
Tappe 1 e 2 - Da Merida a Aljiucén, da Aljiucén a Alcuéscar
Tappe 3 e 4 - Da Alcuescar a Valdesalor, da Valdesalor a Casar de Caceres
Tappe 5, 6 e 7 - Da Casar de Caceres a Canaveral, da Canaveral a Riolobos, da Riolobos a Carcaboso
Tappe 8, 9 e 10 - Da Carcaboso all'Hostal Asturias, dall'Hostal Asturias a Baños de Montemayor, da Baños de Montemayor a Fuenterroble de Salvatierra
Tappe 11 e 12 - Da Fuenterroble de Salvatierra a Merille, da Merille a Salamanca
Tappe 13, 14 e 15 - Da Salamanca a El Cubo del Vino, da El Cubo del Vino a Villanueva de Campean, da Villanueva de Campean a Zamora
Tappe 16, 17 e 18 - Da Zamora a Montamarta, da Montamarta a Granja de Moreruela, da Granja de Moreruela a Benavente
Tappe 19, 20 e 21 - Da Benavente a Alija del Infantado, da Alija del Infantado a La Baneza, da La Baneza ad Astorga
Tappe 22, 23 e 24 - Da Astorga a Foncebadon, da Foncebadon a Molinaseca, da Molinaseca a Ponferrada
Mentre guardo le previsioni, sorseggio il tè e spalmo burro e marmellata sulle mie fettone di pane abbrustolito, mi viene da pensare a quante sono le persone, a quest’ora di questo stesso giorno, che si stanno accingendo alla loro giornata di cammino lungo una delle tante vie che portano a Santiago. Tempo fa, credo su Facebook, era apparsa una strabiliante animazione che mostrava come dei puntini luminosi tutti gli aerei in volo sull’Europa. Che, poco alla volta, si spostavano verso la meta. Mi viene in mente che sarebbe meraviglioso immaginare una pianta della Spagna su cui si muovono, molto lentamente, centinaia di pallini, ognuno con i suoi doloretti, i piedi gonfi e le mille preoccupazioni dei moderni camminatori, alla volta della piazza della cattedrale di Santiago.
IL CALDO DELL'ESTREMADURA

Oltrepassata anche Aldea del Cano, dove si può avere l’emozione di bere un caffè nel bar della stazione di servizio, il paesaggio non cambia.
Si cammina in una specie di deserto con rari arbusti e bestiame al pascolo, seguendo un vecchio tratturo che segue il percorso della Via de la Plata. Fino a che, con una certa apprensione, si attraversa la pista di un piccolo aeroporto in disuso, con le porte arrugginite degli hangar che cigolano nel vento, che sembra uscita da un film di spionaggio.
L’unico modo per saperlo è chiedere, e Maria, la giovane barista tuttofare della Associacion de la Tercera Edad (proprio davanti al campanile con la sua cicogna d’ordinanza) scuote la testa: “42, talvolta 45. Qui in estate prima delle 6 di sera nessuno mette il naso fuori da casa…” Poi però, con l’avanzare della giornata, il paesino agricolo si anima: le donne a messa e gli uomini tutti da Maria, a guardare lo sport alla TV o a giocare a carte (briscola, soprattutto).
L'ARRIVO A CACERES
Ma il centro storico, in cima a una bella salita, vale la fatica fatta. Palazzi rinascimentali, chiese e mura, poi il fantastico affaccio sulla Plaza Mayor, cuore della città Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. La decisione più difficile da affrontare, insieme ai miei colleghi (uno americano e uno irlandese) è a quale bar sederci per il caffè: sulla spettacolare piazza ne contiamo almeno sette.

Ancora una dozzina di chilometri, con le sagome di montagne innevate che non so esattamente dove siano verso est, mancano per il paesone agricolo di Casar de Caceres, celebre per la sua piccola plaza de toros, il suo museo del formaggio e il suo piccolo albergue sulla piazza più antica. Con l’aria così tersa, la meta sembra a portata di mano, ma non si arriva mai: camminiamo ognuno per sé, cercando di non pensare ai passi, ai minuti e alle ore che passano. In fondo, siamo venuti fin qui anche (soprattutto?) per questo. Nell’ostello le docce eruttano acqua fin sotto i letti, una campana fessa sull’Ayuntamiento suona ogni quarto d’ora e dove è severamente vietato stendere i panni per non guastare (giustamente) l’aspetto della piazzetta, con un disordinato diluvio di panni e mutande colorate.

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