di Heinrich Brenners distrutto durante la guerra.

La "Coppia di bronzo" di Harald Stephan di fronte alla Stadtbad di Chemnitz - foto Roberto Copello
La "Coppia di bronzo" di Harald Stephan di fronte alla Stadtbad di Chemnitz - foto Roberto Copello

In quegli stessi anni, fra il 1927 e il 1930, un gigante dell'architettura espressionista come Erich Mendelsohn, maestro del modernismo, delineò la facciata curva dei grandi magazzini Schocken, su cui le finestre tracciavano una serie di strisce orizzontali: oggi è la prestigiosa sede dello Smac, il Museo statale di archeologia dianzi citato.

5. Urbanistica tedesco orientale

La seconda guerra mondiale aveva fatto tabula rasa dell'80 per cento della vecchia Chemnitz. Occasione propizia, per il regime comunista che la ridenominò Karl-Marx-Stadt, per farne una città-simbolo della pianificazione urbana socialista, con larghi stradoni da parata e con grandi edifici in stile Ostmodern, il modernismo tedesco orientale. Ne è un esempio il complesso residenziale e commerciale Rosenhof (1965) sulla vecchia Marktplatz, ma le strutture più numerose si vedono andando lungo la Strasse der Nationen verso il busto di Marx e verso la Theaterplatz, fino alla Omnibusbahnhof, la stazione che all'inaugurazione nel 1968 con il suo tetto esteso a coprire 1200 mq era ritenuta una delle più moderne d'Europa.

Il complesso più evidente e significativo è comunque dal 1974 quello multifunzionale della Stadthalle, rivestita all'esterno con 4000 mq di porfido di Rochlitz, e che all'interno comprende municipio, centro congressi, teatro, sale concerti, un albergo a 26 piani e numerose opere d'arte. Sui muri del grande atrio, ridotto a una pura funzione decorativa, l'affresco di Horst Zickelbein dal titolo "Copernico e la liberazione delle scienze" (1969-74) non viene più preso sul serio da nessuno, fors'anche perché i commissari del partito lo ribattezzarono “La liberazione della scienza da parte della rivoluzione socialista”, ma i suoi colori brillanti comunque continuano a piacere a tutti (probabilmente anche ai molti artisti graffitari che oggi ravvivano con le loro bombolette il grigiore di tante facciate cittadine).

L'affresco di Horst Zickelbein nella Stadthalle di Chemnitz - foto Roberto Copello

Così come piacciono, alla periferia nord di Chemnitz, le sette allegre fasce colorate della ciminiera della centrale a carbone HKW, con i suoi 301,8 metri la struttura più alta della Sassonia. Era tutta di cemento grigio, ma dal 2013 è diventata un'icona cittadina, dopo che il pittore francese Daniel Buren ne ha dipinto i 18.000 mq, facendone l'opera d'arte più alta del mondo. E forse la più visibile, di giorno e anche di notte, grazie all'illuminazione a LED. Tanto è bastato ad aumentare la popolarità di quella che gli abitanti chiamano Lulatsch ("spilungona") e che si è meritata persino una canzone, "Du bist der Größte" (Tu sei la più grande).

La ciminiera dipinta da Daniel Buren - foto Ernesto Uhlmann/Chemnitz 2025 gGmbH
La ciminiera dipinta da Daniel Buren - foto Ernesto Uhlmann/Chemnitz 2025 gGmbH

Un altro simbolo dell'epoca della Ddr sono poi i famosi garage, parcheggi per le auto i cui cortili diventavano spazi per feste e barbecue collettivi. A Chemnitz si stima ne esistano circa 30.000. E non si contano le startup e le bande rock nate al loro interno. Allineati in file singole o doppie, realizzati in lastre di cemento o in lamiera ondulata, i garage hanno dimensioni standard di 3 metri per 6 e un'altezza di 2,80. L'anno di Capitale europea della cultura ha dato lo spunto per lanciare progetti di riqualificazione urbana, come #3000Garagen o Garage Campus, un ex deposito di tram diventato ora un nuovo luogo di incontro. Le storie di vita urbana legate ai garage di Chemnitz sono anche raccontate in un centinaio di foto di Maria Sturm, esposte nei negozi del centro.

Una delle immagini di Maria Sturm che raccontano i garage di Chemnitz - foto Maria Sturm/Chemnitz 2025 gGmbH
Una delle immagini di Maria Sturm che raccontano i garage di Chemnitz - foto Maria Sturm/Chemnitz 2025 gGmbH

E aria della vecchia Germania Est si respira anche fra gli enormi palazzoni del Fritz-Heckert-Gebiet, il secondo più grande complesso residenziale prefabbricato voluto dal regime della Repubblica Democratica Tedesca. Eretto a partire dal 1974, era dedicato a Fritz Heckert, il rivoluzionario amico di Rosa Luxemburg che era ritenuto il cittadino più importante nato in quella che ormai si chiamava Karl-Marx-Stadt. Alla caduta del Muro, nel 1989, contava 943 edifici (comprendenti scuole, asili, farmacie, ecc.) in otto aree dove erano stati tracciati 52 km di nuove strade. Ci vivevano 92.000 abitanti, in 32.300 appartamenti realizzati in poche varianti ma apprezzati perché dotati di servizi igienici e di riscaldamento centralizzato. Più di un terzo, circa 11.000, furono demoliti nel 2009. Poi, con il riemergere di una certa Ostalgia, si è iniziato a valorizzare i rimanenti. Oggi colorate opere d'arte rallegrano i muri fatti di blocchi traforati di cemento. E nell'estate 2024 è stata restaurata e "aggiornata" la pietra di fondazione del quartiere, mentre si sono celebrati i 50 anni dalla nascita del distretto urbano più emblematico di come si viveva nella Germania al di là del Muro.

6. Eredità industriale

Un altro patrimonio da scoprire è quello costituito dai tanti edifici industriali che, mixando l'antico con il moderno, sono stati recuperati e destinati ad altri usi, soprattutto culturali, pur mantenendo memoria di quel che erano in passato. Spicca in particolare il Museo dell'industria (Industriemuseum Chemnitz), con i quattro archi a tutto sesto della bella facciata e degli immensi capannoni, sorti nel 1907 per ospitare una grande fonderia e nei quali la seconda guerra mondiale Auto Union produceva carri armati. Scampati alla demolizione, dal 2003 raccontano quasi tre secoli di storia mineraria e industriale sassone, con tanti pezzi unici e capolavori della meccanica sassone, da una locomotiva Hartmann del 1910 alla BMW i3 elettrica assemblata a Lipsia. Il museo è associato ad altri tre ex siti industriali dello Stato Libero di Sassonia: la fabbrica tessile di Crimmitschau, una miniera a Ehrenfriedersdorf e la centrale energetica Knappenrode a Hoyerswerda (www.saechsisches-industriemuseum.de).

Il Museo dell'Industria a Chemnitz - foto © GNTB Dirk Hanus
Il Museo dell'Industria a Chemnitz - foto © GNTB Dirk Hanus
Il Museo dell'Industria a Chemnitz - foto Roberto Copello
Il Museo dell'Industria a Chemnitz - foto Roberto Copello

In quella che nel XIX secolo fu la "Manchester tedesca" dominava però il tessile. L'attuale Biblioteca universitaria (Universitätsbibliothek), che esibisce colonne in ghisa e soffitti ad arco, era nata nel 1857 come filanda di cotone, per essere poi deposito per la farina, capannone per i tram, teatro delle marionette, centro commerciale. Oggi è aperta a tutti, non solo agli studenti della prestigiosa Chemnitz University of Technology, notissima per le invenzioni che qui vengono sviluppate (come, per esempio, la più nota applicazione di riconoscimento vocale per versi di uccelli). Il complesso Wirkbau, che nel 1883 era la più grande industria tessile tedesca e su cui si staglia una bellissima torre dell'orologio del 1927 in stile Art Deco, oggi invece ha dato spazio a startup e café, nightclub e sale bingo. Enormi poi gli spazi della Schönherrfabrik, 82.000 mq dove dal 1851 in poi si produssero decine di migliaia di telai meccanici per la tessitura e che prima della Grande guerra arrivò a occupare 1600 dipendenti. Oggi ospita un centinaio di realtà commerciali, artistiche e professionali.

Se nel XIX secolo Chemnitz era stata una capitale del tessile, nel XX secolo lo era dell'automobile e dei motori. Quello che dal 1928 fu un modernissimo garage-officina a sei piani, in grado di accogliere 300 auto e moto, oggi è il  Museo dei veicoli sassoni (Museum für sächsische Fahrzeuge), che con i suoi 200 pezzi racconta la storia di 40 marchi locali di due e quattro ruote: fra di essi la famosa DKW, fondata a Chemnitz nel 1916 e la cui eredità è stata poi raccolta dall'Audi. L'eccellenza motoristica di questa parte di Germania trova però la sua massima glorificazione nello stupefacente August Horch Museum di Zwickau, in quello che nel 1910 fu il primo sito produttivo di Audi. Rinnovato e aperto dal 2004 come museo dell'auto, emoziona non solo gli appassionati di motori: gli sfavillanti modelli disposti in una successione spettacolare nei suoi 6500 mq sono infatti anche lo spunto per raccontare oltre un secolo di storia tedesca. Interessantissima, in particolare, la sezione dedicata alla Trabant, la vetturetta simbolo della Ddr: è possibile sedersi al volante di una autentica per guidarla attraverso una città simulata al computer.

Museo August Horch - foto © August Horch Museum
August Horch Museum, Zwickau - foto © August Horch Museum

Informazioni

  • Gli aeroporti più vicini a Chemnitz sono quelli di Dresda e di Lipsia (Leipzig/Halle); da entrambi, la città si raggiunge in treno o in bus (Flixbus) in circa 90 minuti. Dresda e Lipsia sono collegate all'Italia da Lufthansa con scalo a Francoforte o Monaco di Baviera. Alternative sono gli aeroporti di Berlino e di Praga. A questo link maggiori informazioni su come arrivare.
  • Il sito web dell'ente del turismo è www.chemnitz.travel, mentre quello di Chemnitz Capitale europea della cultura 2025, con il programma degli eventi, è www.chemnitz2025.de.
  • Utili anche i siti web www.sassoniaturismo.it e www.germany.travel.